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ESCLUSIVO: LA RIFORMA SMOM

Laici al potere, l'Ordine di Malta sempre più ong

Dopo la cacciata di Becciu il Papa deve scegliere un delegato che segua la riforma dell'Ordine di Malta. Ma dal testo che la Bussola ha letto in esclusiva emerge la volontà della governance tedesca di modificare ruolo e ambiti dei professi e limitare il potere del Gran Maestro a favore del Cancelliere. Lo SMOM abbandona il suo essere un ordine religioso per lanciarsi verso una progressiva secolarizzazione da ong politicamente corretta.

Ecclesia 11_10_2020

Comunque siano andate le cose venerdì nell’appartamento di Santa Marta tra Papa Francesco e il cardinale, solo de nomine,  Angelo Becciu, è significativo che le uniche indiscrezioni trapelate sui giornali abbiano tirato in ballo il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi o di Malta. La cacciata improvvisa dell’ex Prefetto dei santi ha lasciato molti affari in sospeso e faldoni sulla scrivania. Ma il più caldo è sicuramente quello relativo all’ordine religioso-cavalleresco, alle prese dal 2017 a seguito delle dimissioni del Gran Maestro Festing con una guerra intestina che vede la governance tedesca dettare la linea.

Grandi manovre dunque, dentro l’Ordine e in Vaticano dove Becciu ha lasciato in sospeso la partita della revisione degli statuti che la Santa Sede avrebbe dovuto approvare prima di dare il via libera per il relativo nuovo Capitolo Generale Straordinario,  ancor di più significativo visto il convocato Consiglio Compito di Stato che dovrà eleggere il prossimo novembre il nuovo Gran Maestro.

È molto probabile che il Papa debba trovare un nuovo delegato pontificio per lo SMOM perché Becciu sarebbe ormai poco credibile come autorità ed è altrettanto probabile che l’incontro di venerdì tra Francesco e il vescovo di Pattada sia stato all’insegna del passaggio di consegne da affidare al nuovo delegato che dovrà interagire con l’ordine giovannita.

A questo proposito i segugi nei sacri palazzi hanno avanzato il nome di Silvano Maria Tomasi, l’anziano arcivescovo e nunzio apostolico che però non sarebbe altrettanto credibile dato che fu proprio lui nel 2017 a presiedere la commissione che poi “defenestrò” Festing. Un suo incarico sarebbe dunque un assist, anzi un gol a porta vuota per la governance tedesca capitana dal Gran Cancelliere Albrecht Freiherr von Boeselager, vero dominus in questi mesi di vacatio, in grado di dare le carte da gioco.

Carte che comunque continuano ad essere distribuite per la riforma, che però è segreta ed è all’insegna di una modifica sensibile del modo di percepire il ruolo dei cavalieri professi, canonicamente veri membri pleno iure dell'ordine, ridotti de facto a una sorta di ramo interno religioso più dipendente dalla Santa Sede.

In un colloquio privato con un portavoce dello SMOM, la Bussola ha potuto apprendere che effettivamente la questione del ruolo da attribuire ai professi è centrale nella riforma. Una loro perdita di centralità – come avevamo scritto nei giorni scorsi – è per certi versi confermata, ma non nel senso di una loro marginalizzazione, almeno stando a quanto riferito. «I professi sono il cuore dell’ordine», ci è stato riportato da fonti accreditate, ma il problema non è tanto la natura religiosa, quanto un problema di vocazioni che rendono le ammissioni al primo ceto dell’ordine praticamente col contagocce. Le regole a cui l’ordine sta lavorando andrebbero dunque nella direzione di un coinvolgimento diverso dei professi. Se questo però sia una diminutio o una valorizzazione del loro ruolo è oggetto di un dibattito che però manca degli elementi decisivi di un giudizio: il testo della riforma. Secondo la governance attuale con cui la Bussola è entrata in contatto no, si tratterebbe piuttosto di un modo per “legare” di più i professi all’ordine, dando loro uno stipendio, ma costringendoli a lavorare esclusivamente per lo SMOM.

Ma stando a quello che emerge dal testo della riforma le cose non starebbero propriamente così e per i professi si avvierebbe una inevitabile marginalizzazione. La Bussola è entrata in possesso dei punti salienti della riforma in forma indiretta. Attraverso una lettera indirizzata al Gran Priorato d’Inghilterra e scritta da Peter Szabadhegy, vicepresidente del consiglio di governo dell'ordine e relatore per il Gran Priorato d’Inghilterra sui contenuti della riforma.

Si tratta di un documento che la Bussola ha letto in esclusiva e che è significativo perché in essa sono elencati i cinque punti cardine della riforma. Dove compaiono già da subito i primi problemi. L’Ordine viene definito di natura laica-religiosa, quando semmai sarebbe stato più corretto canonicamente definirlo “laicale”. Non sono considerazioni di lana caprina: è infatti questo uno degli aspetti dirimenti e chiama in causa il fatto che una progressiva laicizzazione dell’ordine – a fronte della corretta definizione di ordine religioso composto da consacrati laici (ossia frati che non sono sacerdoti) – spianerebbe la strada al nuovo corso dell’Ordine come ong, se non sganciata dalla Chiesa, per lo meno con le mani più libere.

Una ong che si vede così: un crociato e un volontario donne quando si sa che l'Ordine è prevalentemente maschile. Politicamente corretto o segni dei tempi nel secolo delle pari opportunità?

Interessante notare come il primo punto della missiva fissi proprio le nuove regole per i membri professi: «I nuovi membri Professi dovrebbero vivere pienamente i carismi dell'Ordine», si legge. E per farlo la riforma punta a relegare la loro attività all’ambito medico - assistenziale, tralasciando così il primo carisma dell’Ordine la “Tuitio fidei” (la difesa della fede, concetto evidentemente desueto per l’attuale governance dell’Ordine), senza contare che già oggi tra le fila dei professi vi sono medici che vengono lasciati volutamente al di fuori di una partecipazione attiva.

È previsto, per addolcire la pillola, come già confermatoci dai canali ufficiali dell’Ordine, un sostentamento economico, non si sa se elargito dall’Ordine stesso o attraverso il Malteser International, potente ong con sede in Germania che si occupa delle attività assistenziali dell’Ordine in giro per il mondo. Ma si tratta piuttosto di un atto di magnanimità feudale perché ai religiosi si prospetta un sostentamento economico, oggi del tutto assente (forse unico caso di Ordine religioso che non fornisce sostentamento ai propri membri religiosi ma riconosce “sensibili” indennità di servizio ai vertici di Governo, guarda caso laici). In questo caso i professi diventerebbero dei salariati.

Inoltre, si creerebbe un salvacondotto per quanti oggi sono già professi e hanno già emesso i voti solenni. Le regole si applicherebbero solo ai nuovi professi, che emetteranno i voti solenni dopo la riforma. Il timore è che si crei una spaccatura nella vita religiosa dell’Ordine con due categorie di cavalieri professi.

Il secondo punto affronta invece il ruolo del Gran Maestro. La riforma prevede «la rimozione dei requisiti nobiliari per l'elezione». Sbaglierebbe però chi pensasse ad una democratizzazione dell’ordine: il vero obiettivo – secondo alcuni – potrebbe essere diminuire i poteri del futuro Gran Maestro, che resterebbe come superiore dei membri professi, ma a sfilargli la guida effettiva sull’Ordine sarà il Gran Cancelliere (carica oggi ricoperta dal barone Boeselager) secondo uno schema definito da Szabadhegy “costituzionale”. In sostanza: il futuro Gran Maestro dovrà “regnare” ma non governare.

In pratica: l’Ordine resterebbe Sovrano, ma sarebbe autonomo e la sovranità non più funzionale alla missione religiosa che si è data da secoli, dove i membri non professi (laici) sono coadiutori dei professi (religiosi). Tutto questo contraddirebbe però con la sentenza “Canali” del tribnale cardinalizio (QUI), che nel 1953 sanciva la natura religiosa dell’ordine.

È singolare poi che per le altre cariche di governo aperte anche ai membri non professi si manterranno gli attuali privilegi nobiliari. Insomma: alcuni privilegi nobiliari sì, ma per altre cariche no.

La scure della riforma efficentista teutonica però non si fermerà al solo governo centrale dell’Ordine, sempre più secolare e autonomo dal Papa, ma prevede una sforbiciata alla struttura territoriale dell’Ordine, secondo il concetto “un unico territorio con un'unica struttura”. Il punto terzo della lettera di Szabadhegy delinea infatti una razionalizzazione delle strutture nazionali: laddove ne sono presenti contemporaneamente due, se ne manterrà una sola. Ad esempio se in un medesimo territorio è presente sia un gran priorato (una sorta di provincia religiosa) che una associazione (organo prettamente laico), una delle due dovrà essere soppressa. Quale sarà però il parametro di scelta per individuare quella da eliminare?  Visto che dopo la riforma i professi confluiranno in nuove province religiose per lingua e dovranno così lasciare i loro gran priorati, questi non essendo più province religiose, potranno essere soppressi a  favore delle associazioni presenti sul loro territorio, ed i loro patrimoni (frutto nei secoli di donazioni e lasciti per il sostentamento dei frati e delle opere in quella realtà) saranno alienati dal governo centrale. Se si considera che dei 6 gran priorati oggi esistenti solo 4 hanno  sul proprio territorio una associazione e precisamente 3 sono in Italia e 1 in Inghilterra l’operazione punta a diminuire il peso politico ed elettorale dei cavalieri Italiani e inglesi e controllare meglio il patrimonio giunto per donazione a queste strutture dell’Ordine. Similmente potranno sparire tutti o parte dei sottopriorati, tra cui i 2 statunitensi a favore delle associazioni americane.

Gli ultimi due punti, il 4 e il 5 della lettera di Szabadhegy al Gran Priorato d’Inghilterra completano il quadro dei buoni propositi ricordando come la riforma punterà a garantire una «formazione teologica e spirituale di tutti i membri di tutte e tre le classi» e l’eliminazione della parola "militare" dal nome dell'Ordine. Anche qui, non si tratterebbe dell’ennesima vittoria del politicamente corretto, ma di un esigenza operativa delle ong, Malteser in primis, che hanno importanti interessi nella gestione dei campi profughi in Medio Oriente e che mal digerirebbero l’appellativo di Sacra Milizia come era un tempo appellato dagli altri ordini equestri caritativi cattolici lo SMOM.