Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
IL DISCORSO

L’aborto e il mondo (black) voluto da Macron

Per il presidente francese l’aborto nell’Ue deve essere riconosciuto come “diritto fondamentale”. Ma se così fosse si troverebbe sullo stesso piano del diritto alla vita, in barba al principio di non contraddizione. L’accostamento dell’aborto all’ambiente indica poi quale idea perversa di “ecologia” abbiano certi potenti.

Editoriali 21_01_2022

Discorso del presidente Macron in occasione dell’inaugurazione del semestre in cui la Francia avrà la presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Isoliamo questo brevissimo passaggio: “La tutela dell’ambiente e il riconoscimento dell’accesso all’aborto dovrebbero entrare nella Carta dei diritti fondamentali”, che “va aggiornata”. Si tutela l’ambiente, si ammazza l’uomo.

Dai palazzi dell’Ue più volte è partita la proposta di riconoscere l’aborto come diritto fondamentale, quindi Macron si inserisce armonicamente in questo orientamento. Va detto che le parole del presidente, come le diverse risoluzioni pro aborto del Parlamento europeo, sono la classica pioggia sul bagnato. Infatti, l’aborto non solo è ampiamente praticato quasi in tutta Europa senza alcuna limitazione, ma è ormai considerato da molte normative e sentenze un vero e proprio diritto soggettivo. Alla faccia di quelle anime belle che tentano di interpretare alcune legislazioni abortive come normative che depenalizzano l’aborto o pongono solo scriminanti in caso di aborto, ma che non qualificano tale pratica come diritto soggettivo.

Ma Macron vuole compiere un passo in più. Da diritto soggettivo - come potrebbe essere il diritto di credito - a diritto fondamentale, come il diritto alla vita. E così il diritto di uccidere l’innocente si troverebbe sullo stesso piano del diritto alla vita, con grave scorno del principio di non contraddizione. Nella tradizione giuridica occidentale i diritti fondamentali vengono spesso equiparati, se non identificati, ai diritti umani fondamentali, ossia a quei diritti che spettano all’uomo in quanto uomo, che non possono essere sottoposti a nessuna condizione se non ad una: la semplice appartenenza al genere umano. Ad esempio il diritto alla pensione non deve essere riconosciuto come diritto fondamentale, perché spetta solo a chi ha raggiunto una certa età, a chi ha accumulato un tot anni di anni di lavoro retribuito, etc.

Il diritto alla vita invece dovrebbe essere riconosciuto a prescindere da qualsiasi condizione - status sociale, colore della pelle, sesso, presenza o meno di patologie, etc. - se non la pura esistenza in vita. Usiamo il condizionale perché proprio le legislazioni pro aborto hanno posto una condizione al riconoscimento di questo diritto alla vita: la nascita. Finché non nasci ti possono uccidere (e in realtà con le normative eutanasiche presenti in molti Stati il tuo diritto alla vita è minacciato anche dopo la nascita). Allora se esiste questa condizione, la vita cessa di essere un diritto umano fondamentale, perché diviene diritto sottoposto a condizione, cioè diritto non riconoscibile a tutti gli uomini in quanto uomini, ma solo agli uomini già nati. Per paradosso allora il diritto alla vita esce dal novero dei diritti fondamentali - ed è il più fondamentale di tutti dato che è condizione previa per essere titolare degli altri diritti fondamentali - ed entra il suo opposto, il diritto all’aborto.

Curioso poi l’accostamento che ha fatto Macron quando ha parlato di ambiente e aborto. Forse non è un caso questo accostamento. L’aborto è ormai inteso come pratica ambientale relativa all’ecologia umana, come soluzione igienica per liberarci da figli malformati, come strumento di sviluppo ragionevole per calmierare il numero di persone che abitano il pianeta. Aborto come intervento necessario per la sostenibilità della popolazione, come declinazione green della salute sessuale e riproduttiva, come decrescita felice in termini demografici. Prima di intervenire a valle è necessario intervenire a monte eliminando la causa prima dei consumi: l’uomo stesso. Allora se dobbiamo limitare la produzione di beni a seguito di minori consumi per impattare meno con l’ambiente, dobbiamo ben prima limitare anche la “produzione” di bambini - eccetto quelli concepiti in provetta e con l’utero in affitto - perché notoriamente non c’è al mondo chi consuma di più che non le persone e soprattutto le piccole persone.

Ecco allora che l’accostamento ambiente-aborto rimanda all’idea di un mondo pulito (dall’uomo), pieno di panda e felci, ma spoglio di persone. Un nuovo habitat dove l’ecosistema troverà un suo equilibrio anche grazie alla soppressione di vite innocenti. Un mondo apparentemente green, ma che in realtà sarà solo black.