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VARATA LA LEGGE

La via lombarda per fare la prova finestra alle lobby

Anche la Lombardia ha varato una legge sulle lobby, cioè sulla rappresentanza trasparente degli interessi. Trasparenza, tracciabilità e sussidiarietà sono gli elementi che legano questa nuova legge lombarda al funzionamento delle istituzioni. Una novità legislativa destinata a produrre effetti su tutti i cittadini.

Politica 15_07_2016
Il consiglio regionale lombardo

Mentre a livello nazionale da oltre quarant’anni si discute invano della necessità di varare una legge sulle lobby, cioè sulla rappresentanza trasparente degli interessi, un’altra regione ha approvato una normativa che obbliga tutti i portatori di interessi a relazionarsi «alla luce del sole» con i decisori istituzionali. É la Lombardia, che si aggiunge a Toscana, Molise, Abruzzo e Calabria.

Non si tratta, come qualcuno potrebbe supporre, di una notizia riservata agli addetti ai lavori, bensì di una novità legislativa destinata a produrre effetti su tutti i cittadini e, in particolare, sulle associazioni di categoria e sugli altri soggetti del mondo produttivo, imprenditoriale, socio-culturale. Trasparenza, tracciabilità e sussidiarietà sono gli elementi che legano questa nuova legge lombarda al funzionamento delle istituzioni, rendendole più vicine ai cittadini e ai cosiddetti corpi intermedi, quelle formazioni sociali nelle quali, secondo l’art.2 della Costituzione, si svolge la personalità dell’individuo.

La trasparenza nella rappresentanza degli interessi costituisce anche un antidoto contro fenomeni di corruzione perché fa venire allo scoperto eventuali interessi occulti e fa uscire dalle zone d’ombra quei gruppi di pressione che altrimenti potrebbero mestare nel torbido senza essere obbligati a documentare le proprie attività e i propri obiettivi. Proprio ieri, peraltro, il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, nella sua Relazione annuale, ha evidenziato un collegamento tra il disastro ferroviario dei giorni scorsi in Puglia e il dilagare del malaffare nella gestione della cosa pubblica.  «Una delle ragioni per cui le infrastrutture non riescono ad andare avanti», ha denunciato Cantone, «è proprio nella presenza della corruzione soprattutto al Meridione. Sono soprattutto i fatti corruttivi a rendere lunghissimo e complicato l'avvio dei lavori pubblici». 

Dunque, una legge nazionale sulle lobby potrebbe snellire i processi decisionali negli enti pubblici, eliminare le incrostazioni burocratiche e di potere e alimentare quel circuito virtuoso che porta i decisori istituzionali a compiere scelte inclusive e democratiche ascoltando i punti di vista di tutte le parti interessate all’emanazione di un determinato provvedimento e non solo quello dei cosiddetti “poteri forti”.

L’attuale opacità dei processi decisionali negli enti pubblici favorisce le trame occulte e agevola il perseguimento degli obiettivi di pochi a discapito dell’interesse generale. Il fatto che a livello nazionale non si sia creata una sensibilità condivisa tra le forze politiche rispetto all’esigenza di emanare una legge sulle lobby la dice lunga sulle resistenze culturali che ancora il nostro Paese sconta sul terreno della rappresentanza degli interessi.

Come ha osservato il consigliere regionale Ncd, Carlo Malvezzi, relatore della legge appena approvata in Lombardia, «è l’assenza di regole che permettano alle lobby di interagire con la politica in modo trasparente, partecipato ed uguale per tutti a rendere i gruppi di pressione sovente un freno per lo sviluppo del Paese, come anche rilevato dall’Ocse in un report del 2010 nel quale si evidenzia come dall’assenza di regole in materia di lobby consegua una perdita di competitività, derivante da una forte compressione della concorrenza tra i diversi portatori di interessi particolari, nonché dall’incapacità di attrarre capitali e investimenti».

Una regolamentazione dell’attività lobbistica esiste ad oggi in 23 Stati, di cui 11 europei, e anche a livello di istituzioni europee si sta affermando una regolamentazione più stringente e vincolante per i lobbisti. Un panorama assai variegato e ricco, che stride con la prolungata inerzia del legislatore italiano, fatta eccezione per la recente approvazione, il 26 aprile di quest’anno, della regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi presso la Camera dei deputati.

Basteranno le iniziative delle singole regioni a far crescere nel nostro Paese una cultura della trasparenza nella rappresentanza degli interessi? C’è da augurarsi che la nuova legge lombarda venga applicata con puntualità all’attività del consiglio (leggi, regolamenti, atti di programmazione) e che, entro un anno dalla sua entrata in vigore, come previsto all’art.10, anche la giunta regionale si doti di un regolamento in materia.

La legge lombarda prevede che i portatori di interessi debbano accreditarsi presso un elenco pubblico, indicando i nomi dei propri rappresentanti interessati a chiedere accesso agli atti e agli uffici del Consiglio regionale. É previsto, però, un accreditamento automatico per le organizzazioni economiche e sociali maggiormente rappresentative a livello regionale, con particolare riferimento al sistema camerale e ad altri soggetti come Confindustria, Coldiretti o realtà del terzo settore, che hanno già rapporti consolidati e costanti con l’Ente Regione.

In ogni caso, il fatto che nell’assemblea del Pirellone si sia instaurato un clima bipartisan tra centrodestra e centrosinistra sull’approvazione di quel testo di legge (soltanto il gruppo di Forza Italia si è astenuto e i Cinque Stelle hanno votato contro) conferma la volontà trasversale di superare il concetto negativo di lobby per affermare una corretta visione della rappresentanza degli interessi presso gli enti pubblici.