La rivoluzione verde passa dall'irrigazione
Garantire un adeguato sistema di annaffiamento diventa essenziale nel processo agricolo poichè scongiura il rischio siccità.
L’agricoltura è il settore primario poiché produce cibo e beni di consumo (la lana ed i cotone per gli abiti, la pelle per le calzature, il legno per la carta ed i mobili, ecc.) per un’umanità di oltre 7 miliardi di persone.
Fra i più importanti successi di questa tecnologia si può annoverare il fatto di aver portato la percentuale della popolazione mondiale che soffre di problemi di sottonutrizione dal 24% del 1970 al 14% del 2010. Un tale risultato è frutto della “rivoluzione verde” e cioè dell’innovazione tecnologica che ha interessato il settore agricolo nel 20° secolo coinvolgendo in particolare la genetica (nuove varietà vegetali e nuove razze di bestiame assai più produttive e di qualità di gran lunga superiore a quelle precedenti) e le agrotecniche (lavorazioni, concimazioni, diserbi, interventi fitosanitari, tecniche di raccolta, lavorazione e conservazione dei prodotti, tecniche di allevamento del bestiame, ecc.).
E’ grazie alla rivoluzione verde che non si sono avverati i foschi scenari malthusiani: dal 1901 al 2000 la popolazione mondiale è quadruplicata e la produzione delle grandi colture è aumentata di 5-6 volte, per cui ad esempio la produzione media di frumento tenero in Italia è passata dalle 1,1 tonnellate per ettaro del 1910 alle 6 tonnellate odierne.
L’agricoltura consuma oggi circa il 70% delle risorse idriche a livello mondiale il 64% a livello italiano. Tali cifre possono apparire inaccettabili per chi è abituato a ragionare in termini di PLV, per cui se il peso del settore agricolo italiano sul totale dell’economia è oggi l’1.8% (valore che sale al 16% se si considera il settore agroalimentare nel suo complesso) il consumo di acqua dovrebbe andare di conseguenza. Si tratta di un ragionamento che non farà una grinza sul piano economico ma che “fa acqua da tutte le parti” su quello agronomico, il che può essere compreso se si considera che le piante coltivate necessitano di acqua per i seguenti motivi fondamentali:
1. assorbire gli elementi nutritivi dal terreno (elementi chiave come l’azoto, il fosforo ed il potassio entrano nella pianta con l’acqua che le radici assorbono dal terreno)
2. garantire un’efficace termoregolazione (noi umani traspiriamo per regolare la nostra temperatura e le piante fanno lo stesso, solo che al posto dei pori hanno gli stomi)
3. mantenere nei tessuti un contenuto idrico compatibile con la vita (senz’acqua sufficiente nei tessuti le piante muoiono)
4. attingere dall’atmosfera quel cibo fondamentale che è l’anidride carbonica (se manca l’acqua le piante debbono chiudere gli stomi e addio CO2).
Oggi l’agricoltura interessa 1,4 miliardi di ettari di arativi di cui 270 milioni di ettari (il 20% circa) sono irrigui. A livello agricolo l’irrigazione ha l’enorme merito di stabilizzare le produzioni, evitando che le annate di siccità si traducano in annate di carestia.
Per questo in agricoltura l’abbandono dell’irrigazione significherebbe non solo mettere a repentaglio i redditi dei produttori ma anche esporre larghe fasce della popolazione mondiale al rischio di carestia. Circa i consumi idrici occorre considerare che - come si è dianzi accennato la produzione mondiale ettariale delle principali colture per ettaro è aumentata di 4-6 volte in 100 anni. Ciò ha comportato un aumento di 4-6 volte dei consumi idrici in quanto occorrono ad esempio 500 litri d’acqua per produrre 1 kg di granella di mais e 2000 litri d’acqua per 1 kg di granella di riso. Tali accresciuti consumi si traducono oggi in un consumo idrico complessivo mondiale per la produzione di cibo stimato in 5700 chilometri cubi d’acqua l’anno, valore questo a sua volta soggetto ad un incremento dell’1% l’anno, in accordo con l’incremento della produttività delle grandi colture.
Da segnalare inoltre che in agricoltura un rilevante consumo idrico è da attribuire alla zootecnia. In particolare secondo la FAO la produzione di alimenti vegetali per la zootecnia è responsabile dell’8% dei consumi idrici totali in agricoltura mondiale mentre consumi idrici consistenti si registrano per l’abbeverata del bestiame e per la pulizia delle stalle.