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APPROPRIAZIONE INDEBITA

La "resistenza" dei parroci napoletani

Nell’hinterland di Napoli le parrocchie sono spesso gli unici avamposti educativi. Il tentativo di due sacerdoti di Qualiano: «Cerchiamo di supplire al vuoto delle istituzioni. Ma qui siamo soli»....

Le Vele di Scampia

Giovani «cresciuti troppo in fretta», col mito «del tutto subito», il successo, i sol­di facili. E la totale mancanza di regole. «Anche perché vedono gli adulti, compresi quelli con re­sponsabilità, come i politici, che sono i primi a non rispettarle».

É l’amara analisi dei due parroci di Qualiano, don Raffaele Marino, per tutti don Lello, e don France­sco Martino, sul gravissimo fatto di sabato sera, con l’uccisione di due giovani rapinatori. Le parroc­chie, dicono all’unisono, «sono l’unico punto di riferimento dei giovani: siamo assolutamente so­li». C’è poco da stupirsi, dunque, se poi si sceglie la strada appa­rentemente più corta. «Ragazzi che hanno deviato avendo assa­porato il successo facile. Fanno il confronto col padre, che lavora e fatica per pochi soldi. Mentre con una rapina si fa più in fretta», di­ce don Lello, parroco di Santo Ste­fano Protomartire e Vicario fora­neo.

«Quando una cosa non ce l’hai te la vai a prendere. Si pensa sempre di farla franca, di fare po­chi giorni di galera», sottolinea don Francesco, parroco di Maria Santissima Immacolata, nel cui territorio è avvenuta la dramma­tica rapina. E su questo non c’è differenza, come conferma il fat­to che i ragazzi venivano da fami­glie normali, non camorriste o malavitose. I due sacerdoti conoscono bene questa realtà. La toccano con ma­no. A don Lello il Tribunale dei mi­nori ha affidato un ragazzino di 14 anni che aveva rapinato una pro­stituta. «Non lo voleva nessuno. Solo noi lo abbiamo accettato». E come spiegava il suo gesto? «Non avevo soldi, che altro potevo fa­re?».

Don Francesco incontra tan­te storie simili. «A nove anni il pri­mo incontro con la droga, a 13 lo spaccio, a 16 la rapina. Vengono a confessarsi, mi raccontano. Ma non chiedono aiuto. Per loro ci so­no le moto, le ragazze, le discote­che alla moda. Ma a un ragazzo di 16 anni poi cosa resta? Il vuoto. Fa­cilmente riempito dai miti della camorra». Cosa fare? «Non sono certo rasse­gnato – aggiunge con forza don Lello –, insisterò ancora coi ragazzi e con le famiglie. Anche se ne riu­sciremo a salvare un solo avremo fatto un’opera straordinaria».

L’impegno certo non manca. Nel­le due parrocchie ci sono gruppi dell’Acr, molta partecipazione al­la catechesi. A Santo Stefano una scuola di politica per gli universi­tari. All’Immacolata un gruppo teatrale (stanno preparando il musical "Scugnizzi"), un gruppo missionario, una scuola di pre­ghiera «molto frequentata». Il ve­nerdì un gruppo di ragazzi va con la Caritas ad assistere i "barboni" alla stazione di Napoli. «Facciamo anche delle piccole ronde. Alla se­ra, con la scusa di andare al bar, i ragazzi vanno a cercare gli amici più in difficoltà. Perché è alla sera che gira tanta cocaina e tanto al­cool».

«Come agenzie educative cer­chiamo di supplire alle mancan­ze degli altri – denuncia don Lel­lo –. Soprattutto delle istituzioni. A Qualiano, più di 30mila abitan­ti, per i giovani non c’è nulla. Nien­te cinema, niente teatro, niente pi­scina. Il campo sportivo è stato ap­pena riaperto dopo cinque an­ni... ». Ma, aggiunge, «qui non si in­veste neanche in cultura. C’è so­lo la scuola media. Così i ragazzi per frequentare le superiori devo­no andare fino a Quarto o addi­rittura a Napoli». Gli esempi sono pesantemente negativi.

Qualiano è uno dei tre vertici, con Giugliano e Villaricca (i paesi dei due ragazzi uccisi), del "triangolo dei veleni", un territo­rio martoriato dalle ecomafie. An­che attorno alla chiesa dell’Im­macolata, ed è toccato alla par­rocchia occuparsi di ripulire. «Con i rifiuti si sono fatti affari d’oro – sottolinea don Francesco –. C’è chi mi dice di essere pentito. Ma non denunciano perché è troppo pe­ricoloso ». E mentre pochi si arric­chiscono, molte famiglie finisco­no nella povertà. Sono circa due­mila quella assistite dalle Caritas.

«Domenica commentando le Beatitudini, alla luce di quanto ac­caduto il giorno prima, ho chie­sto cosa stiamo offrendo ai ragaz­zi – dice don Lello –. Niente strut­ture, niente sbocchi lavorativi, nessun riferimento. Così il pas­saggio a delinquere è facile». Ma, aggiunge, «molte famiglie ci chie­dono un aiuto, anche alcuni ra­gazzi. Cerchiamo di essere vicini, di staccarli da certe compagnie». «Siamo in una perenne emergen­za – sintetizza don Francesco – ma ci sono anche tante speranze». Per fortuna non è solo Gomorra.

 

* tratto da "Avvenire" 1-2-2011