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L’approfondimento

La preghiera di petizione, parte integrante del cristianesimo

La preghiera di petizione, o di domanda, oggi è nuovamente messa in discussione, dopo l’eresia quietista. Ma essa è parte integrante della preghiera cristiana. È evidente nella Bibbia e Gesù stesso l’ha insegnata.

Catechismo 06_08_2023

Per le domeniche di agosto sospendiamo, come anticipato nell’ultimo incontro, l’ora di dottrina, che riprenderà a settembre.

Oggi approfondiamo il tema della preghiera e della sua azione su Dio e sul mondo. Come comprendere la preghiera di petizione o di domanda in un contesto come il nostro, nel quale la visione scientifica della realtà è divenuta l’unica dimensione comprensibile e razionale? Oppure, su un versante credente, come giustificarla se Dio ha già disposto, nella sua sapienza e onnipotenza, cosa debba accadere nel mondo?

Nel mondo cristiano, la preghiera non è più adeguatamente compresa: essa appare come un rifugio di benessere psicologico o un disperato ultimo tentativo, quando non ci sono più cartucce da sparare, o ancora un’attività religiosa da fare mattino e sera, ma che non ha un vero “peso” sulla storia. La preghiera non è più percepita come la parte più importante della vita cristiana, la più decisiva per incidere sulle sorti del mondo, della Chiesa, della vita propria e dei propri cari.

Proponiamo la riflessione di un monaco certosino, psicologo e maestro dei novizi da oltre quarant’anni, il quale ‒ come accade nella tradizione certosina ‒ desidera rimanere anonimo per custodire il proprio ritiro dal mondo. Il testo tradotto è tratto da “La prière entre combat et extase, Presses de la Renaissance, Paris, 2016, 43-55. La riflessione verrà suddivisa in due parti. (L.S.)

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La preghiera di petizione è evidente nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Gesù stesso l’ha praticata e insegnata. Nella storia della Chiesa c’è stata una sola eresia che l’ha contestata, il quietismo, nel XVII secolo. Per i suoi seguaci, l’uomo che ha raggiunto la perfezione della vita cristiana non avverte più il bisogno e non ha più il diritto di chiedere qualcosa a Dio; la preghiera di petizione appare loro come una ribellione contro la volontà inflessibile di Dio.

Tuttavia, si deve riconoscere che la preghiera di petizione è nuovamente messa in questione da molti nostri contemporanei. Perché?

La mentalità moderna non favorisce certo il ricorso a Dio. Difficilmente si crede che Dio voglia o possa aiutarci nei nostri problemi concreti. La preghiera, si dice, indebolisce la volontà di risolvere i nostri problemi con le nostre forze. Essa sarebbe un’“azione alternativa” più o meno dimissionaria, inefficace, anzi pericolosa.

Inoltre, la preghiera di domanda non implica una falsa immagine di Dio? Se, nella preghiera di domanda, attendo, in un modo o nell’altro, qualcosa da Dio, significa che mi rappresento Dio come un sovrano che dispone di mezzi di speciale potenza, che con la preghiera vorrei portare ad agire secondo il mio volere. Dio sarebbe in questo caso un “buon Dio” accondiscendente, influenzabile, piuttosto arbitrario e volubile. E poi, come concepire delle “eccezioni” alle leggi necessarie del cosmo? Ma soprattutto, Dio non è soprattutto vero, profondamente misterioso, trascendente, immutabile, eterno?

Insomma, per molti oggi, meditazione sì, preghiera di domanda, no. Ma la meditazione, la concentrazione, l’unione delle forze per pervenire al dominio di sé e del mondo, non è un’esclusiva della fede cristiana. La si può apprendere, e forse meglio, dai maestri della meditazione orientale.

No, noi non possiamo eludere così facilmente il problema. La preghiera di petizione è una parte integrante della preghiera cristiana. Ma, forse, spesso la comprendiamo in un modo troppo superficiale (…). La preghiera, in sé, può essere obiettivamente efficace, cioè può cambiare qualcosa all’ordine esterno del mondo? (...)

Storicamente, questa domanda appare come il prezzo dello sviluppo della riflessione filosofica e della mentalità tecnica. Essa poggia sullo stesso presupposto fondamentale della necessità del mondo materiale e caratterizza la coscienza moderna.

Per una mentalità ingenua, la preghiera è un getto spontaneo: gli dèi sono vicini, hanno la stessa stoffa degli uomini, del mondo materiale e degli astri; è un tutt’uno. In un mondo in cui il sacro informa continuamente la vita concreta, dove va da sé che gli dèi mettano a servizio degli uomini una benevolenza molto flessibile, la preghiera sgorga naturalmente.

La formazione della mentalità occidentale cambia tutto questo. I Greci impongono l’idea di una necessità che regge il mondo: nella sfera religiosa, prende la forma di un Fato che grava sia sugli uomini che sugli dèi. Nulla può cambiare nella sfera dell’eternità.

Nell’ambito scientifico, ogni scienza postula l’esistenza di una legge costante e universale, di una necessità che regge il mondo dell’esperienza. Tutta la nostra civiltà tecnica è fondata sul determinismo. In questo universo di forze sperimentali che, quando le si conosce, permettono di agire con sicurezza, è dunque impensabile introdurre una forza di un altro tipo ‒ la preghiera ‒, della quale bisogna pur concepire l’efficacia sul mondo della libertà, e dunque dell’imprevedibile.

Per sfuggire a questa obiezione, si sarebbe tentati di limitare il campo d’applicazione della preghiera escludendovi ogni effetto verificabile oggettivamente, e lasciandogli solo la dimensione morale e spirituale. Il che porterebbe a non accettare se non quelle forme di preghiera perfettamente disinteressate: il rendimento di grazie e la contemplazione. Di conseguenze, alla preghiera non resterebbe che una funzione pedagogica. Renan, per esempio, che non voleva rifiutare ogni valore alla preghiera cristiana scriveva: «Non le attribuisco però che un’importanza soggettiva, psicologica; è un modo di edificarsi e di consolare se stessi. Ma sarebbe superstizioso attendersi un risultato oggettivo, perché nel mondo tutto è sottomesso alla necessità delle leggi della natura».

Freud, da parte sua, afferma che il determinismo riguarda anche i fenomeni psichici, i nostri sentimenti e i nostri desideri. Secondo lui, si dovrebbe ricercare la spiegazione dell’efficacia della preghiera nelle cause naturali d’ordine psichico: illusione, autosuggestione, e per Jung, azione del Sé subcosciente sull’“universo spirituale” (un vasto inconscio collettivo).

Questi tentativi di spiegazione sono chiaramente insufficienti di fronte a quanto si constata nell’esperienza: ci sono delle risposte oggettive alla preghiera, verificabili nel mondo esteriore.

Si presentano allora due grandi questioni:

- Il rapporto del determinismo cosmico con la libertà di Dio

- Il rapporto tra la preghiera e il compimento della volontà eterna di Dio.



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