La politica dei porti chiusi salva tante vite umane
La politica dei porti chiusi, fin qui adottata dal governo Conte, ha ridotto drasticamente il flusso di immigrazione clandestina. Gli sbarchi sono ridotti a meno di un decimo rispetto alla media degli anni scorsi. Si contano a migliaia e non più a centinaia di migliaia. Ora è più facile ottenere lo status di rifugiato, mentre l'asilo per motivi umanitari (istituto che esisteva solo in Italia) è ridotto a pochi casi. Ma il risultato più eclatante è nei morti in mare: uno solo dall'inizio dell'anno, contrariamente alle stragi, con migliaia di morti, negli anni scorsi. Eppure questa politica passa per essere "disumana".
L’obiettivo di fermare l’immigrazione illegale che dal Nordafrica raggiunge le coste italiane non è stato forse ancora completamente raggiunto, ma certo la politica messa in atto dal governo italiano e soprattutto la linea adottata dal ministro e vicepremier Matteo Salvini ha portato a un indiscutibile successo.
Dopo il calo registratosi l’anno scorso che ha visto a inizio giugno Salvini avvicendare Marco Minniti al Viminale (circa 23 mila migranti illegali sbarcati contro i circa 120mila del 2017) i primi due mesi e mezzo del 2019 indicano un bilancio estremamente positivo sia in termini di numeri che di percentuali. Dal 1° gennaio al 18 marzo risultano sbarcati in Italia 348 immigrati illegali (inclusi quelli portati nella penisola da navi di Ong e che dovranno, secondo gli accordi, venire in parte ricollocati in altri Stati della Ue), perlopiù provenienti da Tunisia (67 soggetti al rimpatrio in base agli accordi con Tunisi), Algeria (61) e Bangladesh (57). Un calo del 94,3% rispetto ai 6.161 sbarcati nello stesso periodo del 2018 quando era in carica il governo Gentiloni.
La politica dei porti chiusi e dello stop alle Ong funziona quindi egregiamente e non a caso viene oggi “copiata” in parte dalla Spagna che in seguito alle iniziative italiane ha visto ingigantirsi i flussi dal Marocco verso le sue coste. Anzi, dopo gli accordi con Rabat oggi gli spagnoli effettuano veri e propri respingimenti riconsegnando alle autorità marocchine i migranti illegali soccorsi in mare. I numeri smentiscono anche quanti sostengono che l’attuale governo si è limitato a ereditare l’iniziativa di Marco Minniti, cui va il merito di aver rallentato i flussi, ma non di averli sostanzialmente fermati.
I dati del Ministero dell’Interno rivelano inoltre che al 14 marzo 2018 erano presenti nel circuito dell’accoglienza italiano 176.816 migranti giunti illegalmente via mare contro i 123.645 di oggi mentre le richieste di asilo si sono più che dimezzate (7.189 contro 16.311). Tra l’inizio dell’anno e il 15 marzo è stato riconosciuto il diritto all’asilo come rifugiato a 1.855 persone (contro le 1.196 dello stesso periodo del 2018), la protezione sussidiaria a 1083 persone (contro 822) e l’asilo per motivi umanitari a 336 persone (il 2% degli asili concessi) contro 4.949 (il 27%). Dall’inizio dell’anno i provvedimenti diniego all’asilo sono stati 13.756 (pari al 77%) contro i 10.084 (56%) dello stesso periodo del 2018.
Dati questi ultimi che smentiscono quanti sostengono l’inumanità dell’iniziativa di Salvini con il Decreto Sicurezza: chi ha diritto a essere considerato un rifugiato ottiene tale status anche in misura maggiore rispetto al governo di centro-sinistra mentre l’asilo per motivi umanitari, presente solo nell’ordinamento italiano e fino a ieri concesso con eccessiva disinvoltura, oggi viene rilasciato solo a chi dimostri davvero di averne i requisiti. I numeri smentiscono anche la valutazione, sostenuta a gran voce da tutto il fronte “immigrazionista” che il Decreto Sicurezza metta in mezzo alla strada i migranti estromettendoli dal circuito dell’accoglienza favorendo così il loro “arruolamento” nella malavita. Difficile infatti spiegare perchè 5.157 migranti usciti dall’accoglienza nel gennaio 2019 o i 4.179 di febbraio abbiano un peso maggiore rispetto ai 5.534 che subirono la stessa sorte nel marzo 2018 o i 4.015 del maggio successivo, col governo Gentiloni in carica.
In realtà l’unico fallimento è stato quello dell’integrazione dei 67.864 migranti titolari di permessi umanitari nel triennio 2016-18, dei quali appena 4.018 sono stati convertiti in permessi di lavoro. Del resto è difficile pensare di trovare decine di migliaia di posti di lavoro ai migranti quando in Italia la disoccupazione è intorno al 10% e quella giovanile supera il 30%. Con la sensibile riduzione e poi il sostanziale stop ai flussi si sono ridotte del 48,1% rispetto al 15 marzo dell’anno scorso anche le istanze pendenti per il diritto d’asilo che il 1° giugno 2018 (all’insediamento dell’attuale governo) erano 135.337 e al 15 marzo 2019 risultavano essere 75.469 (-44,2%). In aumento, anche se meno pronunciato, il numero dei rimpatri che nel 2018 furono 7.981 (dei quali 3.987 effettuati dopo l’insediamento dall’attuale governo) contro i 7.383 del 2017. Dall’inizio del 2019 ne sono stati eseguiti 1.354 ma va rilevato che le difficoltà ad aumentare il numero di rimpatri (tra quelli forzati e quelli volontari assistiti) è legato soprattutto alla mancanza di accordi esecutivi con i paesi di provenienza circa i quali il ministero dell’Interno ha avviato numerosi colloqui e negoziati
Rilevante anche il dato sui morti in mare tra i migranti, legato strettamente alla deterrenza determinata dalla chiusura dei porti italiani. I cadaveri recuperati furono 296 nel 2015, 390 nel 2016, 210 nel 2017, 23 l’anno scorso e solo uno dall’inizio di quest’anno mentre l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati stima che i morti e dispersi in tutto il Mediterraneo siano scesi dai 3.771 del 2015, 5.096 del 2016 e 3.139 del 2017 ai 2.277 dell’anno scorso e 207 quest’anno. L’iniziativa del governo italiano quindi salva vite umane, scoraggia i flussi migratori illegali e stronca il business dei trafficanti ma viene duramente attaccata da chi, per ideologia o interesse, continua a sostenere la necessità di riaprire i porti italiani ai migranti illegali.
Il crollo del giro d’affari dei trafficanti coincide infatti con quello del fatturato della lobby del soccorso e dell’accoglienza, gonfiatisi enormemente con i governi Letta, Renzi e Gentiloni, ma oggi sensibilmente ridimensionato dallo stop agli sbarchi e dal taglio delle diarie (in media da 35 a 21 euro al giorno per migrante inserito nel circuito dell’accoglienza) varato dal ministro Salvini. In Emilia alcune associazioni di cooperative hanno evidenziato come con i tagli alle diarie il governo non riconosca il “profitto d’impresa” a quella che un azzeccato articolo del Sole 24 Ore un paio d’anni or sono definì “l’industria dell’accoglienza”.