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IMMIGRAZIONE

La pioggia di soldi per l'Africa non è una soluzione

Continua il progressivo calo degli sbarchi di immigrati illegali dalla Libia. Ma Antonio Tajani, presidente dell'Europarlamento, in visita a Tunisi, ha delineato un piano di lungo periodo che segue sempre la stessa logica fallimentare: altre decine di miliardi di aiuti all'Africa per garantire sviluppo e disincentivare le partenze per l'Europa.

Politica 02_11_2017
Tajani a Tunisi

Continua il progressivo calo degli sbarchi di immigrati illegali dalla Libia dopo che l’Italia ha stretto gli accordi col governo libico di Fayez al-Sarraj che stanno limitando le partenze e aumentando il numero di migranti intercettati e portati indietro dalla Guardia Costiera libica.

Negli ultimi due giorni almeno un migliaio di migranti illegali sono stati riportati a Tripoli e affidati alle agenzie dell’Onu che li accoglieranno e provvederanno a rimpatriarli. I numeri parlano chiaro: gli sbarchi sono diminuiti del 30,13% rispetto allo stesso periodo (gennaio-ottobre) del 2016. I dati del Viminale riferiscono di 111.397 migranti giunti nei primi 10 mesi del 2017 a fronte dei 159.427 dello stesso periodo dell’anno scorso: un risultato importante, se si valuta che quest’anno se ne attendevano tra i 200mila e i 250mila. Il calo degli sbarchi rispetto al 2016 è ancora più consistente se si considera il solo mese di ottobre con un meno 78% (5.984 arrivi contro i 27.384 dell'ottobre 2016) che raggiunge un meno 93% (1.917 persone arrivate contro 27.384 dell’ottobre scorso) se guardiamo solo agli sbarchi di clandestini provenienti dalla Libia. Un dato che conferma l’incremento costante degli sbarchi “alla spicciolata” di clandestini in arrivo da Tunisia e Algeria che suscita timori per l’infiltrazione di criminali e terroristi nella Penisola.

In visita in Tunisia, il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani, ha sottolineato l’impegno a bloccare i flussi di migranti illegali dal Nord Africa promettendo un importante sostegno economico ai paesi della regione. Lunedì, davanti ai deputati del Parlamento di Tunisi ha infatti annunciato uno stanziamento di 40 miliardi nel prossimo bilancio dell'Unione europea da destinare all'Africa. "Il Mediterraneo non deve essere un vuoto, ma un ponte tra l'Unione Europea e il continente africano, perché è il crogiolo dei valori della nostra civiltà e la Tunisia svolge un ruolo fondamentale in questa particolare relazione", ha detto Tajani nel suo discorso. "Con questo collegamento abbiamo la responsabilità di non lasciare lo sviluppo dell'Africa a una Cina che non ha la stessa concezione del rispetto per l'ambiente, i valori democratici e i diritti umani. Dobbiamo lavorare insieme e sviluppare la nostra partnership per riflettere il grande potenziale di crescita del continente. Con 40 miliardi di euro e un'azione ancora più forte della Banca europea per gli investimenti, è possibile cambiare il destino dell'Africa. Per dare speranza e lavoro a questo continente, creando allo stesso tempo la crescita all'interno dell'Europa. Voglio che questi 40 miliardi siano nel prossimo bilancio dell'Unione europea".

Al netto del linguaggio diplomatico l’iniziativa suscita non poche perplessità. La Tunisia è uno dei Paesi che periodicamente riapre le rotte di migranti illegali (spesso criminali) puntando a rinegoziare al rialzo gli accordi con l’Italia. Darle altri denari significherebbe incoraggiare tale attitudine. Difficile poi vedere una “nostra” civiltà che unisca un’Europa basata su valori cristiani e sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e un Nord Africa/Sahel islamico. Dopo 60 anni che l’Occidente butta denaro in Africa, la prossima elargizione di 40 miliardi di euro rischia di non raggiungere gli obiettivi sperati: cioè creare sviluppo per scoraggiare le migrazioni. Un po’ perché parte di quel denaro tornerà in Europa sotto forma di retribuzioni a società Ue coinvolte nei vari progetti di sviluppo e una parte importante finirà nelle tasche bucate e corrotte dei governanti africani. Anche nella migliore delle ipotesi, se avesse ragione Tajani nel sostenere che "ci vogliono 40 miliardi di euro per generare un effetto leva di 400 miliardi di euro",  nessun Paese africano assomiglierebbe comunque alla Svizzera prima dei prossimi 30/50 anni lasciando quindi intatte le ragioni che spingono molti a raggiungere illegalmente l’Europa, non tanto in cerca di lavoro ma di un solido welfare assistenziale.

Secondo il presidente dell'Europarlamento gli investimenti produttivi in Africa sono la chiave per lottare contro l'emigrazione clandestina, oltre al rafforzamento del controllo delle frontiere. "Non è con le parole che si convincono i migranti a rimanere a casa loro, bisogna offrire loro la possibilità di avere una vita decente" ha detto Tajani. Affermazioni di buona volontà ma che suonano come utopie poco convincenti a chi conosce l’Africa. Sarebbe forse meglio destinare quella cifra a finanziare il rimpatrio di almeno una parte degli oltre 2 milioni di immigrati illegali giunti in Europa negli ultimi anni, dei quali 650 mila solo in Italia dalla rotta libica. Quanto ai paesi africani, la leva finanziaria potrebbe avere un senso come premio a chi non fa partire i propri connazionali invece di donare denari a pioggia a regimi che ci manderanno comunque i loro concittadini per poi chiederci più soldi per riprendersene indietro una parte. Resta infatti evidente che nessuna politica per l’Africa sarà credibile finché l’Europa non respingerà i migranti illegali in arrivo e non espellerà quelli già arrivati negando ogni aiuto agli Stati che speculano sull’immigrazione. In questo contesto sorprende che il ministro dell'Interno Marco Minniti abbia invitato a guardarsi “dai cattivi maestri, dagli apprendisti stregoni che dicono che c'è una mossa che risolve il problema immigrazione".

Minniti ha poi espresso un timore "che la democrazia italiana possa essere messa in discussione da un'onda populista". Come se i partiti cosiddetti “populisti” non vincessero elezioni regolarmente e in modo democratico o teorizzassero regimi e dittature. Colpisce che un uomo di spessore come Minniti non si sia reso conto che l’unica vera minaccia alla libertà, alla democrazia e ai diritti in Europa è rappresentata dalla penetrazione islamica che anche il PD favorisce, non certo da quelle forze che vorrebbero arginarla.