La Nato? Impedisce solo il crollo totale dei ribelli
A conti fatti, forse Francia e Regno Unito si erano già accordati prima con gli elementi defezionari del regime.
E intanto anche qui spunta al-Qa'ida...
Gianandrea Gaiani - esperto di strategia e studioso dei teatri di guerra, direttore del mensile web Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate giornalistiche - definisce quella in Libia «una guerra che oggi la NATO ha tutto l’interesse a mantenere di basso profilo. Soprattutto perché non è andata come annunciato e sperato».
Siamo insomma allo stallo?
Stallo non direi. Muhammar Gheddafi, tutt’altro che sconfitto, è decisamente al contrattacco. I ribelli invece sono allo sbando. Al momento dell’intervento aereo della NATO, contavano sul fatto che gli alleati avrebbero aperto loro le strade per Tripoli a suon di bombe. Ma affinché ciò potesse accadere ci sarebbe voluto un attacco di terra, che nessuno ha voluto né vuole. Di conseguenza, l’inadeguatezza degl’insorti è diventata lampante. I ribelli sono una banda armata improvvisata, che spesso finisce per spararsi nei piedi...
Davvero?
È quanto successo settimana scorsa, quando il fuoco amico ha mietuto vittime ad Ajdabiya e a Brega. Per festeggiare i raid aerei alleati, i ribelli si sono messi a sparare in aria e dal cielo i piloti dei caccia non hanno in alcun modo potuto distinguerli dai soldati regolari libici che utilizzano le medesime vecchie armi di fabbricazione sovietica e che indossano gli stessi abiti civili per confondere l’avversario… Gli insorti si sono giustificati dicendo che i colpi in aria erano stati esplosi da elementi gheddafiani infiltrati che cercavano di attirare il fuoco alleato sui nemici; francamente, però, è possibile immaginare che elementi dell’esercito libico regolare, ammesso riescano a introdursi fra i ribelli, chiamino poi le bombe sopra le proprie teste?...
Qualcuno sostiene che fornendo armi pesanti ai ribelli si riuscirebbe a tirarli fuori da questa palude…
Armi sofisticate a gente così? Assurdo. Del resto, oltre che innalzare alle stelle il livello di rischio, i ribelli non saprebbero come usarle. E così, oltre alle armi, occorrerebbe affiancarli con dei gruppi di combattimento che li addestrassero e seguissero. Improponibile. Ma soprattutto in Occidente non lo vuole nessuno.
Così ci attende un lunghissima guerra dimenticata, davanti alle nostre porte…
In Occidente oggi nessuno vuole riconoscere il fatto principale. Quella in Libia è una guerra ridicola, che stiamo combattendo forse non dalla parte sbagliata, ma certamente a fianco di gente che militarmente - per i motivi detti - non vale nulla e che così è pure politicamente.
E i capi dei ribelli?
Non ci sono veri capi. Ci sono tribù affiancate che già mostrano segni di cedimento e divisione. Poi ci sono Abdul Fattah Younis, ex ministro degli Interni ed ex n. 2 di Gheddafi, nonché Mustafa Abdel-Jalil, l’ex ministro della Giustizia passato con gl’insorti, i quali godono del sostegno anglo-francese, cioè delle vere potenze che hanno deciso e voluto la guerra. In primo piano ci sono infatti da sempre solo Parigi e Londra. Gli Stati Uniti sono entrati in guerra mal volentieri e ne sono già usciti. Dopo il blitz iniziale si sono sganciati nel giorno stesso in cui Barack Obama ha annunciato la propria ricandidatura per le presidenziali del 2012. Obama non ha mai avuto voglia, men che meno ne ha ora, di sostituire, nell’immaginario del pubblico, l’Iraq con la Libia; il suo pensiero corre alle elezioni, che vorrà giocarsi come l’uomo che ha chiuso la partita in Iraq, che si è astenuto dalla Libia e che anche l’Afghanistan l’ha praticamente messo a posto, bene inteso dal punto di vista dell’impegno militare statunitense.
Torniamo a Francia a Gran Bretagna…
Il conflitto l’hanno scatenato loro. Anzi la mia opinione è che fossero d’accordo con i ribelli già prima dell’intervento armato dell’Occidente. È verosimile che si siano accordati con gli ex del regime e che abbiano con loro architettato il resto, e non in modo disinteressato. Garanzie reciproche, insomma fra Parigi e Londra da un lato e la “centrale” ribelle di Bengasi ce ne sono certamente state. Venne credo promessa la caduta rapida di Ghedddafi, che però non è venuta e che ora trascina la situazione in questo modo strano.
Vie di uscita?
Ora come ora i bombardamenti alleati servono solo a evitare il crollo totale e repentino dei ribelli. Per farli vincere occorrerebbe che Londra inviasse sul terreno i Royal Marines e Parigi la Legione Straniera. Invece gli anglo-francesi si muovono ambiguamente: bombardano le truppe regolari (e i piloti dicono che così è inevitabile colpire anche ribelli e civili, da un lato indistinguibili, dall’altro mescolati ai gheddafiani che stanno piazzando armi pesanti dentro le case delle città rioccupate) ma impediscono il riarmo per mare ai ribelli. L’Occidente, però, la guerra la vuole vincere o no? Se sta con i ribelli, lo faccia fino in fondo. Li armi e vinca. Sennò che senso ha? È una guerra, ripeto, ridicola. Probabilmente, l’unica soluzione che a breve termine si imporrà sarà quella delle due Libie, la Cirenaica ai ribelli e la Tripolitania al raìs. Finché qualcuno non molla o qualcun altro decide di riprendere la partita per chiuderla definitivamente.
Il pericolo maggiore oggi?
Fonti algerine riferiscono di traffici di armi importanti, lanciarazzi per esempio, tra i ribelli e le unità legate ad al-Qa’ida nel Maghreb attraverso il Niger e il Mali. Certo, l’Algeria che denuncia questo sta con Gheddafi ed è dai suoi territori che sono transitate le migliaia di mercenari che ne hanno ingrossato gli effettivi bellici. Ma l’Algeria è pure da un decennio buono legata alla Cia in funzione antiterroristica e oggi l’Agenzia prende in considerazione i suoi allarmi su al-Qa’ida.
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