La moda della Pubblicità Regresso
Impazzano le réclame che sbeffeggiano Dio, Gesù, la Madonna e i santi. Miserie umane. E a noi viene una boutade: dire "grazie" a quelle maison e a quelle griffe che, per assurdo, testimoniano una volta in più l'impossibilità di sbarazzarsi di Cristo.
Al bar il maschio parla solo di calcio, donne e politica, dal barbiere lasciamo perdere, ma se vuoi vendere le tue mercanzie è Gesù che devi sbattere in pubblicità.
Lo sanno oramai tutti che la ditta napoletana di abbigliamento Fracomina ha tappezzato città e invaso media con quella campagna pubblicitaria che fa abbondante uso di gran belle figliole - la serie d’intitola Women Evolution - sbeffeggiando Eva, la Vergine Maria e Maria Maddalena (giusto per rinfrescare la memoria a tutti: le tre sono una più santa dell’altra, nonostante le panzane che ci racconta Dan Brown su Maria di Magdala e la nostra pessima abitudine di maledire il nome della prima donna).
Lo sanno tutti perché molto se ne parla, anzi troppo. I molti che - giustamente, perché no - si sono scandalizzati, han fatto opera buona a dar eco pubblica alla propria indignazione. La libertà di espressione vale per tutti, infatti, mica solo per Fracomina. E quando una cosa fa schifo, fa schifo, ed è giusto dirlo.
Epperò, secondo noi, Fracomina, che evidentemente non è un club di sciocchi, di tutto questo can can gode. Anzi, probabilmente i suoi strateghi - la campagna è stata studiata dall’agenzia di pubbliche relazioni Klaus Davi & Co. - son partiti esattamente da lì, puntando tutto sull'"effetto che fa".
Sarebbe allora meglio far finta di nulla? No, sarebbe meglio prendere appuntamento con quelli di Fracomina per battere loro una pacca sulla spalla e dire: "Bravi, quello di (s)parlare di Dio, di Gesù, della Madonna e dei santi è l’unico modo rimasto a voi e a gente come voi per farsi notare in questo nostro mondo che non nota più nulla e che imperterrito finge di dare tutto, trasgredire tutto, dissacrare tutto e che invece non dà niente, non trasgredisce niente, non dissacra niente, lacchè qual è del luogocomunismo, schiavo com’è dei 'secondo me', asservito com’è alla voce del padrone".
A quelli di Fracomina andrebbe cioè detto un bel "grazie". Grazie di averci una volta in più ricordato - non ne sentivamo il bisogno, ma, dopo Andy Warhol, il quarto d’ora di celebrità non si nega a nessuno - che sempre e comunque tutto parte da Cristo e tutto finisce in Cristo, che la religione è l’unico argomento sempre di moda, che la fede è l’unica cosa di cui il mondo riesce a parlare, persin quando la impreca. Che, incapace per impoverimento di umanità di scherzare coi fanti, nessuno a questo mondo riesce più a lasciare stare i santi: santi che c’interrogano, c’inquietano, ci pungolano e "rompono", vale a dire fanno più che egregiamente il loro mestiere, e noi, Deo gratias, che non restiamo mai tranquilli lungo questo nostro pellegrinaggio che facciam tutti anche se non ce ne accorgiamo, anche se siam dei pubblicitari. O dei revisori di manuali scolastici.
Abbiamo appena letto, infatti, di come "laggiù" (down under, dicono in inglese), cioè in Australia, si stia pensando di sostituire le espressioni "Avanti Cristo" e "Dopo Cristo" giacché troppo partigiane con sempreverdi formule più "politicamente corrette" tipo "Prima dell’Era Comune", laddove l'"Era Comune" è quella che - oramai di nascosto - si conta… dalla nascita di Gesù.
Niente da fare, insomma. Sbarazzarsi di Cristo è impossibile, sia che lo si adori come Signore della storia sia che si vendano mutande.
PS Oltre al cristianesimo, per vendere ci si può al massimo spingere fino al sesso. Lo dimostra l’installazione che il cubano Erik Ravelo ha presentato al Padiglione Italia della Biennale di Venezia grazie agli ottimi auspici di Fabrica, il Centro di ricerca sulla comunicazione finanziato dal Gruppo Benetton, non a caso finendo poi nella nuova campagna pubblicitaria della nota griffe. Si chiama Lana Sutra, il riferimento al famoso manuale erotico indù è tutto voluto, immaginatevi cosa inscenano le 15 "composizioni scultoree" messe in mostra anche a Milano, Istanbul e Monaco nei negozi Benetton, e pure nelle inserzioni a pagamento sui grandi quotidiani.
Ora, nella pubblicità ammiccante non tutto è contorsionismo "d'autore" come per Benetton, certo; ma vi siete mai chiesti perché per vendere un 4x4, uno yogurt o il tesseramento del Pd servano ammalianti rotondità femminili senza che mai una scenda in piazza a gridare "Se non ora, quando?" o a valutare che decenni di dure battaglie femministe son servite solo per creare la società dei pantaloni a vita bassa da cui a ogni mossa sbuca di tutto?
Non siamo degli psicologi e quindi non diremo che questo compulsivo bisogno di rappresentare la religione e il sesso feriti sono il grido disperato di uomini soli incapaci di amare eppure desiderosi di farlo. Siamo però dei lettori del magistrale Dracula di Bram Stoker, il cui fulcro è appunto il binomio ferito religione-sesso e l’ossessione che esso genera, e così, quando lo vediamo, sappiamo riconoscere il desiderio frustrato di essere amati che si rifugia nello sfregio di ciò che più esprime l’umano, la bestemmia da un lato e l’autolesionismo dall’altro.