La Messa di Beethoven, un incanto per Paolo VI
Nel 1970 ricorreva il 2° centenario della nascita di Beethoven e il 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Paolo VI. Per l’occasione venne eseguita in Vaticano la Missa solemnis del compositore tedesco, con grande gioia del Papa e 144 emittenti collegate con la Rai. Un’opera, quella di Beethoven, per cui ha speso parole importanti anche Benedetto XVI.
Oggi, 16 dicembre, ricorrono 250 anni dalla nascita del grande compositore tedesco, considerato l’ultimo dei classici e il primo dei romantici: Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 - Vienna 1827).
Ripercorrendo la vita di Beethoven, uomo e artista - attraverso i suoi problemi familiari, economici, caratteriali, la serietà della sua formazione e del suo lavoro artistico, le sue infelici esperienze sentimentali e amicizie, le sue sofferenze per la progressiva sordità nell’eta matura - possiamo distinguere tre grandi tappe: gli anni giovanili a Bonn, fino al trasferimento a Vienna (1792); il periodo centrale, fino al cosiddetto Testamento di Heiligestadt (1802); la piena maturità e la grande fecondità creativa, fino alla morte. Beethoven per qualcuno vuol soprattutto dire Per Elisa, la Sonata al chiaro di luna, Cristo sul Monte degli ulivi e l’Ode alla gioia dalla Sinfonia n. 9; ma il suo corpus compositivo comprende l’opera pianistica (sonate, variazioni, ecc.), la musica da camera, le sinfonie (portate a fastigi insuperati), i quartetti d’archi, i concerti, la produzione religiosa, la musica di scena e l’unica opera lirica.
Il Vaticano, se lo scorso 10 novembre ha ricordato il grande maestro con una moneta bimetallica da 5 euro e un francobollo da 1,15 euro, cinquant’anni fa, nel pomeriggio del 23 maggio 1970, ebbe un «incantevole momento», come disse Paolo VI prima di prendere «commiato, commossi e pensosi, dagli Artisti e dagli Uditori»: l’esecuzione della Missa solemnis in re maggiore per soli, coro misto e orchestra, op. 123 di Beethoven nella basilica di San Pietro alla presenza del Papa.
Disse inoltre il «padrone di casa» al termine del concerto: «Noi abbiamo così goduto, sotto questa cupola, di un incontro di giganti del genio umano, Michelangelo e Beethoven, entrambi esaltati dall’opera loro in un medesimo slancio di incomparabile offerta del loro talento all’umanità aperta agli sconfinati orizzonti del mondo religioso. A chiusura di questa sacra ed artistica manifestazione sia la parola allo stesso Ludwig van Beethoven: “Il mio principale scopo, lavorando alla Messa, era quello di far nascere il sentimento religioso tanto nei cantori, quanto negli ascoltatori, e di rendere duraturo tale sentimento”. E ancora: questa opera, “uscita dal cuore possa arrivare al cuore”» (Paolo VI, Discorso nella «Missa solemnis» di Beethoven, 23 maggio 1970).
Quella singolare iniziativa fu un omaggio della Radiotelevisione Italiana, che volle così onorare il cinquantesimo anniversario di sacerdozio di Paolo VI - ordinato il 29 maggio 1920 nella cattedrale di Brescia dal vescovo Giacinto Gaggia - e celebrare la memoria del secondo centenario della nascita di Beethoven. Almeno due caratteristiche ne fanno un avvenimento di grande portata: per la prima volta musica concertistica risuona nella Basilica Vaticana, con tutti gli inevitabili difetti acustici del vasto e complesso edificio; la serata è trasmessa a più di 300 milioni di persone attraverso le 144 emittenti televisive collegate con la Rai e le sue otto telecamere, regolate da Franco Zeffirelli.
Mai il povero Beethoven avrebbe potuto immaginare un tale sfarzo per l’esecuzione della sua Messa, con la quale tentò di ricavare qualche modesto risultato economico, con scarso successo. Pochi sottoscrittori, infatti, risposero alla lettera che il maestro inviò alle varie corti europee per vendere una copia della partitura: lo zar Alessandro I, il re di Francia Luigi XVIII, il re di Sassonia Federico Augusto I, il granduca di Assia-Darmstadt Luigi I, il principe prussiano Antoni Henryk Radziwiłł, il direttore della Società di Santa Cecilia di Francoforte e qualcun altro.
Ci piace concludere con quanto affermò Benedetto XVI in un video messaggio in tedesco circa questa monumentale partitura, eseguita il 29 luglio 2005 nel Duomo di Colonia, in vista della Giornata Mondiale della Gioventù di quell’anno: «Anche per Beethoven, uomo che lotta e soffre in un tempo di cambiamento, era evidentemente una necessità interiore […] creare una grande Messa […]. La Missa solemnis non è più musica liturgica in senso proprio. […] Anche la fede della Chiesa ora non è più presente come fatto ovvio. Le parole della preghiera dell’uomo diventano ora vie della lotta per Dio, della passione per Dio e per sé stessi […]. In questo senso la Missa solemnis è una toccante testimonianza sempre nuova di una fede che cerca, che non si lascia sfuggire Dio, e che attraverso la preghiera dei secoli lo raggiunge nuovamente».