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La Messa "Covid-free": un abuso contro il buon senso

In molte chiese sono stati tolti gli inginocchiatoi e i fedeli non possono ricevere la Comunione in bocca. Ma l’Ordinamento Generale del Messale Romano chiede di inginocchiarsi «alla consacrazione a meno che lo impediscano lo stato di salute e...». Perciò è chi sta in piedi che deve spostarsi. Sulla Comunione il presidente nazionale dei Medici Cattolici ha detto che quella «in mano è igienicamente meno sicura». Questi gli abusi non chiesti dal protocollo e contrari al Diritto Canonico.

Editoriali 29_05_2020

È in arrivo la seconda domenica post captivitatem, già Domenica di Pentecoste. Ironia a parte, nella prima domenica dopo la ripresa delle Messe con popolo, molte persone sono rimaste rattristate, contrariate e persino arrabbiate a causa dei nuovi usi liturgici introdotti con la scusa del Covid. Sì, la scusa. Perché non c’è alcuna evidenza scientifica né ragione dettata dal buon senso per impedire, come avviene in molte chiese, che si possa ricevere la Santa Comunione direttamente in bocca e che ci si possa inginocchiare al momento della consacrazione.

Cominciamo dalla seconda “norma” inventata. In alcune chiese è stato consigliato o persino proibito di inginocchiarsi durante la Consacrazione, facendo persino sparire panche ed inginocchiatoi. Viene detto che se un fedele si inginocchia, riduce la distanza di “sicurezza” rispetto alla persona che ha davanti, la quale sceglie di non inginocchiarsi. Ora, siccome la posizione in ginocchio su un inginocchiatoio riduce la distanza di circa 20 cm, si potrebbe pensare di tenere una distanza di un metro abbondante tra le varie file di panche ed il finto problema sarebbe risolto.

Perché l’inginocchiarsi alla consacrazione non è un semplice gesto di devozione personale. L’Ordinamento Generale del Messale Romano, al n. 43, prevede infatti che i fedeli si inginocchino «alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi». Più avanti si precisa che «dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall'acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l'Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato».

Dunque, la norma è quella di inginocchiarsi, almeno durante la Consacrazione. Di conseguenza, dovrebbero essere semmai le persone che, non potendo inginocchiarsi, devono rimanere in piedi a spostarsi quanto basta, e non il contrario.

Il discorso sull’ormai quasi universale obbligo di ricevere l’Eucaristia sulla mano è un po' più articolato. Non è stato “solo” Paolo Gulisano a far presente che la Comunione sulla mano è tutt’altro che più sicura rispetto a quella direttamente in bocca. Un paio di settimane fa è intervenuto sulla questione anche il prof. Filippo Maria Boscia, Presidente Nazionale dei Medici Cattolici (vedi qui): «Il problema che arrovella tutti e noi, medici per primi, è quello dei virus e della loro diffusione. Spesso si arriva a dire tutto e il contrario di tutto. Una cosa è certa: le mani sono la parte del corpo più esposta ai virus, toccano tutto, dalle cose infette ai soldi ed hanno bisogno di continua disinfezione [...] Per me è più sicura quella sulla lingua rispetto a quella sulla mano. Le mani, come le dicevo, toccano tante cose. Sulla mano in definitiva è più contagiosa». Un’opinione autorevole, che, come minimo, dovrebbe portare a non essere così intransigenti nel vietare la Comunione direttamente in bocca ai fedeli che la richiedono.

Il professor Boscia, con grande buon senso, tocca il nervo scoperto: «In effetti esistono persone ossessionate dall’idea dei virus e dell’ammalarsi [...] Effettivamente ho letto della pinzetta e delle bustine con le ostie take away: nel nome di questa ossessione siamo arrivati alla follia. Ma scusi: dopo la spagnola, abbiamo seguito a prendere la Comunione in bocca, ad esempio, e tutto è rimasto come prima. Penso che stiamo andando oltre il buon senso, non dobbiamo correre dietro a certe cose. Salute certamente sì, ma esasperazioni o stravaganze no». E ribadisce la sua posizione sulla Comunione: «In ogni caso, da medico, credo che la Comunione in mano sia igienicamente meno sicura dell’altra. Del resto non ci dicono ogni giorno di non toccare cose, di non portarci le mani al naso ed occhi».

Purtroppo le cose stanno così. E le conseguenze di questa esasperazione ricadono sui fedeli. È curioso che ai nostri fratelli ortodossi (vedi qui, par. 2.4) non è stato affatto richiesto di amministrare la Comunione sulla mano per ragioni sanitarie, bensì di aver cura «di offrire l’Eucaristia [...] senza venire a contatto con i fedeli». Strettamente parlando, nemmeno a noi cattolici è stato indicato di dare la Comunione sulla mano, perché l’indicazione presente nel protocollo chiede semplicemente di non entrare in contatto con le mani dei fedeli, cosa assolutamente garantita dalla Comunione in bocca.

Ancora una volta, spiace dirlo, ci troviamo di fronte ad un abuso bello e buono. Un abuso doppio, perché impone qualcosa che non è chiesto dal protocollo ed è addirittura contrario al diritto dei fedeli di poter ricevere l’Eucaristia, tutelato dal Diritto Canonico. Il Codice infatti, al can. 912, prevede che «ogni battezzato, il quale non ne abbia la proibizione dal diritto, può e deve essere ammesso alla sacra Comunione». Potest et debet. È consentito al ministro rifiutare la Comunione solo se il fedele rientra nella categoria degli scomunicati e interdetti (can. 915), quanto al foro esterno; mentre, riguardo alle disposizioni interiori, il fedele non si deve accostare al Corpo del Signore se consapevole di peccato grave (can. 916).

Non è dunque lecito ad alcun ministro rifiutare la Comunione, per il solo fatto che il fedele la voglia ricevere in bocca. Tanto più che questa è la modalità propria della Chiesa e la più adeguata, mentre quella sulla mano è semplicemente un indulto. Il documento di riferimento è l’Istruzione Memoriale Domini, voluta da Paolo VI nel 1969. In esso troviamo affermato chiaramente che la Comunione direttamente in bocca, «si deve senz’altro conservare, non solo perché poggia su di una tradizione plurisecolare, ma specialmente perché esprime e significa il riverente rispetto dei fedeli verso la Santa Eucaristia [...] con questa forma ormai tradizionale è meglio assicurata una distribuzione rispettosa, conveniente e dignitosa insieme della Comunione; si evita il pericolo di profanare le specie eucaristiche [...] e si ha modo di osservare con esattezza la raccomandazione sempre fatta dalla Chiesa sul riguardo dovuto ai frammenti del pane consacrato». Maggiore rispetto, garanzia di evitare profanazioni e cura per la dispersione dei frammenti: possibile che tutto questo conti zero di fronte alla discussa ipotesi che la Comunione in bocca possa remotamente favorire un eventuale contagio?

Allora, coniugare la prudenza di evitare un contatto, con il diritto dei fedeli di ricevere l’Eucaristia, non è solo possibile: è doveroso. È sufficiente che il sacerdote si pulisca accuratamente le mani prima di dare la Comunione e che, nell’eventualità che entri in contatto con il fedele, le pulisca nuovamente. Per i più scrupolosi, oltre a ricordare il richiamo del prof. Boscia a non diventare ossessivi, è possibile adottare uno strumento ben noto alla tradizione liturgica. Si tratta della pinza eucaristica, nota anche come tenacula. È stata utilizzata nei tempi di pestilenza e altre gravi epidemie per poter comunicare i fedeli. A questo proposito, è bene fare un chiarimento. Il 5 marzo scorso era stato chiesto (vedi qui) all’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, cosa pensasse del fatto che in questa fase di emergenza si ricevesse la Comunione sulla mano. Pizzaballa ha correttamente fatto presente che la Chiesa ha sempre trovato delle modalità per permettere ai fedeli di ricevere i sacramenti, portando come esempio proprio l’uso delle pinze liturgiche. Però, nella risposta, Pizzaballa apporta le pinze eucaristiche come argomento a sostegno del presunto buon senso di dare la Comunione sulla mano. È evidente che si tratta di una forzatura, perché la pinza veniva usata non per dare l’Eucaristia sulla mano, ma per darla in bocca, come si può verificare nelle rappresentazioni visibili qui.

Ancora una volta, tocca a noi domandare ai nostri pastori, parlando con loro, scrivendo al nostro vescovo, al cardinal Bassetti e alla Congregazione per il Culto divino di ripristinare il diritto della Chiesa, nel rispetto del Sacramento dell’Eucaristia e delle necessità dei fedeli.