La Marcia per la Vita e la promessa di Trump: «Porrò il veto a ogni legge abortista»
Decine di migliaia di persone si sono ritrovate venerdì a Washington per l’annuale Marcia per la Vita, cui ha preso parte anche il vicepresidente Mike Pence, mentre il numero uno della Casa Bianca ha fatto sentire il suo sostegno con un videomessaggio definendo ogni bambino «un dono sacro di Dio». In una lettera alla speaker della Camera, Nancy Pelosi, Trump ha spiegato che userà il suo potere di veto nei confronti di ogni disegno di legge che tenti di indebolire la protezione per i nascituri, rispondendo così ai tentativi dei democratici che stanno cercando di sfruttare lo stallo sullo shutdown per far passare misure pro aborto.
Anche quest’anno decine di migliaia di persone, provenienti da ogni parte degli Stati Uniti, si sono ritrovate a Washington per partecipare all’annuale Marcia per la Vita, giunta alla sua 46^ edizione e conseguente alla sciagurata sentenza del 22 gennaio 1973, nota come Roe contro Wade, con cui la Corte suprema bypassò le leggi americane e liberalizzò l’aborto (fino allora vietato nella gran parte dei 50 Stati federati) in tutta la nazione.
Venerdì la capitale degli Usa ha visto marciare, nonostante il freddo, persone appartenenti a ogni classe sociale e di tutte le età, uomini, donne, bambini, disabili, studenti e lavoratori, adolescenti e genitori, tutti uniti da una certezza ben espressa nel tema della marcia di quest’anno: Unique from day one, unici fin dal primo giorno. Tema che continuava con la scritta Pro-life is pro-science, visto che è proprio la scienza a dirci che il «grumo di cellule» disprezzato dagli abortisti è in realtà - quella che ha riguardato e riguarda ognuno di noi - un essere umano unico e irripetibile fin dall’istante del concepimento.
Anche quest’anno, di fronte a quello che viene considerato il più grande appuntamento pro life del mondo, diversi media rappresentativi della cultura dominante hanno ignorato la manifestazione o ne hanno dato una raffigurazione deformata, arrivando (è il caso del Washington Post) a ospitare interventi in cui si chiama l’aborto «cura della salute». Pazienza se non si è mai vista una «cura» che uccide puntualmente almeno una persona e lascia conseguenze psicofisiche su chi - in veste di genitore, medico, ostetrica, ecc. - partecipa all’atto. Nonostante la potenza di fuoco (propagandistico) su cui possono contare le élite economiche e culturali, un sondaggio commissionato dai Cavalieri di Colombo mostra che il 75% del campione intervistato chiede sostanziali restrizioni alle attuali leggi abortiste e il 62% si dice contrario ad abortire bambini con sindrome di Down, prime vittime dell’eugenetica moderna.
Alla marcia ha preso parte a sorpresa, nel senso che la sua visita non era in programma, il vicepresidente Mike Pence, accompagnato dalla moglie Karen. Pence ha ringraziato i volontari impegnati nei centri per la gravidanza che aiutano mamme e bambini, ha detto che il movimento pro life è «definito dalla compassione e dall’amore» e, ricordando la Roe contro Wade, ha espresso questo auspicio: «Rimetteremo la santità della vita al centro della legge americana e credo che nel nostro arco di vita aboliremo l’aborto».
E Donald Trump? Il presidente alla marcia non c’era ma ha sollevato gli animi dei pro life indirizzando una lettera - che porta la data del 18 gennaio, il giorno stesso dell’evento di Washington - alla speaker della Camera, l’abortista Nancy Pelosi, in cui definisce «allarmante» il fatto che i democratici, freschi di riconquista della maggioranza nel primo ramo del Congresso, abbiano approvato il 3 gennaio un disegno di legge (H.R. 21) che se passasse anche al Senato abolirebbe la Protecting life in global health assistance (PLGHA, un’estensione della Mexico City Policy), cioè la misura che vieta di finanziare i gruppi che praticano o promuovono l’aborto all’estero come metodo di pianificazione familiare. «Porrò il veto su ogni legislazione che indebolisca le attuali politiche e leggi federali pro life, o che incoraggi la distruzione della vita umana innocente a qualsiasi stadio», ha scritto Trump alla fine della sua lettera alla Pelosi.
La promessa del presidente fa seguito alle due lettere (riportate dal Friday Fax) sottoscritte da un gran numero di parlamentari repubblicani, la prima da 49 senatori e la seconda da 169 deputati, che chiedono al capo della Casa Bianca di non barattare l’eliminazione delle misure pro vita con la fine del parziale shutdown (cioè il blocco delle attività amministrative conseguente alla mancata approvazione della legge di bilancio). Il disegno di legge approvato dai democratici il 3 gennaio è infatti uno di quelli che dovrebbero essere intesi a risolvere lo shutdown ma allo stesso tempo prevede di eliminare la PLGHA (la già citata misura volta a limitare il finanziamento dell’aborto all’estero) e rifinanziare l’Unfpa, il fondo Onu per la popolazione che ha supportato la politica del figlio unico in Cina (con sterilizzazioni e aborti forzati) e a cui Trump ha tagliato giustamente i finanziamenti nel 2017.
I democratici stanno cercando di sfruttare lo stallo sul fronte bilancio anche per eliminare l’emendamento Hyde (già di per sé un compromesso), una misura introdotta per la prima volta nel 1976 che impedisce di usare fondi federali per finanziare direttamente l’aborto, eccetto che nei casi di pericolo di vita per la madre, stupro e incesto. Alla luce dei tentativi di indebolire ulteriormente le protezioni per i nascituri, Trump, che già prima della lettera alla Pelosi aveva minacciato il veto, ha appunto ribadito che si opporrà. Di questa opposizione alla cultura della morte ha dato conto nel videomessaggio diretto ai partecipanti della marcia di Washington, in cui Trump, che pure avrà mille difetti ma rappresenta un argine alla deriva nichilista, non ha mancato di esprimere con parole davvero significative la straordinarietà della vita umana e di richiamarsi ancora una volta a Dio, così ignorato dal suo predecessore e bandiera del progressismo, Barack Obama. «Questo è un movimento fondato sull’amore e radicato nella nobiltà e nella dignità di ogni vita umana», ha detto il presidente. «Quando guardiamo negli occhi di un bambino appena nato vediamo la bellezza nell’anima umana e la Maestà della creazione di Dio. Sappiamo che ogni vita ha un significato e che ogni vita merita di essere protetta. Come presidente, difenderò sempre il primo diritto della nostra Dichiarazione d’Indipendenza, il diritto alla vita».
Trump ha quindi ricordato la nuova proposta repubblicana di modificare il Titolo X per impedire che i fondi di questo programma vadano anche indirettamente a organizzazioni abortiste, nonché la reintroduzione della Mexico City Policy e gli sforzi fatti nella difesa dell’obiezione di coscienza (messa sotto attacco dall’amministrazione Obama) «per proteggere le libertà religiose di medici, infermieri ed enti benefici, come le Piccole Sorelle dei Poveri», le suore costrette a una lunghissima battaglia giudiziaria per sottrarsi al cosiddetto «mandato contraccettivo» dell’Obamacare. «Sosteniamo l’amorevole scelta dell’adozione e dell’affido, anche attraverso il supporto dei servizi di adozione basati sulla fede».
Dopo aver detto che «ogni bambino è un dono sacro di Dio», Trump ha voluto «ringraziare gli americani che hanno viaggiato attraverso tutto il Paese per marciare per la vita. E, in particolare, voglio ringraziare i tanti giovani che ci danno speranza per il futuro. Insieme lavoreremo per salvare vite di bambini non nati in modo che abbiano la possibilità di vivere e amare, prosperare e sognare, di benedire la nostra nazione e raggiungere il loro pieno e splendido potenziale». E infine: «Grazie, e Dio benedica voi e la vostra famiglia. E Dio benedica l’America».