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TOGHE ROSSE

La Magistratura Democratica contro il governo eletto

Magistratura Democratica si prepara ad una "lunga stagione di resistenza costituzionale", secondo un suo stesso comunicato. E sugli immigrati illegali l'editoriale di Area titola "Fateli sbarcare". La magistratura di sinistra, anche dopo lo scoperchiamento del caso Palamara, continua a interferire nella vita democratica, contro il governo eletto.

Politica 08_11_2022
Luca Palamara

C’eravamo illusi che lo scandalo Palamara potesse rappresentare uno spartiacque tra un’epoca di politicizzazione spinta della magistratura e una fase di maggiore equilibrio tra i poteri dello Stato. Il pentolone scoperchiato negli ultimi anni dalle confessioni dell’ex magistrato sembrava aver indebolito fortemente la casta delle toghe, togliendole credibilità. Nulla di più salutare per una democrazia malata come la nostra, nella quale le intromissioni della magistratura erano sistematiche e determinavano i cambiamenti sostanziali della vita politica.

Dai primi passi della nuova legislatura sembra tuttavia che il potere giudiziario, almeno in alcune sue componenti più ideologizzate, stia rialzando la cresta. Da quando si è insediato il governo Meloni, pare ripreso il tiro al bersaglio di alcune toghe nei confronti del centrodestra, “colpevole” soltanto di aver vinto legittimamente le ultime elezioni politiche e dunque “meritevole” di essere impallinato. C’è dunque il sentore che una parte della sinistra, non avendo digerito in alcun modo la sonora sconfitta elettorale del 25 settembre, stia provando a “stimolare” la sua “falange armata” che storicamente è stata rappresentata da alcune Procure, particolarmente inclini a orientare la loro azione giudiziaria in una certa direzione, quella del centrodestra. Il giustizialismo che ha accompagnato e condizionato le vicende politiche nazionali potrebbe tornare e forse ricompattare le diverse opposizioni al governo Meloni, che non riescono a trovare una sintesi politica in un ipotetico programma alternativo a quello dell’esecutivo e dunque puntano sull’incidente di percorso, magari su un’inchiesta o un’intercettazione o qualcosa di simile: la classica buccia di banana sulla quale far scivolare uno o più esponenti dell’attuale esecutivo.

I segnali sono inequivocabili. A parlare sono soprattutto due comunicati stampa. Il primo è stato diffuso da Magistratura Democratica, che delle correnti della magistratura è la più a sinistra. E pensare che il caso Palamara avrebbe dovuto comportare il provvidenziale azzeramento delle correnti in ambito giudiziario. Invece, come in un fiume carsico, esse riemergono più forti di prima e addirittura incattivite. Il comunicato di Magistratura Democratica prende lo spunto dal decreto sui rave party, uno dei primi provvedimenti del nuovo governo Meloni. «Ci aspetta una lunga stagione di resistenza costituzionale», scrivono nel comunicato le toghe più oltranziste. Altro che terzietà, qui siamo alla militanza più feroce. Resistenza costituzionale sembrerebbe voler significare resistenza per difendere la Costituzione. Infatti quelle toghe appartengono ideologicamente allo schieramento che ciclicamente sbraita e urla “Giù le mani dalla Costituzione”. Ma cosa significa difendere la Costituzione se poi non si accetta il risultato democratico della competizione elettorale e si cerca di sovvertirlo in ogni modo, anche calpestando il principio di autonomia e indipendenza della magistratura, uno dei cardini della divisione dei poteri sulla quale si fonda l’impianto costituzionale?

E non finisce qui. Un’altra corrente di sinistra delle toghe, chiamata Area, ha preso platealmente posizione contro il governo Meloni a proposito del blocco delle tre navi delle Ong nel porto di Catania e ha diffuso un comunicato significativamente intitolato “Fateli sbarcare”, contenente velate minacce al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che invece punta a continuare sulla linea della fermezza.

In un editoriale sul quotidiano Libero, da lui diretto, è stato Alessandro Sallusti, che con Luca Palamara ha anche scritto dei libri, a lanciare l’allarme della rivincita della sinistra attraverso le toghe. «Questa lobby extraparlamentare non vuole fare giustizia bensì politica e non si darà pace fino a che non avrà raggiunto il suo obiettivo: rimettere la sinistra a capo delle operazioni», scrive convinto il direttore di Libero, che poi ricorda un particolare inquietante. «Il Centrodestra è tornato, dobbiamo tornare in campo anche noi», disse Palamara nell’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati all’indomani della vittoria di Berlusconi alle elezioni del 2008. «Palamara non c’è più, ma come noto morto un papa (nero) se ne fa un altro. Non sappiamo ancora chi è ma sappiamo che è già al lavoro per avvelenare i pozzi - complici i servizi segreti e i soliti mezzi di informazione - e provare a deviare il corso della politica», conclude amaramente Sallusti.

L’auspicio che ogni coscienza sinceramente democratica dovrebbe formulare è che si tratti di semplici sospetti e che nulla di tutto ciò che paventa Sallusti possa materializzarsi. Ma i segnali ci sono e soprattutto ci sono precedenti che nessuno può dimenticare e che coincidono - guarda caso - sempre e solo con i momenti di ascesa al governo del centrodestra. E invece una normalità democratica impone che l’alternanza destra-sinistra avvenga esclusivamente sulla base della volontà popolare e non per manovre di palazzo o ingerenze del potere giudiziario, troppo spesso impegnato a sovvertire il verdetto delle urne.