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PAPA

La libertà religiosa è la prima sfida del 2011

Un filo rosso collega tutti gli interventi del Pontefice tra il 31 dicembre e il 2 gennaio: la pace è dono di Dio.
Compostela, scommessa per l'Europa di M.Introvigne

Attualità 03_01_2011
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Una sequenza logica collega le omelie del Papa per i vespri e il Te Deum del 31 dicembre 2010 e per la Messa del 1° gennaio 2011, insieme solennità di Maria Madre di Dio e 44ª Giornata Mondiale della Pace, e le sue parole agli Angelus del 1° e del 2 gennaio. Benedetto XVI ha ricordato il 1° gennaio, davanti all’icona – presente a Roma per la solennità – della «Madonna del Sacro Monte di Viggiano, così cara alle genti della Basilicata», che le due ricorrenze della Divina Maternità di Maria e della giornata dedicata alla pace sono collegate. È infatti precisamente «nel nome di Maria, madre di Dio e degli uomini, che dal 1° gennaio 1968 si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale della Pace».

La pace, per essere autentica, non può essere concepita come frutto soltanto degli sforzi umani, ancorché questi siano evidentemente necessari. La pace, ha spiegato il Papa nell’omelia del 1° gennaio, «è il dono messianico per eccellenza, il primo frutto della carità che Gesù ci ha donato, è la nostra riconciliazione e pacificazione con Dio. La pace è anche un valore umano da realizzare sul piano sociale e politico, ma affonda le sue radici nel mistero di Cristo».

La pace è liberazione da quei «drammi provocati dalla cattiveria degli uomini» evocati nell’omelia del 31 dicembre. Questa liberazione può essere ultimamente soltanto un dono di Dio. Il Natale ci ha appena ricordato che «l’Eterno entra nel tempo e lo rinnova in radice, liberando l’uomo dal peccato e rendendolo figlio di Dio. Già “al principio”, ossia con la creazione del mondo e dell’uomo nel mondo, l’eternità di Dio ha fatto sbocciare il tempo, nel quale scorre la storia umana, di generazione in generazione. Ora, con la venuta di Cristo e con la sua redenzione, siamo “alla pienezza” del tempo. Come rileva san Paolo, con Gesù il tempo si fa pieno, giunge al suo compimento, acquistando quel significato di salvezza e di grazia per il quale è stato voluto da Dio prima della creazione del mondo».

Dio ha voluto dunque «l’incontro dell’eternità con il tempo», ma nel tempo è entrata ed è rimasta anche la pesantezza del peccato, che è negazione della vera pace. Certamente il peccato si manifesta in molti modi. Ma, di fronte a una tragica attualità, il Papa ha voluto fare particolare riferimento alle violenze compiute in nome del fondamentalismo, di cui sono vittima soprattutto i cristiani.  È sempre più evidente in alcuni Paesi, ha detto Benedetto XVI all’Angelus del 2 gennaio, una «strategia di violenza che ha di mira i cristiani» e che vuole «costringerli ad andarsene».
All’Angelus del giorno precedente, il 1° gennaio, il Papa è tornato sul suo Messaggio, reso pubblico lo scorso 16 dicembre, per la Giornata Mondiale della Pace 2011, che La Bussola Quotidiana ha già ampiamente commentato. Questo Messaggio, ha detto, indica nella libertà religiosa «la via privilegiata per costruire la pace».

Alla vera libertà religiosa – l’Angelus riassume qui un tema centrale del Messaggio – si oppongono da una parte il laicismo, dall’altra il fondamentalismo. «Assistiamo oggi a due tendenze opposte, due estremi entrambi negativi: da una parte il laicismo, che, in modo spesso subdolo, emargina la religione per confinarla nella sfera privata; dall’altra il fondamentalismo, che invece vorrebbe imporla a tutti con la forza».

Le tragedie del fondamentalismo a loro volta sono sfruttate dal laicismo, il quale ne trae argomento per sostenere che le religioni in genere producono solo scontri e violenza. Al contrario, il Papa vuole «sottolineare come le grandi religioni possano costituire un importante fattore di unità e di pace», a patto che riescano a riannodare le fila di un dialogo fondato su un equilibrato rapporto tra fede e ragione. Solo così potranno essere contrastati insieme il fondamentalismo, che trasforma la religione in violenza, e il laicismo, che anche da queste violenze trae pretesto per emarginare la religione dalla vita sociale.

Come già nell’esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini del 30 settembre 2010 e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, Benedetto XVI ricorda anche nell’Angelus del 1° gennaio che «in questo anno 2011 ricorrerà il 25° anniversario della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace che il Venerabile Giovanni Paolo II convocò ad Assisi nel 1986». Ora il Papa annuncia che «per questo, nel prossimo mese di ottobre, mi recherò pellegrino nella città di san Francesco, invitando ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà, allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore e di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace. Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio. Vi invito ad accompagnare sin d’ora con la vostra preghiera questa iniziativa».

Nell’esortazione apostolica Verbum Domini e nel Messaggio, Benedetto XVI aveva inserito il ricordo del primo evento di Assisi in un contesto di corretta interpretazione della dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae del Concilio Ecumenico Vaticano II, intesa da una parte a evitare ogni tentazione di relativismo, dall’altra a rivendicare con forza di fronte alle prevaricazioni degli Stati moderni la libertà e il ruolo pubblico della religione. Anche quanto avvenne ad Assisi nel 1986 dev’essere evidentemente inteso e interpretato in modo corretto, secondo le linee guida che Benedetto XVI aveva già fornito in occasione del ventennale di quell’evento nella Lettera in occasione del XX anniversario dell’Incontro Interreligioso di Preghiera per la Pace indirizzata il 2 settembre 2006 al vescovo di Assisi. Dopo avere rilevato che «purtroppo questo sogno di pace non si è avverato (e) il terzo millennio si è anzi aperto con scenari di terrorismo e di violenza che non accennano a dissolversi», il Papa spiegava in quella lettera che «per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, e che, con una sua stessa espressione, si suole qualificare come “spirito di Assisi”, è importante non dimenticare l’attenzione che allora fu posta perché l’incontro interreligioso di preghiera non si prestasse ad interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica». «La convergenza dei diversi – scriveva allora Benedetto XVI – non deve dare l'impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla».

Di fronte a un momento internazionale segnato dalla tragica violenza del fondamentalismo, di cui i cristiani sono le prime e principali vittime, il Papa convoca nuovamente le grandi religioni a riconoscere quella legge naturale che, in quanto accessibile alla ragione, s’impone a ogni persona che sia credente o non credente, cattolica, musulmana o buddhista. Il riconoscimento della libertà religiosa come «libertà per la verità» – dunque non il relativismo, ma precisamente il suo contrario – è al centro di questo progetto.

Il dialogo interreligioso autentico è quello fondato su un comune riconoscimento della legge naturale, mentre il relativismo è solo una contraffazione di questo dialogo, che alimenta insieme laicismo e fondamentalismo. Infatti come afferma il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, «l’illusione di trovare nel relativismo [...] la chiave per una pacifica convivenza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani».