La guerra di successione dopo Ruth Bader Ginsburg
L’icona liberal nella Corte Suprema federale degli Stati Uniti d’America, il giudice Ruth Bader Ginsburg, è morta venerdì 18 settembre all’età di 87 anni. Ora si apre la lotta per la successione, proprio nel momento delicatissimo delle elezioni presidenziali. Il presidente Trump ha la possibilità di sostituirla con un conservatore? Quali sono le regole per la nomina e la riconferma?
L’icona liberal nella Corte Suprema federale degli Stati Uniti d’America, il giudice Ruth Bader Ginsburg, è morta venerdì 18 settembre all’età di 87 anni. Era stata nominata nel massimo tribunale del Paese dal presidente Bill Clinton nel 1993. Si riapre dunque il gioco dell’equilibrio politico-culturale interno a quell’assise, questione infatti tutt’altro che pacifica.
I giudici conservatori sono oggi cinque, Clarence Thomas, Samuel Alito, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e il presidente John Roberts, mentre solo tre quelli di sinistra, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan. Ma la realtà si è dimostrata molto meno netta. Controverse sono infatti state alcune prese di posizione di Gorsuch sul gender e ancora di più alcune decisioni del presidente Roberts. Probabilmente i giudizi più tranchant su quest’ultimo peccano di ingenerosità, perché le mancanze non cancellano mai i meriti, e la differenza fra errore e ostinazione ideologica è lampante (e del resto sulla difesa della vita il bilancio è positivo). Nondimeno la “questione Corte Suprema” resta un nervo scoperto che irrita il mondo conservatore soprattutto nella misura in cui, con l’arrivo di Donald J. Trump alla Casa Bianca e le conseguenti nomine di Gorsuch e di Kavanaugh, tutto, o quasi, era stato dato per risolto.
Ora però tutto si riapre, e inaspettatamente. La malattia che alla fine ha stroncato la Bader Ginsburg era nota, e l’epilogo nell’aria da tempo, ma nessuno ha mai supposto un timing tanto perfetto, e questo sposta i riflettori sulle elezioni presidenziali del 3 novembre.
Com’è noto, spetta alla Casa Bianca nominare i giudici (a vita, salvo eccezioni per malattia o incapacità) per la Corte Suprema. I giudici passano poi al vaglio di un’apposita commissione, il Senate Committee on the Judiciary, comunemente chiamato “Senate Judiciary Committee”, che, con audizioni e disamine, decide se inviare il candidato al voto finale dell’intero Senato con parere positivo, negativo o neutrale. L’orientamento della Casa Bianca e la composizione del Senato sono quindi vitali, perché se il “Senate Judiciary Committee” è bipartisan, ai 100 senatori della “Camera alta” del Congresso federale statunitense basta esprimersi a maggioranza.
Scegliendo Gorsuch e Kavanaugh rispettivamente nel 2017 e nel 2018 Trump diede una svolta decisiva alla Corte Suprema, ma tombale fu il voto del Senato, che confermò Gorsuch con 54 voti a 45 e Kavanaugh con 51 a 49. Certo, non è scontato che la maggioranza di un partito al Senato garantisca la conferma, ma evidentemente aiuta tantissimo e, alla mal parata, è una fenomenale base di partenza. Con Gorsuch e Kavanaugh lo fu: nel caso del primo, con addirittura tre senatori Democratici che si schierarono con i Repubblicani, il vantaggio Repubblicano si rivelò essere una base invincibile.
C’è un punto, però, a cui si appiglia la Sinistra. Nei casi Gorsuch e Kavanaugh il voto finale del Senato fu espresso a maggioranza semplice e non attraverso la “60 Rule”, che prevede una maggioranza qualificata dei tre quinti, appunto almeno 60 senatori su 100 totali. A decidere la modifica fu il presidente Repubblicano del Senato, Mitch McConnell, ma fu un’azione perfettamente legale: lo consente infatti il regolamento del Senato attraverso una mozione d’ordine utilizzata per mettere fine all’ostruzionismo parlamentare che altrimenti potrebbe bloccare il voto potenzialmente all’infinito. Negli Stati Uniti, dove amano i colori forti, è pittorescamente chiamata «opzione nucleare».
Il primo a utilizzarla fu nel 2013 l’allora presidente del Senato Harry Reid, Democratico, per il confronto su alcune nomine federali. Visti i margini ormai sempre risicati al Senato, se non si utilizzasse l’«opzione nucleare», virtualmente nessuna nomina di giurisdizione federale potrebbe essere presa, men che meno quelle riguardanti la Corte Suprema. Non sono tecnicismi, ma note importanti per rispondere a chi ancora si ostina a considerare fantasiosamente illegittima ogni mossa della Casa Bianca e qualsiasi azione della maggioranza che i Repubblicani fino a due anni fa avevano in tutto il Congresso e ora mantengono nel Senato, oliando la pratica con il saccheggio di città intere.
C’è del resto un altro punto su cui soffermarsi. Quando il giudice Antonin G. Scalia (1936-2016) morì, nel 2016, alla Casa Bianca c’era Barack Obama. Era anno di elezioni presidenziali. La maggioranza Repubblicana al Senato pretese che la nomina, così importante, di un giudice della Corte Suprema federale non potesse avvenire in quel frangente tanto delicato, soprattutto però perché Obama non avrebbe più potuto essere rieletto, avendo già svolto due mandati presidenziali, e quindi alla presidenza del Paese vi sarebbe stato inevitabilmente qualcun altro. Obama aveva nominato il liberal Merrick Garland. Il Senato a maggioranza Repubblicana congelò l’iter e rimandò tutto a dopo le elezioni dell’8 novembre. Trump le vinse, nominò Gorsuch e Gorsuch fu confermato dal Senato Repubblicano uscito dalle urne di quel medesimo 8 novembre.
Ora, il principio seguito da McConnell porta nientemeno che il nome di “Regola Biden”, giacché fu proprio l’ex vicepresidente di Obama e oggi candidato presidenziale Joe Biden a esporla in un discorso del giugno 1992 contro l’allora presidente George W. Bush. Giustamente gli esperti del Diritto statunitense fanno notare che in realtà è una non-regola. Non c’è una legge che la sostenga. Fu una trovata di Biden e McConnell l’ha utilizzata a proprio vantaggio.
I Democratici stanno adesso cercando di restituire pan per focaccia, impugnandola: primo fra tutti proprio Biden, con aria scandalizzata. Si sono evidentemente scordati di quando gridavano all’“attentato” perché a farlo erano i Repubblicani. Detto che potrebbe anche essere una misura di buon senso, se non verrà adottata non sarà violata alcuna legge né positiva né morale, anzi, visto che in ballo c’è anche il diritto alla vita.
Comunque sia, è importante che Trump e i Repubblicani vincano le elezioni del 3 novembre per Casa Bianca e Congresso. Così opereranno una successione importante, più importante che mai. Una successione che darà alla Corte Suprema un back up sicuro contro ogni rischio.