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TURCHIA

La guerra ai curdi fa bene solo al Califfo

L’offensiva turca non sta provocando grossi danni allo Stato Islamico se si esclude qualche raid poco più che simbolico contro alcuni check-point nei pressi del confine turco. Le vere vittime dei raid aerei e dei bombardamenti d’artiglieria sono le milizie curde, essenzialmente quelle turche del Pkk. 

Esteri 03_08_2015
Combattente curdo

Meglio mettere da parte, almeno per ora, ogni speranza che  l’ingresso della Turchia nella guerra allo Stato Islamico possa consentire di cacciare i jihadisti da molte regioni della Siria. L’offensiva di Recep Tayyp Erdogan, favorita (o suggerita) da Washington e sostenuta dagli alleati della Nato, non sta provocando grossi danni allo Stato Islamico se si esclude qualche raid poco più che simbolico contro alcuni check-point ne pressi del confine turco.

Le vere vittime dei raid aerei e dei bombardamenti d’artiglieria sono le milizie curde, essenzialmente quelle turche del Pkk (il Partito curdo dei Lavoratori) che hanno le loro basi in Iraq e hanno archiviato la tregua con Ankara in vigore dal 2013, ma anche i curdi siriani del Pyd alleati del Pkk e soprattutto acerrimi nemici dello Stato Islamico a cui hanno strappato ampi lembi di territorio lungo il confine turco (dopo aver difeso strenuamente Kobane) giungendo a poche decine di chilometri da Raqqa, capitale dello Stato Islamico.

Di fatto i turchi stanno colpendo gli avversari dell’Isis con il chiaro intento di scongiurare il rischio che dal collasso di Siria e Iraq possa nascere uno Stato curdo. Lo confermano indirettamente gli stessi bollettini di guerra di Ankara che sabato hanno riferito dell’eliminazione di 260 terroristi del Pkk e il ferimento di altri 400 in una settimana di incursioni aeree in territorio iracheno. Gli attacchi aerei più pesanti sono stati portati il 30 luglio, quando 80 aerei turchi hanno colpito un centinaio di obiettivi curdi. Il comando delle forze militari turche nega vi siano state vittime civili e in ogni caso ne attribuisce la responsabilità al Pkk che impiega la popolazione come “scudi umani” ma i media curdi parlano di molti morti innocenti (solo a Zargel, nella regione montagnosa di Qandil, sono stati documentati 8 morti e 12 feriti tra i civili) e il presidente curdo iracheno Massoud Barzani ha chiesto al PKK di ritirare i suoi combattenti dalla regione curda dell’Iraq per evitare altre vittime innocenti.

«Il PKK deve smettere di usare la regione come suo campo di battaglia al fine di evitare che i civili divengano vittime di questa guerra», recita un comunicato della presidenza curdo-irachena.. Le tensioni tra il Partito democratico curdo di Barzani e il Pkk di Abdullah Ocalan in Turchia non sono certo nuove. Negli Anni '90 le due organizzazioni si confrontarono in una sanguinosa guerra civile, conclusasi con un accordo che permise ai combattenti del Pkk, considerati terroristi dagli Usa e dalla Turchia, di mantenere le sue basi sul territorio curdo iracheno. Da quando l’Isis ha invaso il nord Iraq i miliziani marxisti del Pkk hanno affiancato le milizie curde di Siria e Iraq nella guerra ai jihadisti, ma l’intervento turco sta riuscendo a rompere l’unione tra le forze curde che finora ha rappresentato uno dei pochi baluardi contro il dilagare dell’Isis.

Anche se Usa e alleati potranno impiegare già dai prossimi giorni la base di Incirlik per le operazioni aeree contro lo Stato Islamico appare evidente che il vantaggio acquisito dalla Coalizione con la disponibilità di un aeroporto militare più vicino al territorio siriano non è paragonabile con il successo strategico incassato dagli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi grazie alla guerra dei turchi contro i curdi.

Del resto che a finire nel mirino dei jet di Ankara non siano solo i miliziani del Pkk, (che nel frattempo hanno intensificato attacchi e attentati che negli ultimi giorni hanno ucciso una dozzina di soldati e poliziotti turchi),  ma anche i combattenti siriani dell’Ypg (le Unità di protezione popolare, braccio armato del Pyd, il Partito democratico curdo di Siria) è confermato dallo stesso movimento curdo che ha accusato la Turchia di averli attaccati a più riprese con il pretesto di combattere i miliziani jihadisti. È una denuncia che i combattenti curdo-siriani avevano già formulato la settimana scorsa , di qui la richiesta alla Coalizione internazionale anti-Isis guidata dagli Usa di "chiarire" quali rapporti intenda intrattenere con Ankara alla luce di quello che definiscono un atteggiamento "provocatorio e ostile".

Fonti militari ad Ankara hanno fatto sapere in via riservata che i curdi-siriani non sono obiettivo dei raid aerei ma il progetto turco-statunitense di creare una zona cuscinetto nel nord della Siria ha l’obiettivo evidente di impedire il rafforzamento territoriale e militare dei curdi in territorio siriano. La zona cuscinetto consentirò ai turchi di riportare in territorio siriano almeno 2 milioni di profughi oggi ospitati in campi in Turchia e di realizzare il muro che dovrebbe proteggere il territorio turco dalle infiltrazioni terroristiche dalla Siria voluto da Erdogan che dal 2011 non ha certo lesinato gli aiuti a tutti i movimenti jihadisti (Isis, qaedisti, salafiti e Fratelli Musulmani) che combattono Assad. Di fatto tutte le iniziative assunte dai turchi con l’appoggio (o il condizionamento) degli Usa favoriranno l’Isis e i movimenti jihadisti che combattono il regime di Bashar Assad riuniti nell’alleanza “Esercito della Conquista” che include anche le milizie di al-Qaeda ed è appoggiato da sauditi, qatarini e turchi.

Non è un caso che proprio in concomitanza con i raid turchi contro i curdi sono ripresi gli scontri tra Aleppo e il confine turco tra miliziani qaedisti e i combattenti “moderati” addestrati dagli Stati Uniti in Turchia dei quali almeno 10 sono stati uccisi e decine catturati. Una ulteriore conferma che in Siria l’unica alternativa al regime di Assad è il medioevo della sharia. Un obiettivo condiviso da molti membri della Coalizione e, guarda caso, anche dall’Isis.