La domenica libera fa bene a tutta la società
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A Bolzano differenti realtà confessionali e sindacali si uniscono per difendere l'importanza del riposo festivo, troppo spesso ridotto a un giorno lavorativo qualsiasi, finendo per «minare le opportunità di relazione, quelle sociali e religiose», come ha detto più volte il vescovo mons. Ivo Muser. Ne parla alla Bussola Martin Pezzei, direttore dell’Ufficio per il Dialogo della diocesi di Bolzano-Bressanone.
Dalle province autonome potrebbe ripartire il recupero del riposo festivo, travolto dalle aperture no-stop e più ancora da una mentalità che sempre più spesso «riduce la domenica a un giorno feriale», come constatava tre anni fa il vescovo di Bolzano, mons. Ivo Muser, evidenziando che «sottomettere tutto il tempo al profitto e al consumo significa minare le opportunità di relazione, quelle sociali e religiose». Un tema che mons. Muser ha sollevato ripetutamente nel corso degli anni e proprio a Bolzano è sorta l’Alleanza per la domenica libera dal lavoro (Allianz für den freien Sonntag), che insieme alla diocesi raduna varie realtà «perché la domenica sia difesa come giorno nel quale si curano i contatti familiari e sociali, si osservano le pratiche religiose e trovano posto attività culturali e di altro genere». Le ragioni espresse sono molteplici: dalla tutela della salute dell’individuo dalla crescente pressione lavorativa e dai ritmi di vita sempre più frenetici, alla cura delle relazioni sociali e familiari. I promotori sottolineano la necessità di un «giorno libero collettivo» che «deve essere la domenica». Ne parla a La Bussola Martin Pezzei, direttore dell’Ufficio per il Dialogo della diocesi di Bolzano-Bressanone.
Dottor Pezzei, come e quando nasce l’Alleanza per la domenica libera?
Faccio una premessa storica: il 3 marzo del 321 imperatore Costantino emise un editto imperiale che introdusse la prima norma pubblica per consentire il riposo domenicale. Ecco perché nella nostra diocesi di Bolzano-Bressanone, nella stessa data, il 3 marzo 2009, è nata l’Alleanza per la domenica libera. È costituita dalla diocesi, dalla consulta delle aggregazioni laicali, da esponenti di altre confessioni, e anche dalle 4 organizzazioni sindacali presenti sul territorio. All’epoca l’Unione Commercio Turismo Servizi era presente come osservatore, diventandone poi membro a pieno titolo dieci anni dopo. Può apparire una composizione un po’ eterogenea, ciascuno con la sua ottica – prevalentemente religiosa per alcuni, più incentrata sul benessere dei dipendenti o dei datori di lavoro per altri – ma tutti con lo sguardo rivolto nella stessa direzione.
In fondo il riposo festivo riguarda un principio di diritto naturale, oltre alla dimensione religiosa…
Noi miriamo al bene della persona e della società, e questo non contro qualcosa ma per qualcosa: per l’uomo, per le relazioni sociali, per la possibilità di vivere la propria fede. Nella nostra diocesi assistiamo a due fenomeni paralleli: da un lato vediamo aumentare il lavoro domenicale, dall’altro si va facendo strada la consapevolezza dell’importanza della domenica per la vita spirituale. Già undici anni fa il nostro vescovo, mons. Ivo Muser, in una lettera pastorale del 22 febraio 2012 scriveva: «Certamente la domenica è oggi minacciata dall’esterno, ma ancor più dall’interno. La domenica resterà solo se la sapremo celebrare, custodire e plasmare da cristiani». Questo secondo me è il cuore della questione: testimoniare col nostro atteggiamento, altrimenti le proteste servono a poco, come abbiamo imparato in tutti questi anni. Abbiamo fatto molto, ma poi basta guardare il parcheggio – strapieno! – davanti a un negozio aperto la domenica per capire che la sensibilizzazione non ha portato i frutti auspicati. Servono inoltre scelte concrete da parte della politica, abbiamo scritto ai nostri rappresentanti perché sostengano le proposte dell’Alleanza. La strada migliore sarebbe che lo Stato delegasse alle province la competenza per la regolamentazione degli orari di apertura. E il nostro status di autonomia lo favorirebbe. Poi bisognerà vedere se i politici manterranno la parola…
Si riferisce ai politici locali o anche al governo?
Abbiamo interagito con i politici locali, ma il presidente Meloni ha citato la possibilità di ripristinare gli standard di autonomia del 1992, che includerebbero anche la regolamentazione sulle aperture domenicali. E sarà interessante valutarne poi le conseguenze a livello nazionale.
Mi sembra importante sottolineare la domenica e non 24 ore a caso (che determinerebbero, per esempio, giorni liberi differenti in una famiglia o tra amici). Qual è il “valore aggiunto” di un giorno di riposo condiviso?
Come dicevo all’inizio, noi puntiamo non solo al benessere del singolo ma anche della società. Di qui l’importanza di un giorno comune libero per tutti. Salvi i servizi essenziali, per esempio relativi alla salute, non è necessario compiere determinati lavori di domenica. Credo che possiamo dar da mangiare ai nostri figli anche se la domenica i negozi sono chiusi. E non si toglie loro un guadagno. La liberalizzazione del 2012 con il decreto “Salva Italia” aveva l’intenzione di rilanciare l’economia e l’occupazione. Ma, per fare un esempio, un euro resta sempre un euro, non lo si può spendere due volte. Non c’è stato dunque un aumento, ma solo uno spostamento: l’euro che spendevo di venerdì ora lo spendo di domenica, mentre il lunedì è diventato il giorno in cui si guadagna di meno.
Infine, tornando alla dimensione spirituale, è un’esigenza avvertita anche dalle altre confessioni cristiane.
Nell’Alleanza sono presenti anche le comunità evangelica luterana di Bolzano e quella rumena ortodossa. È un impegno ecumenico perché il valore della domenica non è solo un tema cattolico, ma appartiene a tutti i cristiani.