La corsa al vaccino è politica e blocca la ricerca scientifica
L’efficacia delle terapie anti-Covid cresce ed è evidente subito, mentre la protezione offerta dal vaccino è tutta da verificare. Perché a fronte dei successi terapeutici si continua a puntare tutto su quest'ultima? Inoltre la partita sta assorbendo la quasi totalità delle risorse per la ricerca di rimedi ad altre malattie che da anni mietono milioni di morti. Come mai? La battaglia di Gates/Fauci vs Trump svela verità prima nascoste.
Ogni giorno che passa arrivano nuove ipotesi di vaccinazioni anti Covid, in quella che molti hanno chiamato la corsa al vaccino, ma che in realtà sembra essere diventata una partita a scacchi, con tanto di sofisticate strategie, fatte di mosse e contromosse.
Ricercatori britannici stanno per iniziare le sperimentazioni di vaccini in spray nasale contro il nuovo coronavirus. Far arrivare le dosi direttamente dal naso ai polmoni potrebbe dare una risposta immunitaria migliore rispetto alle metodiche tradizionali, spiegano i ricercatori. Un concetto peraltro già ben chiaro a chi - invece di sperimentare vaccini - sta sperimentando farmaci anti Covid sotto forma di nebulizzazione o aerosol, nello stesso modo in cui vengono somministrati i farmaci per l'asma. Con la differenza che un farmaco agisce su un paziente malato, guarendolo subito, mentre il vaccino andrebbe somministrato alle persone al fine di far loro sviluppare difese contro una possibile aggressione da parte del virus. L’efficacia del farmaco è evidente subito, mentre la protezione offerta dal vaccino è tutta da verificare e, al momento, non è nemmeno ipotizzabile per quanto tempo durerebbe tale protezione.
Fin dall’inizio dell’epidemia le possibili terapie nei confronti della malattia sono passate in secondo piano rispetto all’ipotesi vaccino, in modo assolutamente incomprensibili. L’idea che - parafrasando Heidegger- ormai solo un vaccino ci può salvare, è stata sostenuta perfino dal Vaticano nel documento "Humana Communitas" (quello dove non viene mai pronunciata la parola Gesù Cristo) che dice: “In assenza di un vaccino, non possiamo contare sulla capacità di sconfiggere permanentemente il virus che ha causato la pandemia, a eccezione di un esaurimento spontaneo della forza patologica della malattia”. A parte il fatto che proprio quest’ultima è la vera soluzione del problema, e la più probabile, anche per la Pontificia Accademia per la Vita non è possibile pensare di sconfiggere il virus se non con un vaccino.
Ma perché? Anche a fronte dei successi terapeutici di molti farmaci, si continua a puntare tutto sulla vaccinazione, una pratica medica che può presentare anche dei rischi. Non per niente negli scorsi giorni c’è stato un primo stop nella ricerca inglese del vaccino ad opera di AstraZeneca, per una grave reazione avversa verificatasi in uno dei volontari che si erano sottoposti al vaccino. I test clinici, dopo qualche giorno di fermo, e dopo che a seguito dell'annuncio della sospensione il titolo dell’azienda era calato del 6% a Wall Street nelle contrattazioni stop, sono ora ripresi. Le perplessità tuttavia rimangono.
Mentre Oxford fermava temporaneamente i trials, nella vicina Londra l’Imperial College annunciava dunque l’avanzamento degli studi sul vaccino spray. Come ha spiegato Robin Shattock, responsabile della ricerca sul vaccino del centro di ricerca londinese, "gruppi in tutto il mondo stanno attualmente lavorando a sperimentazioni cliniche sui vaccini Covid-19. E ci diranno se questi candidati possono produrre una risposta immunitaria sistemica contro il virus. Può darsi che un gruppo abbia il vaccino giusto, ma il metodo di somministrazione sbagliato. E solo studi come il nostro potranno dircelo".
Insomma, mentre le anime belle del Vaticano immaginano una corsa virtuosa a salvare l’umanità, a partire dai più poveri, attraverso il vaccino, dietro l’immane sforzo di arrivare primi a mettere in commercio il prodotto sembra di intravedere concorrenze spietate con poco nobili e umanitarie motivazioni.
La partita delle vaccinazioni è anche e soprattutto politica. Lo si è capito immediatamente allorquando Putin ha annunciato che la Russia è in avanzata fase di realizzazione del suo vaccino, il mitico Sputnik. La notizia è stata accolta il mese scorso con diffidenza se non con ostilità dai media e da parte della comunità scientifica internazionale, con dure obiezioni degne dei tanto vituperati no-vax. Il vaccino va bene, ma non deve essere quello di Putin, e tantomeno quello di Trump. L’opposizione intransigente contro il presidente americano ha portato il noto scienziato Anthony Fauci, guru della Sinistra internazionale, ad un inaspettata frenata sulle vaccinazioni. Dopo che Trump aveva chiesto ai ricercatori e all’industria americana di arrivare alla produzione del vaccino entro la fine di ottobre (e quindi in tempo per le elezioni di novembre) un vaccinista convinto come Fauci ha improvvisamente gettato acqua sul fuoco. Il super esperto ha dichiarato che è improbabile che un vaccino sia pronto entro la fine dell'anno e ha messo in guardia "dal lanciare in maniera frettolosa un vaccino anti-coronavirus prima di poterne dimostrare la sicurezza ed efficacia".
Complimenti professore. C’è chi lo sostiene da mesi. Forse la mossa del presidente, che potrebbe aumentare le sue possibilità di essere rieletto nelle presidenziali, lo ha portato a ripensare la sua strategia. Parlando all'agenzia di stampa Reuters, Fauci ha anche affermato che ciò potrebbe danneggiare lo sviluppo di altri vaccini. "Uno dei potenziali pericoli se si produce prematuramente un vaccino è che renderebbe difficile, se non impossibile, per gli altri vaccini coinvolgere persone nella loro sperimentazione", sostiene il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases. "Secondo me, è assolutamente fondamentale che si dimostri in maniera certa che un vaccino è sicuro ed efficace", ha aggiunto.
Come non condividere queste preoccupate riflessioni? Peccato che vengano fatte solo ora, mentre la macchina delle sperimentazioni vaccinali è lanciatissima, senza alcuna prudenza. Le parole di Fauci contengono peraltro un altro elemento che è tutto da sottolineare: la partita del vaccino anti-Covid sta assorbendo la quasi totalità delle risorse economiche e umane per la ricerca. E le altre malattie, che da anni mietono milioni di morti, in numero di gran lunga superiore al Covid, passano in secondo piano. A chi obiettava negli scorsi mesi che per realizzare un vaccino occorrono anni, non mesi, è stato risposto con arroganza che oggi i mezzi investiti per questa corsa al vaccino sono di gran lunga superiori a quelli investiti per ogni altra malattia. Un’affermazione sconcertante, soprattutto pensando ai tanti morti che ancora oggi ci sono per malattie che da decenni provocano tante vittime, dalla Tubercolosi alla Malaria all’Epatite C.
Ma prima di tutto oggi c’è il Covid, la grande epidemia/rappresentazione mediatica che deve concludersi teatralmente con l’arrivo in scena del vaccino. E la tempistica verrà decisa dalla regia: proprio oggi Bill Gates ha criticato anche lui il presidente Trump per la sua intemerata, dicendo che il vaccino per il quale la sua Fondazione si sta tanto impegnando arriverà solo nel 2022 e che prima dovremo attraversare tempi duri e difficili, ma alla fine arriverà il Grande Liberatore tanto atteso.