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SINODO

La Chiesa tedesca in cammino verso il nulla

Domenica è iniziato il Sinodo, pardon "Il cammino sinodale", della Chiesa tedesca: durerà due anni e i temi ormai sono noti. Ma è interessante soprattutto capire il perché di questo lungo cammino: scopo del Sinodo è lo stesso processo sinodale, è il principio della rivoluzione. L'esito? Il nulla, in cui la Chiesa tedesca è già immersa.

Editoriali 05_12_2019

Domenica 1 dicembre, primo giorno di Avvento nel calendario liturgico romano, la Chiesa tedesca ha ufficialmente aperto le danze del proprio Sinodo, che la terrà impegnata per ben due anni.

Nella lettera di apertura del Sinodo, firmata dal Presidente della Conferenza Episcopale (DBK), il cardinal Reinhard Marx, e dal Presidente del Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi (ZDK), il prof. Thomas Sternberg, vengono confermate le quattro tematiche calde che saranno dibattute: «il potere e la separazione dei poteri nella Chiesa, la cooperazione e la sessualità, la vita sacerdotale e il ruolo delle donne nella nostra Chiesa».

Già nell’Assemblea plenaria del settembre 2018, la Conferenza Episcopale Tedesca aveva dichiarato di voler discutere «le sfide specifiche della Chiesa cattolica, come il problema del celibato sacerdotale e i vari aspetti della morale sessuale cattolica in una sincera discussione con la partecipazione di esperti di diverse discipline». Questa enfasi sul problema sessuale venne motivata dal risultato del report commissionato dalla DBK, nel quale emergevano almeno 3677 casi di abusi su minori, commessi nell’arco di tempo che va dal 1946 al 2014, con il coinvolgimento di 1670 sacerdoti. Dunque si prospettava già in qualche modo una perniciosa correlazione tra abusi, morale sessuale e celibato, da cui la “necessità” di provocare cambiamenti in questi ambiti.

Poi nel marzo di quest’anno, la DBK, radunatasi a Lingen, aveva ufficialmente lanciato il Sinodo, che, durante la conferenza stampa, il cardinal Marx aveva dichiarato essere un «percorso vincolante come Chiesa in Germania», affermazione che provocò dei sussulti a Roma (vedi qui), ma che compare ancora oggi, candida candida, nel sito del Sinodo, senza neppure menzionare la lettera del Cardinal Oullet, né la valutazione di mons. Iannone, il quale precisava appunto che i temi in questione «non possono essere oggetto di deliberazioni o decisioni di una Chiesa particolare». C’è stato un disguido con le poste?

Fatto sta che le raccomandazioni di Roma non sembrano preoccupare molto gli organizzatori del Sinodo. Le dichiarazioni del cardinale Marx a Lingen, riportate proprio sulla pagina di presentazione del sito, lasciano capire abbastanza chiaramente quale piega prenderà il Sinodo; in merito al celibato, infatti, il Presidente della DBK, fa presente che «la vita dei vescovi e dei sacerdoti richiede cambiamenti a testimonianza della libertà interiore che proviene dalla fede e dell'orientamento all’esempio di Gesù Cristo. Apprezziamo il celibato come espressione del legame religioso con Dio. Scopriremo fino a che punto esso deve far parte della testimonianza del sacerdote nella nostra Chiesa».

Attendiamo l’esito della scoperta, visto che, secondo Marx, sembra che la Chiesa non si sia mai pronunciata sull’argomento. E non solo sul celibato: «La teologia e le scienze umane non hanno ancora fornito alla morale sessuale della Chiesa delle informazioni decisive. Il significato della sessualità per la persona non ha ricevuto sufficiente attenzione. Il risultato è che l'educazione sessuale non dà nessun orientamento alla stragrande maggioranza dei battezzati. Essa occupa un'esistenza di nicchia. Noi percepiamo quante volte abbiamo difficoltà a parlare di questioni relative al comportamento sessuale di oggi». Niente informazioni decisive, poca attenzione al significato della sessualità, nessun orientamento: ma dove è stato Marx in tutti questi anni? Sulla Luna, privo di ogni connessione con il pianeta Terra?

E’ un Sinodo che si pone dunque come «un nuovo inizio», secondo l’espressione della lettera del duo Marx – Sternberg, come l’avvio di un nuovo processo che conduce ad una maggiore «libertà interiore», anche se, a ben vedere, più che ad avviare processi, la Chiesa tedesca sembra interessata a mantenerli incessantemente attivi.

Nella lettera menzionata, non compare mai la parola Sinodo, mentre incontriamo più volte l’espressione “Cammino sinodale”, al punto che Marx e Sternberg si firmano come «Presidenti del Cammino sinodale»: la coordinata temporale viene sostantivata, mentre il Sinodo viene declassato a funzione aggettivale. Il risultato è che è proprio il cammino a diventare centrale, l’atto di camminare insieme, al punto che dilatare il tempo di questo cammino diventa fondamentale: due anni di incontri, forum, discussioni; manco fosse una costituente.

Questo Sinodo locale si pone così chiaramente come cinghia di trasmissione tra altri due Sinodi: quello amazzonico da poco conclusosi, del quale recupera i temi cruciali, e quello che è stato ventilato da papa Francesco (vedi qui), che metterà a tema la sinodalità. Lo hanno affermato i due Presidenti del Cammino sinodale, senza troppi giri di parole: «Papa Francesco ci invita a diventare una Chiesa sinodale, a camminare insieme. Questo è lo scopo del Cammino sinodale della Chiesa in Germania». Lo scopo del Sinodo è lo stesso processo sinodale.

A che pro? Vi domanderete. La risposta si trova nella comprensione della “meccanica della rivoluzione”, per richiamare il celebre – e fondamentale – testo di Augustin Cochin. L’avvio di ogni rivoluzione, il primo passo necessario di ogni sovversione è molto semplice: iniziare a discutere su tutto, insinuare il dubbio su ciò che si concepisce come certo, sottolineare l’importanza del confronto, dell’apertura mentale su questioni che hanno già una risposta vera, sfumare i confini tra il bene e il male, il vero e il falso, il normale e l’anormale. Si capisce dunque che il processo è la vita della rivoluzione ed è l’essenza della concezione dialettica della realtà.

Cosa c’è all’orizzonte di questo processo? Basta vedere com’è messa la Chiesa tedesca: il nulla ovunque; ma non mancano i philosophes, che come dei prestigiatori, fanno credere che l’ideale sia una più grande libertà, una libertà talmente grande da non lasciare più nulla accanto a sé.

(Ha collaborato Maria Stolz)