La Chiesa riparte da Cristo per ritrovare l'uomo
Si ritroveranno tutti sotto la grande immagine del Cristo al centro del mosaico del Battistero di San Giovanni, dopo aver percorso le vie di Firenze in quattro processioni. Così, con una manifestazione di fede popolare, parte oggi il 5° Convegno Ecclesiale nazionale “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.
Si ritroveranno tutti sotto la grande immagine del Cristo al centro del mosaico del Battistero di San Giovanni, dopo aver percorso le vie di Firenze in quattro processioni che partono oggi alle 15:30 dalle basiliche di Santa Croce, Santa Maria Novella, Santo Spirito e la Santissima Annunziata. Così, con una manifestazione di fede popolare, parte il 5° Convegno Ecclesiale nazionale, il convegno della Chiesa italiana nell’era di Papa Francesco. Le cinque “vie” che faranno da traccia ai lavori sono cinque parole molto “francescane”, cioè: uscire, abitare, educare e trasfigurare.
Come ha scritto l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, presidente del Comitato preparatorio, «i giorni di Firenze saranno quelli in cui definire i percorsi del necessario rinnovamento della presenza della Chiesa in Italia», per ritrovare «l’entusiasmo della missione, a servizio della nostra gente». Il titolo del Convegno, “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, indica che le giornate di Firenze cercheranno di ridare splendore al tesoro della fede, vale a dire che l’uomo è veramente e pienamente tale solo «in Gesù Cristo». Una soluzione disattesa in un’Italia sempre meno cristiana e sempre più sfilacciata tra crisi economiche e politiche, sociali e culturali. «Tutto sembra liquefarsi in un “brodo” di equivalenze», si legge nella Traccia del convegno. «Nessun criterio condiviso, per orientare le scelte pubbliche e private, sembra resistere e tutto si riduce all’arbitrio e alle contingenze».
Tornano alla memoria le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, nella prolusione dello scorso gennaio. «Di quale uomo si sta oggi parlando? (…). La persona, anziché in relazione con gli altri, è concepita come individuo sciolto da legami etici e sociali, perché l’unica cosa che conta diventa la libertà individuale assoluta». L’analisi, in effetti, corre come un filo rosso attraverso tutti e cinque i convegni ecclesiali italiani, dal primo del 1976, a Roma, poi Loreto, Palermo e Verona nel 2006. È un filo rosso, perché è questo il male dell’uomo ormai post-moderno, una certa idolatria della libertà. San Giovanni Paolo II nel discorso al convegno di Loreto nel 1985 citava le conseguenze antropologiche di questa idolatria. Parlava di «tendenze negative», e ne faceva un elenco: «dalla crisi dell’istituto familiare, con l’aumento delle separazioni e dei divorzi, oltre che delle pratiche abortive, e con la connessa diminuzione dei matrimoni religiosi, ai problemi derivanti dalla presente fase nel processo di trasformazione sociale, anche per l’introdursi di nuove tecnologie nel campo dell’informazione, della comunicazione e della produzione, alle difficoltà soprattutto per i giovani e le donne di trovare un lavoro». Analisi che, purtroppo, sembra scritta per l’oggi.
Il rischio da evitare per Firenze 2015 è la «convegnite», così come l’ha definita il Segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, riferendosi a quel parlarsi addosso un po’ troppo “accademico” e lontano dalla realtà. Il problema dell’uomo ormai richiede un’azione concreta e appassionata, non più risolvibile semplicemente con relazioni e documenti, sebbene nemmeno la cultura possa essere abbandonata in un eccesso iconoclasta. Martedì interverrà papa Francesco che darà il ritmo al convegno, mercoledì sarà la giornata di lavori nei gruppi per approfondire le cinque “vie” del dibattito. Questi ci sembrano essere i momenti di maggior rilievo per i lavori che si concluderanno venerdì attraverso le proposte e le prospettive finali presentate dal cardinale Bagnasco. Lo stesso Galantino indica che, oggi, la gente ha bisogno di «ritrovarsi, discernere e dialogare», l’importante è che questo dialogo non sia quello che papa Francesco ha definito «dialogo-teatro», una «verniciatura» di confronto che alla fine non porta da nessuna parte. E’ solo su un dialogo autentico che si può costruire un rinnovato slancio missionario.
Cinque giorni di confronto e preghiera si aprono oggi a Firenze per un nuovo umanesimo. La sfida è importante, e come diceva il cardinale Giacomo Biffi non dobbiamo dimenticare che «una missione ecclesiale che non nascesse dalla convinzione di avere da offrire una verità a chi ancora non la possiede, sarebbe una deprecabile iniziativa ideologica».