La Chiesa in Germania collassa e la cura è peggiore del male
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Le defezioni tra i fedeli teutonici raggiungono picchi allarmanti, ma lo è ancor di più il rimedio proposto dei vertici cattolici locali: sinodalità. Una terapia di cui proprio quei dati mostrano il fallimento e che pare fatta apposta per uccidere il "paziente".
Se c’è un aspetto positivo dell’iper-burocratizzazione della Chiesa in Germania e della odiata kirchensteuer (la tassa sulle religioni) è il fatto che ogni anno si riescono ad avere con precisione e tempestività i dati del declino numerico, con moto accelerato uniforme, del cattolicesimo tedesco.
La Conferenza Episcopale Tedesca (DBK), il 28 giugno scorso, ha reso disponibili i dati statistici relativi all’anno 2022, dati che non lasciano scampo: se la tendenza dovesse continuare, nel giro di quarant’anni la Chiesa cattolica in Germania non esisterà più. Il dato che più colpisce è l’aumento vertiginoso di persone che hanno lasciato la Chiesa: 522.821. Ad essere precisi, si tratta di persone che hanno deciso di non pagare di più la kirchensteuer, la tassa da versare per sostenere la chiesa di appartenenza, che corrisponde a circa il 9% dei contributi versati. Si tratta di una percentuale aggiuntiva e non di una quota delle imposte che viene destinata alle confessioni religiose, come nel caso dell’8xmille italiano. In sostanza, una persona che dovesse versare un’imposta pari a 3.000 euro, se ne troverebbe quasi altre 300 in aggiunta.
La precisazione è importante, perché alcune delle persone che hanno richiesto la cancellazione dei loro nomi dall’appartenenza alla Chiesa cattolica, lo hanno fatto non per questioni di rifiuto della fede, ma per non contribuire con il proprio denaro a progetti ed iniziative pastorali che tradiscono la fede stessa. Sarebbe interessare comprende quante delle defezioni – certamente una minima parte – appartengono a questa categoria.
In ogni caso se il dato del 2021 era già chiaramente preoccupante, con circa 360 mila defezioni (150 mila in più rispetto al 2020), l’oltre mezzo milione dell’anno scorso costituisce un tragico aumento del 44%: in un solo anno la Chiesa cattolica in Germania ha perso il 2,4% dei propri fedeli, arrivando ora a meno di 21 milioni di fedeli. Questa diminuzione di fedeli, nel rigido sistema tedesco corrisponde anche ad una perdita di denaro: circa 180 milioni di euro mancanti nelle casse della Chiesa cattolica in Germania. Un trend analogo aveva riguardato anche la Chiesa in Austria – anch’essa caratterizzata da una tassa analoga, la kirchenbeitrag ‒, dove nel 2022 hanno lasciato oltre 90 mila persone, rispetto alle 72 mila dell’anno precedente e alle quasi 59 mila del 2020.
Ad essere altrettanto sconsolante è il dato relativo alla partecipazione alla Messa: solo il 5,7% di coloro che risultano “iscritti” alla Chiesa cattolica partecipa alla Messa ‒ unica eccezione a due cifre è la piccola diocesi di Görlitz, con il 13, 1% ‒, sebbene non venga precisato con quale frequenza. Un dato in crescita rispetto al 2021 (4,3%) e più o meno in linea con il 2020 (il lieve incremento riguarda anche battesimi, prime Comunioni e matrimoni); ma occorre considerare che il biennio 2020-2021 è stato contrassegnato dalla pandemia. Se infatti si prende come riferimento l’anno antecedente alla crisi, troviamo che partecipano alla Messa solo una persona su due rispetto ai già pochi che frequentavano nel 2019: 2 milioni di persone nel 2019, 1 milione e 186 mila nel 2022. Il crollo si verifica anche nelle ordinazioni sacerdotali: solo 33 ordinazioni per le 28 diocesi presenti in Germania ‒ poco più di un sacerdote per diocesi ‒, ai quali vanno aggiunti 12 sacerdoti appartenenti ad Ordini religiosi: 45 in totale a fronte dei 65 del 2021; il 30% in meno.
Se questi dati sono davvero drammatici, le spiegazioni fornite da “quelli che contano” nella Chiesa in Germania lo sono ancora di più. La dott.sa Irme Stetter-Karp, Presidente del potentissimo Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), ha così commentato: «La Chiesa si è giocata la fiducia, soprattutto a causa dello scandalo degli abusi. Ma attualmente non sta nemmeno mostrando sufficiente determinazione nell’implementare le visioni per un futuro dell'essere cristiani nella Chiesa».
Che cosa significhi nel concreto, la Stetter-Karp lo esplicita poco dopo: «Anche tre anni di Cammino sinodale non possono invertire questa tendenza se ora manca l'attuazione operativa», ha proseguito Stetter-Karp, che non ha perso l’occasione per polemizzare sia con la Santa Sede che con i quattro vescovi tedeschi che hanno posto il loro veto per il finanziamento del Consiglio sinodale permanente: «La crisi evidente spinge al cambiamento. Abbiamo urgentemente bisogno di riforme nella Chiesa. È vergognoso che ora dobbiamo lottare all’interno della Chiesa per garantire che le cose vadano avanti». Vocazione al suicidio.
La logica delle affermazioni non è proprio ferrea: se le speranze del popolo tedesco fossero poste nell’abolizione del celibato, nell’ordinazione femminile, nello sdoganamento dell’omosessualità, nel congelamento della potestà episcopale a vantaggio dell’ennesimo organo burocratico, e in tutte le altre amenità promosse dal Synodaler Weg, avremmo dovuto constatare almeno un effetto galvanizzante durante gli anni delle promesse sinodali, un segnale di inversione di rotta o almeno di contenimento del crollo. I risultati dimostrano invece un’accelerazione costante nella caduta verso il baratro e le dichiarazioni della Stetter-Karp un accecamento ideologico sempre più profondo.
Accecamento da cui non scampa il Presidente della DBK, il vescovo di Limburg, mons. Georg Bätzing: «Ci siamo posti importanti questioni e sviluppi nel Cammino Sinodale. Abbiamo per lo più trovato risposte e vogliamo promuovere il cambiamento. Mi impegno in questo senso e assumo volentieri questa responsabilità per la diocesi di Limburg». I due presidenti del Cammino sinodale non vengono neppure sfiorati dall’idea che forse le persone siano state fatte per Dio, che abbiano sete e bisogno di Lui, e non delle “geniali” manovre del Politburo ecclesiastico; che si sentano asfissiate e nauseate dalle posticce “liturgie” che vanno in scena nelle chiese; che non si sconfigge la montante secolarizzazione, secolarizzando ancora di più la Chiesa.
Guai poi a considerare che forse la tassa ecclesiale sia un ricatto al quale pochi cristiani sono ancora disposti ad assoggettarsi; non è difficile pensare che la scomunica di fatto di quanti non pagano la cospicua tassa – fedeli privati dei sacramenti e dei funerali! –, sia una ritorsione che sempre meno persone sono disposte a sopportare, soprattutto di fronte ad una gerarchia che non ha brillato di trasparenza nella gestione degli abusi, salvo poi cercare di distogliere sgraditi sguardi indagatori dalla propria irresponsabilità, per orientarli verso le “riforme strutturali” strombazzate dal Cammino sinodale.
Tra qualche anno, quando la cura scientificamente perfetta di questi pastori e responsabili del cattolicesimo tedesco darà l’inevitabile e splendido risultato dell’estinzione della Chiesa in Germania, affermeranno trionfanti: «L’intervento è riuscito: il paziente è deceduto».
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