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CAPRO ESPIATORIO

La California brucia, ma non è colpa del riscaldamento globale

Gli Usa si ritirano dall’accordo sul clima di Parigi. E gli ecologisti di tutto il mondo puntano il dito contro Trump, con una domanda provocatoria: “E la California?”. Già, guardiamo cosa succede in California, divorata dagli incendi. La colpa non è il riscaldamento globale, bensì la malagestione locale, ispirata a un'ideologia verde.

Creato 06_11_2019
California, pompiere in azione contro un incendio

Gli Usa si ritirano dall’accordo internazionale sul clima di Parigi. E gli ecologisti di tutto il pianeta puntano il dito contro Trump, con una domanda provocatoria: “E la California?”

La California brucia, dalla fine di ottobre. E per evitare ulteriori focolari accidentali, le compagnie elettriche locali hanno deciso di togliere la corrente a contee intere, lasciando al buio circa 3 milioni di persone, aggiungendo danni (umani) ai danni (naturali). La California brucia “a causa del riscaldamento globale”, dicono le star di Hollywood come Leonardo Di Caprio e i politici dell’opposizione come Alexandria Ocasio Cortez, maggior sponsor del Green New Deal. I media paiono unanimi nel condannare il riscaldamento globale quale colpevole del grande rogo. E, come nel caso del Brasile, il “piromane” è il presidente conservatore. Nel Brasile, Bolsonaro era sotto accusa per le politiche di parziale liberalizzazione dello sfruttamento dei terreni amazzonici. E come abbiamo visto, si trattava di accuse quasi completamente infondate. Nel caso di Trump, la responsabilità che gli viene attribuita è puramente teorica: il presidente (forse) non crede nella teoria del cambiamento climatico antropico (causato da attività umana), dunque si ritira dall'accordo di Parigi, quindi non fa abbastanza per combattere il riscaldamento globale, di conseguenza è responsabile dell’aumento degli incendi in California. Questo è il filo del ragionamento, difficile da seguire, che imputa a Trump gli ultimi incendi.

Prima di tutto, però, anche senza mettere in discussione la teoria del riscaldamento globale e della sua origine umana, si deve dimostrare l’eventuale correlazione fra riscaldamento globale e incendi. E questa correlazione, a quanto risulta, non c’è, quantomeno non è dimostrata. La rivista Forbes ha intervistato ieri Jon Keeley, scienziato dell’Osservatorio geologico statunitense, che ha condotto ricerche per 40 anni sugli incendi nella California. “Quasi certamente non sono causati dal riscaldamento globale – ha risposto Keeley al suo intervistatore – Abbiamo cercato nella storia del cambiamento climatico e in quella degli incendi in tutto lo Stato (della California, ndr) e non vediamo alcuna correlazione fra i climi precedenti e l’estensione dell’area bruciata in ogni singolo anno”. L’anno scorso Keeley ha pubblicato uno studio sulle cause degli incendi californiani. Tutte le cause naturali sono in declino, mentre le uniche in aumento sono quelle umane. “Sin dall’anno 2000 – dice Keeley – mezzo milione di acri sono bruciati a causa di incendi innescati dalle linee elettriche ad alta tensione, cinque volte tanto quel che si era visto negli ultimi 20 anni. Alcuni potrebbero dire che (gli incendi, ndr) ‘sono associati al cambiamento climatico’. Ma non c’è alcuna correlazione fra il cambiamento climatico e questi incendi". La causa, dunque, è molto più facilmente rintracciabile: “Se riconosci che il 100% di questi incendi sono causati dall’uomo, e aggiungi altre 6 milioni di persone dal 2000, hai una buona spiegazione del perché ci siano sempre più incendi”. Keeley conclude parlando esplicitamente cattiva gestione locale. "Non so se la vuole chiamare 'malagestione', ma l'hanno gestita in un modo che ha peggiorato il problema degli incendi".

In un editoriale, il quotidiano conservatore New York Post si scaglia contro le autorità californiane I californiani si sono creati da soli la loro attuale apocalisse, si intitola. “Perché – si chiede il comitato editoriale del giornale – nell’ultimo decennio abbiamo avuto 10 degli ultimi 20 incendi più grandi e letali nello Stato? Perché le sue foreste ora sono il doppio e sono più dense di quel che erano 150 anni fa, quando la popolazione era solo una frazione di quella attuale. Oltre a questa innaturale densità di foreste, i regolamenti statali e federali rendono praticamente impossibile (e pazzescamente costoso) anche solo toccare questa preziosa crescita eccessiva”.

Rich Lowry, direttore della National Review, rivista-simbolo dei conservatori americani, fa presente che l’allora governatore Democratico Jerry Brown nel 2016 pose il veto a un regolamento che prevedeva il taglio degli alberi a ridosso delle linee elettriche. “La California – scrive Lowry – ha una decennale avversione per l’abbattimento degli alberi. I leader locali hanno a lungo mostrato di pensare che abbattere un albero sia come offendere la natura, anche quando ciò consente di recare un beneficio alle foreste stesse. Si è consentito alla biomassa di crescere di volume e questa è diventata la miccia di incendi catastrofici”.

Le compagnie elettriche locali hanno dovuto ricorrere all’interruzione del servizio per evitare nuovi incendi. Perché gli alberi sono troppo vicini alle linee, prima di tutto. E anche perché, con tutto quel che hanno dovuto spendere per ubbidire alle direttive politiche californiane (50% di fonti energetiche rinnovabili entro il 2025), non avevano più capitali sufficienti da investire nella messa in sicurezza delle loro linee. Tuttavia, agli ultimi incendi, il nuovo governatore, il Democratico Gavin Newsom, risponde puntando il dito contro le compagnie elettriche, accusandole di agire come in un "sistema capitalista tutti-contro-tutti”. Una dichiarazione che ha contribuito ad innescare la caccia ai nuovi untori, come ai tempi della peste descritta dal Manzoni: un furgone della compagnia PG&E è stato anche preso a fucilate da un ignoto. Colpa sua, di Trump e del “suo” riscaldamento globale. Mai della mala gestione di politici Democratici ispirati dall’ideologia verde.