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apologetica

La Bussola Mensile: la nostra patria è il cielo

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Nel mese di febbraio il Primo Piano della nostra rivista volge lo sguardo lassù, dove schiere di angeli e santi riversano l'amore di Dio fino a noi. E nella liturgia possiamo già sentirne l'eco.

Attualità 11_02_2025

Il cielo, i cieli, quante volte durante la celebrazione eucaristica e le nostre preghiere pronunciamo queste parole senza capirne appieno il significato? Per sopperire a queste lacune, La Bussola Mensile ha deciso di dedicare il Primo Piano di febbraio 2025 al Cielo, attraverso una serie di approfondimenti volti a scoprire cosa si intende davvero con questa parola all’interno della Scrittura e della Liturgia, come il cielo sia presente durante la Celebrazione Eucaristica, come si riflette nell’arte figurativa e attraverso il  canto.
«Il Primo Piano di questo numero è un piccolo contributo alla riscoperta della grandezza e della bontà del nostro destino, un incentivo a coltivare quel desiderio di Assoluto nella certezza che possiamo camminare verso il suo compimento», spiega il direttore Riccardo Cascioli nell’Editoriale.

Cos’è il cielo? Ripercorrendo tutti i passi della Sacra Scrittura in cui compare  l’espressione “cielo”, padre Riccardo Barile delinea un quadro completo di tutti i suoi  significati e le sue sfaccettature, per concludere nel modo in cui lo possiamo “raggiungere”: attraverso una scala verso il cielo, ovvero  la scala di Giacobbe. Il patriarca vide in sogno «una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio scendevano e salivano su di essa» (Gen 28,12-13). Il Nuovo Testamento sarà poi esplicativo su chi sia davvero questa scala: Gesù. «Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1,51).

Il cielo ha un’influenza sul mondo materiale attraverso i suoi abitanti, ovvero le gerarchie celesti: i cieli, infatti, contengono «i puri spiriti creati da Dio secondo tre gerarchie di tre ordini ciascuna, a formare nove cori angelici», ci spiega nel suo articolo Luisella Scrosati. Dio emana la sua luce divina che investe gli angeli, i quali, a loro volta, la trasmettono a noi uomini, illuminandoci.

Inoltre, gli angeli si rendono a noi vicini attraverso la Celebrazione Eucaristica. «L’occupazione principale degli angeli, è la partecipazione al culto divino», essi «celebrano nel cielo la liturgia eterna» ma partecipano anche a quella degli uomini sulla Terra. Don Nicola Bux riprende poi l’immagine della scala verso il cielo per rappresentare quello che accade durante la liturgia.

La Celebrazione Eucaristica, così come gli altri sacramenti, serve a «far pregustare al fedele la vita celeste» attraverso le chiese e «attraverso la contemplazione dei misteri veicolati dall’arte figurativa». Francesco Mori nomina alcune delle chiese dai «mirabolanti soffitti, volte e coperture» per dimostrare come le chiese debbano «rimandare sempre ad un “oltre” che è la nostra vera mèta: la gloria celeste». Purtroppo, «le chiese moderne, sono spesso state ridotte a semplici spazi funzionali, non più capaci di assurgere a luoghi in cui pregustare il regno dei cieli».

Un altro elemento tristemente perso, oltre alla antica bellezza delle nostre chiese, è il canto gregoriano, ovvero «il canto proprio della liturgia romana». Ma il canto gregoriano si può definire «porta del cielo» per il fedele. «In un duplice modo, ascendente e discendente: ascendente perché attraverso di esso noi siamo messi nella possibilità di elevare la nostra preghiera a Dio e dargli la gloria a Lui dovuta»; «discendente in quanto ci permette di santificarci, cioè dando lode a Dio con il canto gregoriano - canto della Chiesa, lode perenne, nutrimento dei santi, esegesi cantata della Parola - siamo noi a riceverne profondi frutti spirituali», perché «noi siamo stati creati per adorare Dio».

Nella sezione Filosofia del mensile, Stefano Fontana si occupa di fare luce su un fenomeno nato ormai da molto tempo ma emerso appieno negli ultimi decenni: l’ideologia. Nata durante la modernità dall’idea che il «pensiero, invece di partire dalla realtà, parte da se stesso» - quindi «anziché essere realista diventa idealista» -, «l’ideologia presenta se stessa come realtà e chiama ideologia la realtà» mentre la combatte. Anche il pensiero politico moderno è ideologico perché nega che esista una natura umana; ma la più grave «conseguenza delle ideologie moderne è di ridurre Dio ad un nostro pensiero o ad un nostro bisogno, nella impossibilità di intenderlo come reale, trascendente, personale».

Sulla stessa lunghezza d’onda muove i passi Diego Benedetto Panetta che sottolinea come l’attuale sovranità del potere politico sia collegata all’ideologia. «La sovranità è dunque espressione in campo giuridico-politico della mera libertà naturale, detta anche libertà “negativa”. Quest’ultima nega l’esistenza di un ordine inscritto nell’universo, caratterizzandosi invece per la volontà di autodeterminare qualsiasi aspetto della realtà, compresa la natura umana». Essa si contrappone alla regalità, la quale, «per ben governare, deve riconoscere l’ordine naturale e il fine soprannaturale dell’uomo».

L’articolo di Giorgio Carbone affronta il delicato tema sociale dell’infertilità, elencando  le cause prossime e quelle remote della sterilità femminile e di quella maschile, «la cui frequenza sta aumentando in modo significativo». Nonostante ciò, «gli studi scientifici sulle cause dell’infertilità non sono numerosi». «Molte coppie ricevono una diagnosi di infertilità che non mette in luce la causa del loro difetto», piuttosto vengono indirizzate verso la fecondazione in vitro, «omettendo i necessari percorsi diagnostico-terapeutici che mirano a ripristinare una funzionalità compromessa», mentre spesso «i rimedi sono molto semplici, quasi banali».

Giorgio Cavallo ci illumina nel suo articolo sulla falsa “leggenda nera” che avvolge la Santa Inquisizione. Scopriamo così che gli strumenti di tortura attribuiti all’Inquisizione in certi musei sono dei falsi, «spesso scopiazzati da oggetti veri ma appartenenti a luoghi diversi del mondo», oppure totalmente frutto della fantasia, messi in commercio da «mercanti antiquari mezzi truffatori». Per il semplice fatto che «l’Inquisizione non torturava le sue vittime e comunque non con strumenti come questi», perché «l’Inquisizione era un mezzo per convincere gli eretici a ritrattare ma in modo consapevole».

Siamo abituati a dire che faremmo ogni cosa per amore, anche soffrire, anche morire. Ma è proprio così? I santi, invece, l’hanno fatto davvero. Don Stefano Bimbi ci racconta l’incredibile storia piena di sofferenze spirituali e fisiche di santa Maria Maddalena de’ Pazzi che lascerebbe a bocca aperta ogni cristiano. E noi saremmo disposti a tutto ciò per amore di Gesù? «Santa Maria Maddalena è un fulgido esempio di accettazione della sofferenza per amore di Cristo». Dobbiamo «chiedere a Dio la forza di amarlo costi quel che costi».

È indubbio che viviamo in tempi duri in cui è facile farsi prendere dallo scoraggiamento, dall’ira, dall’ansia. Abbiamo raccolto dei preziosi consigli di un monaco benedettino francese che si basano sugli insegnamenti del fondatore di questo monastero. Sono sostanzialmente tre: «la sana dottrina - nel suo caso la Regola di San Benedetto -, la giusta filosofia e la sacra liturgia». Quindi basta riprendere in mano il catechismo, che purtroppo, spesso è dimenticato o mal insegnato; ancorare la fede «alla ragione, che le dà credibilità», in particolare attraverso l’apologetica, che «dimostra che credere è conforme alla ragione»; e ritornare ad una liturgia fedele ai «gesti tradizionali della nostra fede» per «non perdere la bussola in tempi di crisi».

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