La bioetica è diventata un imbarazzo per i cattolici
Il caso degli attacchi contro la docente dell'Università Europea di Roma che utilizza il Manuale di Bioetica del cardinale Sgreccia è anche l'esito di una passività dei cattolici nei confronti del laicismo nichilista. Diceva il cardinale Sgreccia che la bioetica, in casa cattolica, era ormai considerata la figlia disabile di cui vergognarsi e da tenere in camera quando vengono gli ospiti.
Si è fatto un gran parlare sui siti cattolici più ortodossi, e quindi meno letti, dell’articolo de La Stampa intitolato «L’Università dove si insegna che i gay sono malati» a firma di Annamaria Bernardini De Pace. L’articolo è una buona sintesi del diffuso livore schiumante rabbia che pervade sempre più insistentemente il mondo laicista. La De Pace attacca il Manuale di Bioetica del cardinal Elio Sgreccia, la valente professoressa Claudia Navarini che lo ha adottato come testo consigliato – non obbligatorio, come sostiene la De Pace – nel suo corso di Etica all’interno dell’area di Psicologia, l’Università Europea dei Legionari di Cristo dove insegna la docente e, in un vorticoso moto ascensionale, la Chiesa cattolica (e, potesse, anche Dio stesso che è cattolico).
Il motivo di tanto odio è sostanzialmente il paradigma cattolico in materia di bioetica e di morale naturale. Sostenere, come fa il testo di Sgreccia, che l’atto coniugale di per sé è orientato alla procreazione e argomentare che quest’ultima riceve la sua perfezione quando è frutto dell’amore coniugale sono per la De Pace «pericolose e inquietanti affermazioni». Avete compreso bene? È inquietante e pericoloso che i bambini nascano dagli atti coniugali. Altri strali sono riservati naturalmente all’aborto, alla fecondazione extracorporea e all’omosessualità (un nota bene: il taglia e cuci applicato alle citazioni del Manuale e fatto da La Stampa, Libero e il Dubbio falsa l’autentico significato dei passi citati).
In merito all’omosessualità – tema che tra l’altro non è oggetto del corso della Navarini - secondo l’avv. De Pace andrebbero curati (sic) coloro i quali sostengono che la sessualità ha un orientamento oggettivamente eterosessuale. Da stracciarsi poi le vesti del politicamente corretto a leggere nel Manuale che esiste il dovere di obiettare nei confronti dell’assassinio pre-natale da parte di medici e, udite udite, anche da parte dei farmacisti. In definitiva il Manuale è per l’estensore dell’articolo puro acido muriatico.
La De Pace inoltre non si dà pace – è proprio il caso di dirlo – del fatto che esistano ancora simili schifosi insetti che strisciano in qualche aula universitaria dopo anni di disinfestazione fatta con importanti dosi di «battaglie civili» e «leggi a favore della non discriminazione e contro l’omofobia». La sentenza non ammette appello: la bioetica fondata sul personalismo ontologico e quindi anche la bioetica cattolica non deve essere insegnata, ma deve essere messa al rogo perché si tratta di «un’educazione vetero-cattolica, paternalistica e […] dittatoriale». Comprendiamo il suo vibrante disappunto perché è notorio che i veri laicisti siano intolleranti, perdoniamo svarioni come un supposto intervento dell’OMS per cambiare il manuale diagnostico dell'American Psychiatric Association, ma, prima che si accenda la pira su cui a turno dovremo ardere vivi, ci si permetta di fumare un’ultima sigaretta.
L’ultima sigaretta consta di un paio di riflessioni. La prima: si tranquillizzi la De Pace, gli studenti universitari, compresi quelli dell’Università Europea, sono stati arruolati per buonissima parte al secolarismo post-moderno appena venuti alla luce. Chi volesse sostenere il contrario vuol dire che vive al di fuori della Via Lattea. Poco elegante raccontare di sé, ma fino a qualche anno fa anch’io ero docente presso l’Università Europea e anch’io insegnavo bioetica e anch’io avevo adottato come testo di esame il Manuale di bioetica. Gli studenti, banale a dirsi, erano per la maggior parte inconsapevolmente devoti al mainstream dominante sui temi eticamente sensibili. Con animo candidamente serafico, erano quasi tutti a favore di aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, omosessualità, divorzio, contraccezione, eccetera, eccetera. Le lezioni avevano naturalmente un approccio partecipativo: chiedevo cosa pensassero ad esempio dell’aborto e ascoltavo con sincera attenzione. Poi ponevo loro dei casi da risolvere e in aula si accendeva sempre un vivace e interessantissimo dibattito tra gli studenti ed io aspettavo ad intervenire. Poi quando la confusione mentale regnava sovrana – il confronto dialettico democratico porta quasi sempre all’anarchia – mi permettevo di dire la mia, non come mera opinione, ma come argomentazione razionale comprensibile anche da chi non crede (lo scrivente, al pari della prof.ssa Navarini, usava un approccio proprio della filosofia morale, non della teologia morale). Seguiva altro confronto e così via. Quindi, gentile De Pace, è impossibile plagiare le menti dei ragazzi per un semplice motivo: sono state già plagiate dal conformismo laicizzante.
Seconda riflessione. Il vento è cambiato per i cattolici e da un po’. Fino a qualche decennio fa il non credente era sostanzialmente indifferente al mondo cattolico. Credete a quello che volete basta che non ci rompete le scatole, ci ammonivano. Ora, come ben testimoniato dall’articolo de La Stampa, il cattolico, da comparsa insignificante, è diventato, conservando la sua insignificanza, un nemico da odiare e da uccidere culturalmente. Voi cattolici, così si sostiene, non dovete neppure più azzardarvi a insegnare certi valori nelle vostre università e scuole, a difendere alcuni princìpi dai pulpiti delle vostre chiese, ad educare in un certo modo i vostri figli, a diffondere alcune notizie con tanto di commenti sui vostri media. Voi addirittura non dovete più pensare certe cose. Voi dovete sparire. Il succo dell’articolo della De Pace è tutto qui.
I laicisti alla De Pace hanno potuto alzare la voce e sputarci in faccia così impunemente anche perché noi lo abbiamo permesso. Tutti noi favoriamo questo clima da fatwā quando ci presentano la compagna di nostra cugina e non diciamo un «beh», quando la nostra collega ci rivela raggiante che aspetta un bambino concepito in vitro e noi non obiettiamo nulla, quando l’amico del calcetto vuole divorziare e non gli diciamo una parola buona, quando la parrucchiera si lamenta della pillola che la fa ingrassare e noi tacciamo, quando il figlio ormai adulto a tavola ci spiega perché se finisse nelle stesse condizioni di Alex Zanardi preferirebbe morire e noi non proferiamo verbo e gli chiediamo di passarci il sale.
Abbiamo permesso questo strapotere dei nichilisti di professione anche perché le alte sfere ecclesiali hanno deciso di chiudere la bioetica in un armadio con tanto di bavaglio. Non ci nascondiamo dietro un dito: la nuova bioetica delle gerarchie vaticane è fatta di tutela del creato e roboetica. Costoro, seppur non abbiano cancellato dal Catechismo la imperitura dottrina sulla morale naturale, l’hanno messa in secondo se non in terzo piano. In tal modo hanno fatto sì che soldati come la prof.ssa Navarini rimangano isolati e non abbiano le spalle coperte dall’aviazione e dall’artiglieria. L’immunità di gregge copre chi sta nel gregge, non chi evita di intrupparsi. Il predatore attacca sempre la preda fuori dal branco. Ma questo non è fenomeno solo di oggi.
Perdoni il lettore se lo annoio ancora con un aneddoto autobiografico. Quando insegnavo presso l’Università Europea un giorno ricevetti una telefonata da un collega che ricopriva un certo ruolo che gli permetteva la gestione didattica del mio corso. Il collega, in perfetto stile vetero-democristiano, mi sibilò alla cornetta: «È opportuno ripensare il tuo corso di bioetica». Tradotto: occorre depotenziarlo, magari togliendogli ore e crediti, rendendolo facoltativo, etc. Io obiettai, ovviamente, ma non avevo accesso nella stanza dei bottoni per oppormi efficacemente alla proposta del collega. La prof.ssa Navarini invece aveva accesso e grazie a lei il «ripensamento» non andò in porto. Altro aneddoto: sempre un collega, anni fa, mi rivelò che, tenuto conto della virata ecologista del Vaticano, in un’altra università gestita dai Legionari di Cristo, nel corso di bioetica, occorreva mettere più l’accento ad esempio sulla deforestazione delle querce secolari in Canada che sulla deforestazione dei bambini nel ventre materno (l’esempio è parto della mia fantasia ed è stato fatto al solo scopo di esemplificare).
Perché questi aneddoti? Per spiegare che la pressione esercitata dal mondo secolarizzato sui temi eticamente sensibili è talmente forte che cedimenti in queste materie si registrano continuamente anche in casa cattolica. Di questo ovviamente era consapevole lo stesso cardinal Sgreccia e così veniamo al quarto aneddoto personale. Un giorno andai a trovare il cardinale a casa sua, al di là delle Mura Leonine. Parlammo di molte cose e ad un certo punto il discorso cadde sul rapporto tra bioetica e Chiesa. Sgreccia mi fece capire che la bioetica, in casa cattolica, era ormai considerata la figlia disabile di cui vergognarsi e da tenere in camera quando vengono gli ospiti (anche in questo caso la rozza e brutale metafora deve essere addebitata al sottoscritto cavernicolo).
Chiudiamo con un augurio. L’Università Europea ha pubblicato una apprezzabile nota per rispondere alle critiche apparse sui media. Ci auguriamo, anzi, siamo certi che questa solidarietà espressa nei confronti della prof.ssa Navarini continuerà nei mesi futuri e che quindi il Manuale di Sgreccia continuerà ad essere adottato nei suoi corsi anche per il prossimo anno accademico e non si faranno pressioni di alcuna sorta per cambiarlo a favore di testi assai più morbidi e accomodanti. Altrimenti, chi spingesse in questo senso farebbe meglio a scrivere per La Stampa.