Kenya, la Chiesa si schiera con i giovani e sfida il governo corrotto
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Kenya in piena crisi economica a causa della corruzione del governo. I giovani delle nuove generazioni iniziano a ribellarsi e la polizia spara ad alzo uomo, facendo morti e feriti. La Chiesa prende posizione a favore della protesta, sfidando il governo.

La Chiesa cattolica in Africa si distingue per la sua determinazione a offrire cura pastorale e assistenza materiale ai fedeli anche in situazioni estreme, disperate: in Sudan, orribilmente devastato da oltre due anni di guerra, in Nigeria, un paese in cui ormai nessuno è più al sicuro dalla violenza, sia essa etnica, religiosa o criminale, in tutti i territori sempre più minacciati dal terrorismo islamico jihadista, nella Repubblica Centrafricana dove per guerra e incuria mancano persino le strade e ci vogliono settimane per percorrere poche centinaia di chilometri. Ma la Chiesa non si limita a questo. Spesso i sacerdoti, individualmente o esprimendo posizioni assunte dalle rispettive conferenze episcopali, decidono di scendere in campo in difesa dei diritti umani violati. Per farlo non esitano a denunciare governi e amministrazioni, a richiamarli ai loro doveri.
Se necessario, li affrontano e li sfidano, come sta succedendo da mesi in Kenya. Il paese, tanto spesso portato a esempio di stabilità, democrazia e buon governo, in realtà patisce drammaticamente le conseguenze di una grave crisi economica risultato di decenni di malgoverno e corruzione. Uno dopo l’altro presidenti, eletti avendo promesso trasparenza, sviluppo, giustizia sociale, hanno tradito le promesse elettorali e hanno proseguito l’opera dei predecessori dai quali avevano assicurato di volersi differenziare. Lo aveva spiegato bene Michela Wrong in un libro del 2010 dall’eloquente titolo It’s our turn to eat (Adesso tocca a noi mangiare) che racconta gli impegni solenni di un candidato presidenziale, Mwai Kibaki, del tutto disattesi una volta raggiunto l’obiettivo. Altri due capi di stato, dopo di lui, Uhuru Kenyatta e l’attuale presidente, William Ruto, hanno fatto altrettanto, hanno continuato “a mangiare”: e, con loro, migliaia di parlamentari, ministri, funzionari, amministratori locali.
Monsignor Cleophas Osese, vescovo di Nakuru, per evidenziare la riprovazione della Chiesa e a garanzia di essere indenne da tanto malcostume, lo scorso marzo ha proposto di rifiutare le donazioni – spesso cifre ingenti – fatte dai politici. Durante una omelia, dopo aver osservato che le offerte devono essere fatte in segreto e non ostentate come fanno i politici «per fare politica o per mettersi in mostra», ha spiegato: «non sappiamo da dove provengano le enormi somme di denaro donate alle Chiese dai politici e per questo dovremmo preoccuparci». «Non facciamo in modo – ha aggiunto – che la Chiesa sia vista come beneficiaria finché le scuole non hanno libri, gli ospedali non hanno medicine e i dottori e gli insegnanti non sono pagati».
Nelle settimane successive la situazione è degenerata. All’approssimarsi dell’anniversario della strage di giovani dimostranti, avvenuta il 25 giugno del 2024, uccisi dalla polizia mentre protestavano contro la legge finanziaria in discussione all’epoca che prevedeva nuove, insostenibili imposte anche su generi alimentari di prima necessità, sono state indette delle manifestazioni: per commemorare le vittime di allora e per denunciare che, a distanza di un anno, niente è stato fatto a livello governativo per risollevare le sorti dei poveri e del ceto medio sempre più in difficoltà. A organizzare le iniziative popolari è la cosiddetta Generazione Z, i giovani dell’ultima generazione che, nonostante i tentativi di dirottare su altri fattori, internazionali, la causa dei problemi del paese, hanno ben chiaro che responsabile è un sistema corrotto e questo denunciano. Di nuovo le forze di sicurezza hanno sparato ad altezza d’uomo. Le 16 vittime durante le manifestazioni del 25 giugno sono state uccise quasi tutte dalla polizia.
Le proteste sono continuate estendendosi a diverse città e culminando il 7 luglio in quelle indette come ogni anno per ricordare la rivolta popolare, il 7 luglio del 1990, che fu decisiva per ottenere la fine del regime a partito unico e il passaggio al multipartitismo. Altri 11 giovani sono stati uccisi e molti sono stati feriti. Si dice che il governo abbia infiltrato dei malviventi nei cortei di protesta con l’ordine di inscenare disordini e assalti a negozi e magazzini a giustificazione della reazione estremamente violenta delle forze dell’ordine. Il presidente Ruto ha parlato di un tentativo di colpo di Stato e, a proposito delle razzie, di “attacco alla sicurezza alimentare”.
La Chiesa non è rimasta in silenzio. «Siamo seriamente preoccupati per la grave svalutazione della vita umana nel nostro paese» hanno dichiarato i vescovi cattolici in un documento nel quale ricordano alle forze di sicurezza che loro dovere è proteggere i civili, non minacciarne l’incolumità. Inoltre il documento deplora il crescente numero di sparizioni misteriose, di omicidi extragiudiziari e di episodi di intimidazione violenta imputabili alle forze dell’ordine. Il comunicato si conclude con un appello alle “coscienze dei leader politici” perché non lascino che la disumanità governi il paese. La Conferenza Episcopale del Kenya ha quindi indetto messe di suffragio in tutte le chiese cattoliche, in ricordo dei giovani uccisi e delle vittime di rapimenti e di uccisioni extragiudiziarie.
La risposta delle autorità dà la misura di quanto sia critica la situazione nel paese e di quanto possa peggiorare a causa di un governo ostinato nel negare responsabilità e reprimere il dissenso. Il ministro dell’interno, Kipchumba Murkomen, a nome dell’esecutivo, ha accusato la Chiesa cattolica (e anche quella anglicana) di essersi schierata con i “criminali anarchici”, di aver compianto solo i giovani uccisi durante le manifestazioni senza denunciarne la violenza. «So che non ci sarà nessun vescovo o membro della Chiesa, né cattolico né anglicano – ha dichiarato il ministro – che scenderà in piazza per difendere la polizia. Nessuno parlerà di come i poliziotti sono stati feriti».
Poi, il 4 luglio, il presidente Ruto ha fatto un annuncio a sorpresa. Ha detto di aver deciso di costruire una chiesa nella residenza presidenziale della capitale Nairobi, un grande edificio che potrà ospitare fino a 8mila persone. Il costo previsto è di 9 milioni di dollari, in scellini kenyani una cifra astronomica. Ha assicurato che pagherà la chiesa di tasca sua, senza addebiti alle casse dello Stato. Forse pensa di appianare così i problemi con le autorità religiose.