Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
PAESE PERDUTO

Kabul, un attentato sventato segna la fine del ponte aereo

Un drone americano ha distrutto un'auto carica di esplosivi nei pressi dell'aeroporto. Sventato un attentato che avrebbe potuto provocare un'altra strage. Così si può concludere il ponte aereo che, in due settimane, ha portato in salvo 114mila persone. Timori per gli occidentali rimasti. 

Esteri 30_08_2021
Kabul, i resti del veicolo colpito dal drone

Ieri mattina, migliaia di altri afgani hanno tentato di andare all’aeroporto di Kabul, unico portale verso il mondo esterno, per tentare la fuga dal nuovo regime talebano. Fra le famiglie che provavano ad entrare nei gates, anche molti americani rimasti intrappolati in Afghanistan e cittadini afgani con il visto per gli Usa, che negli ultimi anni avevano collaborato con gli Stati Uniti. Dopo ore di attesa, tutti gli autobus su cui erano imbarcati, sono stati rimandati indietro. Allarme terrorismo, di nuovo. Almeno questa volta l’attentato è stato sventato, con un unico colpo preciso da parte dell’aviazione americana. Ma per quelle persone la via di fuga pare essersi chiusa definitivamente: da oggi il ponte aereo si interromperà. Resteranno aperti altri canali, soprattutto per i cittadini statunitensi. Per gli afgani le speranze sono molto inferiori.

Un’auto carica di esplosivi stava trasportando più di un attentatore suicida, per un’altra azione terroristica organizzata dallo Stato Islamico del Khorasan, secondo le informazioni di intelligence finora rivelate alla stampa. Individuato per tempo il veicolo, l’aviazione statunitense è riuscita a colpire per prima, impedendo un’altra strage come quella del 26 agosto (quasi 200 morti). Un unico drone ha colpito il veicolo con un missile, facendolo saltare in aria. Avendolo colpito in piena Kabul, in un’area densamente abitata (non lontano dall’aeroporto), è probabile che vi siano state anche vittime collaterali fra i civili. L’ospedale di Emergency del centro di Kabul afferma di aver ricoverato un paziente ferito nel raid. Un funzionario sanitario afgano ha dichiarato alla stampa che il bilancio totale sia di cinque morti e una casa distrutta.

Il raid condotto con un drone è il secondo in tre giorni. Nel primo caso, un Reaper americano aveva centrato in pieno (con una bomba non esplosiva) un’auto in viaggio nella provincia orientale del Nangarhar ed ha ucciso uno dei leader dello Stato Islamico, accusato di essere il pianificatore della strage all’aeroporto di Kabul del 26 agosto. Il raid era partito da una non specificata “base nel Medio Oriente”. Colpendo a Kabul, ieri, gli americani hanno lanciato un messaggio abbastanza chiaro: anche se le truppe si ritirano dal campo, i cieli restano americani. Dall’aria gli Usa continueranno a colpire i terroristi, quando e come serve per proteggere le vite degli americani. Tuttavia, ritirandosi dall’Afghanistan, gli Stati Uniti perderanno inevitabilmente l’efficacia della loro azione anti-terrorismo, prima di tutto perché non avranno più le loro basi in loco: dovranno decollare dal Golfo Persico e dall’Oceano Indiano, sorvolare spazi aerei ostili o di alleati inaffidabili. E poi perché, allontanandosi, perderanno il polso della situazione, privi come saranno di alleati e collaboratori locali. Oggi, a due settimane dalla caduta di Kabul, l’azione anti-terrorismo degli americani appare ancora molto efficace e tempestiva. Fra mesi o anni, sarà invece tutta da verificare.

Il raid di ieri ha permesso la conclusione del ponte aereo che, dal 14 al 29 agosto, ha portato in salvo 114.400 persone (quasi 5mila quelle evacuate dagli italiani). Gli Usa hanno però un problema serio: 250 loro cittadini sono ancora in Afghanistan ed hanno espresso il chiaro desiderio di uscire. Altri 280 statunitensi, invece, si dicono indecisi o non hanno (ancora) intenzione di lasciare il Paese. Sono 530, dunque, le persone che, restando sotto il regime talebano, potrebbero essere prese in ostaggio e non fanno dormire sonni tranquilli all’amministrazione democratica. Agli afgani che volevano raggiungere l’Occidente, è stato già detto, invece, che non ci sono più posti sugli ultimi aerei in partenza. Tutti gli ultimi voli statunitensi, oggi e domani, saranno concentrati sull’esfiltrazione dei cittadini americani e dei militari. Tutti i voli dei Paesi Nato, fra cui l’Italia, sono cessati sabato.

L’amministrazione Biden ha promesso, ieri, dopo il ritorno in patria delle 13 salme dei militari morti nell’attentato del 26 agosto, che gli Usa rimarranno comunque “impegnati in Afghanistan”, anche dopo la data finale del ritiro, 31 agosto. Tuttavia, il segretario di Stato Antony Blinken ha dichiarato al network Nbc che l'amministrazione non ha alcuna intenzione di mantenere una rappresentanza diplomatica a Kabul. Saranno impegnati altri canali: “Abbiamo meccanismi che aiuteranno la partenza di chi vuole lasciare l’Afghanistan”, ha detto Blinken, rimanendo sul vago. Ribadendo comunque che gli Usa aiuteranno la gente a fuggire anche dopo il 31 agosto. A proposito di “meccanismi”, il presidente francese Emmanuel Macron ha presentato un piano per creare una “zona di sicurezza” nei pressi di Kabul, monitorata dalle Nazioni Unite, per permettere l’evacuazione e le operazioni umanitarie anche dopo il 31 agosto. Ma quando la data limite sarà raggiunta, dal 1 settembre i Talebani rimarranno padroni incontrastati del Paese. Ed è difficile capire cosa permetteranno ancora di fare nel loro territorio.