Kabul in fiamme, sono vani 15 anni di sforzi
La guerra afghana continua a mietere vittime. L'ultimo attentato a Kabul, nell'area delle ambasciate, ha provocato un centinaio di morti con una sola autobomba. L'attacco è stato rivendicato dall'Isis. Il quadro è desolante. A causa di un ritiro annunciato e iniziato troppo presto, il paese è destabilizzato.
Sono un centinaio i morti e oltre 350 i feriti provocati ieri mattina alle 8,25 da un attentato con autobomba nel quartiere delle ambasciate a Kabul, in prossimità dell’ambasciata tedesca non lontano dal palazzo presidenziale.
Basir Mujahid, un portavoce governativo, ha sottolineato che resta da capire quale fosse l'obiettivo dell'attentato che probabilmente puntava solo a mietere il maggior numero di vittime possibile nella centralissima piazza Zanbaq. I talebani afghani, tramite il portavoce Zabinullah Mujhais, hanno smentito ogni coinvolgimento nell’attentato rivendicato invece dallo Stato Islamico secondo i media locali. Secondo le informazioni preliminari del ministero degli Interni il dispositivo esplosivo era stato collocato in un'auto usata per trasportare acqua.
Il grave attentato, l’ultimo di una lunga serie compiuti da talebani e IS, conferma il progressivo deteriorarsi della sicurezza nel Paese asiatico ma anche della residua credibilità delle istituzioni locali considerato che dall’inizio dell’anno almeno 37 funzionari militari e civili del ministro dell'Interno afgano sono stati arrestati per corruzione e spionaggio in base ai rapporti dell’intelligence. Il 28 maggio un agente di polizia afghano ha aperto il fuoco in un check-point contro sei suoi colleghi uccidendoli nella provincia meridionale di Zabul e l'aggressore, dopo aver messo in atto il suo gesto, ha raggiunto i talebani che hanno rivendicato l’azione. Due giorni prima almeno 15 soldati afghani sono morti in un attacco messo a segno dai talebani a Kandahar, nel sud del paese. Nel mirino dei guerriglieri l’entrata la base militare di Shah Wali Kot, tre giorni dopo che in un attacco analogo avevano trovato la morte altri dieci militari. L'operazione talebana, alla quale hanno partecipato centinaia di ribelli, è parte di una grande offensiva nella provincia tradizionale roccaforte dei miliziani.
La situazione è ancora più grave per i governativi nella provincia meridionale di Helmand, in quelle occidentali di Farah e Badghis o in quella settentrionale di Kunduz. Esattamente un anno or sono il governo afgano controllava il 65,6% del Paese, come denunciato anche dal SIGAR (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction), ma la situazione è peggiorata nella seconda metà del 2016 quando Kabul ha perso un altro 8,5% di territorio. Questa percentuale si è ridotta ulteriormente a un totale di non più del 50% del territorio nazionale con la recente caduta del distretto di Sangin, nell’Helmand, una perdita simbolica che ha portato i talebani a ridosso del capoluogo provinciale Laskhar Gah.
La drammatica situazione militare aveva già imposto a Barack Obama di rinunciare al ritiro di 5mila degli ultimi 8.400 soldati americani rimasti nel paese. L’Amministrazione Trump ha non solo confermato lo stop al ritiro ma ha reso noto che alla missione di addestramento e consulenza per le forze afghane si aggiungeranno nuove ruppe da combattimento, tra i 3mila e i 5mila uomini. Anche la Nato si appresta a rafforzare l’Afghanistan. "Non c'è stata alcuna richiesta perché la Nato abbia alcun ruolo di combattimento nella coalizione anti-Isis" quindi è "totalmente fuori discussione che la Nato possa impegnarsi in alcuna operazione combat" ha puntualizzato la scorsa settimana il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, argomentando che "in Afghanistan abbiamo avuto un ruolo di combattimento, ma ora facciamo addestramento e consulenza" e che la stabilizzazione dei paesi con questo tipo di missioni "è meglio che avere truppe" sul terreno.
La Gran Bretagna, che attualmente schiera 500 militari in Afghanistan, si è detta pronta a inviare altre truppe non combattenti in Afghanistan come parte degli sforzi Nato per aiutare Kabul nel conflitto contro le montanti forze talebane. Anche l’Australia invierà altri 30 istruttori portando a 300 i suoi consiglieri militari in Afghanistan dove i contingenti stranieri più importanti restano quelli tedesco e italiano con circa 950 militari. Nel darne l'annuncio in una commissione del Senato, il ministro della Difesa Marise Payne ha precisato che la richiesta è venuta dalla Nato ed è sostenuta dagli Stati Uniti.
Dopo l’invasione della fine del 2001, il rafforzamento dei contingenti Usa e Nato fino a 140 mila uomini (100 mila dei quali statunitensi) raggiunti nel 2010 per sconfiggere i talebani e il ritiro imposto da Barack Obama tra il 2011 e il 2014, giustificato con le “eccellenti capacità operative autonome” delle forze governative afghane – così diceva la propaganda della NATO – ora è arrivato il contrordine. La missione Resolute Support, guidata dalla Nato, è sostenuta da 39 nazioni con l'impegno attualmente di circa 13.500 militari anche se 2.500 militari USA tra forze speciali e aeree hanno compiti di combattimento nell’ambito dell’Operazione Freedom Sentinel. Il suo ruolo è di addestrare, consigliare e assistere le forze di sicurezza e le istituzioni afghane.
La guerra afghana continua, quindi, alternando strategie USA contraddittorie riconosciute anche dai vertici dell’intelligence di Washington. Gli Stati Uniti “debbono fare qualcosa di completamente diverso” da quanto è stato fatto finora in Afghanistan, come inviare al fronte a combattere i consiglieri militari o si rischia che ogni metro conquistato finora nella più lunga guerra della storia Usa vada perduto e alla fine a Kabul tornino al potere i talebani” ha detto il direttore dell’intelligence militare (Defence Intelligence Agency), il generale Vincent Stewart. Più pessimista il direttore della National Intelligence (che coordina le 17 agenzie di spionaggio Usa), Dan Coats per il quale “la situazione politica e la sicurezza in Afghanistan quasi sicuramente peggiorerà nel 2017 anche con il modesto incremento di truppe Usa e dei loro alleati”. “La prestazione delle forze di sicurezza afghane probabilmente peggiorerà per il combinato disposto delle operazioni dei talebani, delle vittime dei combattimenti, per le diserzioni, lo scarso sostegno logistico e l’inefficienza dei vertici”.
In un simile contesto 3mila o 5mila soldati in più non faranno la differenza nè sembra configurabile un ritorno in forze degli alleati in Afghanistan sui livelli del 2010. In ogni caso l’attuale situazione bellica ha vanificato 15 anni di sforzi militari costati a Usa ed Europa centinaia di miliardi e oltre 3.500 caduti (per due terzi statunitensi) per liberare territori che un ritiro affrettato ha riconsegnato ai talebani.