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FISCO

Isee, è ora di cambiare: si fa largo il quoziente famigliare

Per la prima volta un Governo accenna al quoziente famigliare nella Delega Fiscale. Al MEF si studia anche come superare le ingiustizie dell’Isee nell’accesso ai benefici di Stato. Lo stesso fa da tempo l’economista Federico Perali, che alla Bussola spiega: «L’Isee si riforma rendendolo più simile al quoziente famigliare, togliendo il peso adesso eccessivo del patrimonio e delle franchigie. In questo modo, soglia della povertà e dell’ISEE coinciderebbero rendendo più comprensibili a cittadini e amministratori le modalità di accesso agli aiuti. Ma con un occhio al costo della vita che da nord a sud è diverso».

Famiglia 30_11_2022

Nel cantiere avviato dal Governo dopo la legge di Bilancio si fa largo anche la necessaria riforma dell’Isee, il calcolo della situazione economica equivalente che sta diventando sempre più centrale per accedere a molti servizi, bonus e maggiorazioni dello Stato. Come visto con il bonus sociale luce e gas o per l’Assegno Unico, finire in un tetto reddituale Isee piuttosto che in un altro, può davvero fare la differenza per poter accedere al beneficio.

Ecco che il calcolo dell’indicatore deve essere sempre più chirurgico e tarato davvero su un equilibrato rapporto tra la situazione reddituale di una famiglia, la componente dei figli e la sua situazione patrimoniale. Avere solo una casa in cui si vive e poter disporre di una casa al mare che si può affittare per tre mesi all’anno, rappresenta una bella differenza. Ecco che allora il punto decisivo è quello di come calcolare il patrimonio che oggi pesa in maniera negativa sul calcolo dell’Isee perché attribuisce alla casa di proprietà un coefficiente pesante e non diversificato a seconda dell’uso che se ne fa.

Di questo se n’è accorto anche il viceministro dell’Economia Maurizio Leo (in foto), che in un’intervista al Messaggero ha annunciato ufficialmente l’intenzione del governo di intervenire anche sull’Isee che «ha molti limiti e che dovrebbe essere sostituito dal quoziente familiare che tiene conto del reddito del nucleo come sommatoria di tutti i redditi applicando poi al denominatore dei coefficienti in base alla numerosità della famiglia. È un tema sul quale si potrà lavorare nella delega».

Dunque, la revisione dell’Isee verrà discussa nella Delega Fiscale che – stando a quanto dichiarato - potrebbe approdare in Parlamento verso «metà febbraio».

Le parole di Leo sono significative perché rappresentano la prima volta di un esponente di governo alle prese col quoziente famigliare come riforma dell’Isee, concetto che fino ad oggi non aveva mai trovato ospitalità in nessun governo, ma che segnerebbe, sia nel campo fiscale che in quello del welfare di Stato una riforma in senso famigliare.

Musica per le orecchie del professor Federico Perali (in foto), professore di Politica Economica all’Università di Verona ed esperto di politiche famigliari che da tempo denuncia l’ingiustizia dell’Isee come metodo di misurazione della situazione economica equivalente di una famiglia.

Serve chiarezza da parte del Governo – spiega Perali alla Bussola – perché sul versante Isee c’è molta confusione». Perali è da tempo sostenitore della necessità, vista l’impossibilità di riformare l’Isee, di “tagliare la testa al toro” e renderlo più simile al quoziente famigliare. «La principale differenza tra l’Isee e il quoziente è che l’Isee è reddito più ricchezza pesata per il 20% diviso la scala di equivalenza più le franchigie, mentre il quoziente è il reddito famigliare diviso la scala di equivalenza, e quindi un indicatore di situazione economica (o reddito) equivalente semplificato».

Ne consegue che «l’idea di eliminare le franchigie e usare il reddito senza dare più peso ai patrimoni, va nella direzione giusta. Il problema però è come misurare la povertà, che ha almeno due dimensioni: di reddito e di ricchezza. Quando un cittadino perde il lavoro rischia di cadere in povertà, ma se non ha un affitto da pagare la sua situazione è diversa da chi perde il lavoro e ha affitto o mutuo che sarebbe povero sia di reddito sia di ricchezza. Bisognerebbe tenere conto della componente patrimoniale, allora, ma con un peso molto più basso». Perali individua questa componente patrimoniale libera da gravami ipotecari non al 20%, ma al 2% in linea con il tasso di interesse. Nella letteratura economica questo reddito si chiama reddito corrente.

Nella riforma dell’Isee che sta proponendo al Governo, Perali suggerisce di modificare il numeratore, togliere le franchigie, ridurre il peso della ricchezza a molto poco con il beneficio di generare delle soglie di accesso ISEE agli aiuti comparabili alla linea della povertà: «Nella maggior parte dei paesi occidentali la soglia di povertà è anche la soglia di accesso ai benefici. In Italia, due famiglie simili, ma che vivono in comuni anche contigui vengono trattate in modo diverso, e quindi ingiusto, se l’accesso allo stesso servizio è regolato da due soglie ISEE diverse. Se la stessa soglia ISEE viene applicata al nord e al sud, si genera un’altra fonte di ingiustizia considerando che il costo della vita al Nord costa in molte regioni il 40% in più. Una soglia ISEE simile a quella della povertà, espressa in termini reali, la renderebbe più facilmente attuabile dall’amministratore pubblico e comprensibile al cittadino».

Ad esempio. Chi e come decide, per l’erogazione di un beneficio, la soglia di 15mila Isee o 20mila? O 40mila come nel caso della maggiorazione dell’Assegno Unico? «Ci sono soglie di accesso ai benefici che variano da comune a comune, ma anche da un beneficio a un altro ed è ingiusto».

In soldoni: Perali propone di riformare l’Isee introducendo il Quoziente Famigliare. «Adesso l’Isee si calcola come reddito famigliare + 0,2 X patrimonio mobiliare e immobiliare + franchigie / scala semplice, dove compare il numero dei figli. Con la mia proposta si eliminerebbero le franchigie e la componente patrimoniale sarebbe pesata a un tasso di interesse prevalente di 0.02 che la ridurrebbe di molto, ma permetterebbe di distinguere chi è povero nella sola dimensione del reddito da chi è relativamente più povero poiché senza proprietà. La scala di equivalenza dovrebbe essere articolata sullo stile del Fattore famiglia che tiene conto di molti aspetti che differenziano le famiglie dalle condizioni lavorative, alle famiglie monogenitoriali, alle condizioni di salute ed altre forme di precarietà. È questo il modo migliore per identificare in modo corretto chi davvero è in stato di bisogno, minimizzando l’errore di dare a chi non lo merita».

La proposta del professor Perali è pronta a partire: «Mi confronterei da subito col MEF, lo Stato fa le sue simulazioni, noi, come società civile, proponiamo le nostre. Sarebbe importante aprire un tavolo di confronto».