Iran, ormai è rivolta contro l'ordine islamico
Seconda settimana di proteste in Iran. Il numero delle vittime sale a 41 per le autorità o a 76 secondo fonti vicine ai dissidenti. Gli iraniani scendono in piazza a seguito dell'uccisione di Mahsa Amini, rea di aver indossato il velo in modo scorretto. Ma sta diventando una rivolta contro il regime.
Seconda settimana di proteste in Iran. Il numero delle vittime sale a 41 per le autorità o a 76 secondo fonti vicine ai dissidenti. Gli arresti sono nell’ordine delle migliaia: anche se le autorità non diffondono le cifre esatte, si parla di 3mila persone internate solo nelle carceri di Teheran. La polizia e i paramilitari stanno usando il pugno duro. La rivolta però continua a dilagare e coinvolge ormai tutte le province, in circa 80 città.
La protesta è iniziata a seguito dell’uccisione, da parte della polizia, di Mahsa Amini, iraniana di etnia curda picchiata a morte dalla Polizia Morale, perché rea di non portare correttamente il velo islamico. Alla tesi ufficiale diffusa dalle autorità (morte per arresto cardiaco durante l’interrogatorio) non ha creduto nessuno. Testimoni oculari hanno riferito che i poliziotti abbiano iniziato il pestaggio già sul cellulare, al momento dell’arresto. Le prime manifestazioni sono state pacifiche. Simbolicamente le donne si sono levate il velo e lo hanno bruciato. Altre donne, di tutte le età, si sono riprese mentre si tagliavano i capelli, poi hanno diffuso i video sui social network. Poiché il presidente Raisi era in trasferta a New York, inizialmente la polizia non ha impiegato metodi troppo esplicitamente brutali. Ma qualunque donna individuata come sostenitrice della protesta, dalle immagini o via social network, è stata arrestata.
La repressione si è fatta via via sempre più dura. Negli ultimi giorni, le forze dell’ordine hanno anche sparato con proiettili veri, ad altezza uomo, in mezzo alla folla, anche con armi automatiche. Per impedire la circolazione di notizie, il regime di Teheran ha tentato di censurare il Web e i social network. Quel che sappiamo, specialmente nell’ultima settimana, è solo attraverso testimonianze e video trapelati aggirando le censure. L’imprenditore Elon Musk sta mettendo a disposizione la costellazione dei satelliti di Starlink, per permettere agli iraniani di continuare a comunicare.
L’aspetto che lascia più sbalorditi è la violenza esplicita con cui le autorità ordinano la repressione. “Non dovete avere pietà per i manifestanti, sparategli!” si sente dire da un ufficiale iraniano in un video esaminato dalla BBC. Secondo una testimonianza giunta all’emittente di Stato britannica, una donna arrestata riferisce: “Ho sentito i loro comandanti dire ai subordinati di essere spietati. Le donne in uniforme sono altrettanto violente. Una di loro mi ha schiaffeggiato e mi ha accusato di essere una spia israeliana”. Secondo la versione ufficiale del regime, infatti, tutte le proteste sono organizzate da Usa e Israele. La donna intervistata dalla BBC è stata appena rilasciata, ma ha vissuto un’esperienza infernale: 60 donne in una piccola cella, senza bagno. “Ci hanno detto che non potevamo andare in bagno e che se avessimo avuto fame avremmo potuto mangiare gli sgabelli”. Le prigioniere sono state tenute in queste condizioni per un giorno intero: “Ci urlavano che se non fossimo state zitte ci avrebbero violentate”.
La rivolta non ha leader e non ha neppure una linea politica ben determinata. Ricorda da vicino la protesta delle donne contro il velo del 2017-18, che però era stata meno sanguinosa. E’ molto diversa dalla ribellione contro il caro-carburante scoppiata nel 2019 e finita in un bagno di sangue. Quell’anno le autorità ammisero la morte di centinaia di persone, secondo fonti vicine al dissenso le vittime furono invece almeno 3mila. Si trattava, in quel caso, di una ribellione popolare scoppiata per motivi economici, con meno ambizioni politiche. La protesta attuale non va neppure confusa con la “rivoluzione verde” del 2009, che fu un fenomeno politico e tutto interno al regime. In quel caso, gli studenti e una parte della società civile più istruita e urbanizzata, protestava denunciando frodi elettorali nel voto che aveva riconfermato il presidente Ahmadinejad ai danni del più riformista Moussavi.
In questa protesta, invece, scoppiata a seguito di un atto di brutalità della Polizia Morale, le prime manifestazioni, femminili, erano contro le regole ossessivamente restrittive della legge coranica. I maschi sono poi andati in piazza per proteggerle dalla repressione e per ribellione contro il sistema islamico. Si sono uniti alla protesta anche alcuni Vip iraniani, calciatori (Alì Karimi), attrici (Katayoun Riahi) e anche la figlia dell’ex presidente Rafsanjani, Faezeh Hashemi, arrestata due giorni fa. Ma contrariamente alla rivoluzione verde, non c’è un politico di riferimento nella protesta. I manifestanti gridano “morte al dittatore!” e per dittatore intendo l’ayatollah Alì Khamenei. Gridano slogan contro il suo possibile successore, il figlio Mojtaba Khamenei. Anche il presidente Raisi è nel mirino: sua fu la responsabilità per l’esecuzione di massa dei dissidenti politici nel 1988 ed è conosciuto come il “giudice della morte”. Insomma, è una rivolta contro l’ordine della Repubblica islamica. E per questo, anche la repressione si fa di giorno in giorno più spietata: il regime è convinto di combattere per la sua stessa esistenza contro un nemico interno.