Ippocrate è morto ad Auschwitz, eredità del nazismo medico
Il nazismo, al di là della barbarie e della banalità del male, fu soprattutto un gigantesco esperimento eugenetico. Il nazismo rese sistema l'uccisione come forma di "terapia" per eliminare le "vite indegne di essere vissute". E rese legale la sperimentazione su esseri umani "inferiori". Giulio Meotti ce lo ricorda nel suo libro Ippocrate è morto ad Auschwitz.
La storia della più grande compromissione medica e scientifica ai massimi livelli è “un buco nero”. Siamo nel Terzo Reich di Hitler. Il nazionalsocialismo ha un sogno in particolare, un’ambizione che non è quella che ci hanno venduto alcuni libri di storia. Giulio Meotti nel suo ultimo lavoro, Ippocrate è morto ad Auschwitz ci svela i retroscena nascosti ai più. L’essere umano che diventa oggetto di laboratorio, e salta per la prima volta, e forse definitivamente, l’argine della dignità dell’uomo come persona. Ma i medici del Terzo Reich non violarono alcuna legge e dissero di agire per il bene dell’umanità e il progresso della scienza.
Prima dell’olocausto di 6 milioni di ebrei, Hitler lavorò a quello dei malati e dei disabili?
I lager nella forma primigenia sono stati campi per malati di mente e disabili.
In che senso?
Per intenderci bene le racconto un aneddoto.
Prego.
Jennifer Doudna nel 2020 ha ricevuto insieme a Emmanuelle Charpentier il Premio Nobel per la chimica “per lo sviluppo di un metodo per l'editing del genoma”. La Doudna dopo la vittoria ha raccontato a mo’ di aneddoto un sogno che ha fatto dopo la scoperta. È seduta alla scrivania, il suo assistente le dice che c’è una persona molto interessata alla ricerca e che vorrebbe parlare con lei. La Doudna entusiasta prega di farlo accomodare. Si apre la porta e compare un uomo munito di taccuino. È Adolf Hitler che le dice, “la prego, mi racconti tutto di questa tecnica. Sono molto interessato”. La professoressa lo racconta per evidenziare come, dal primo momento in cui ha ultimato la scoperta, ha pensato che nelle mani dei nazisti sarebbero venute fuori cose inimmaginabili.
Con il nazismo per la prima volta nella storia siamo davanti a uno sterminio perpetrato da luminari? Perché nessuno può dire che quelli fossero “barbari”.
Esattamente. Siamo in Germania. La nazione con il maggior numero di premi Nobel, all’avanguardia della medicina e della scienza nel mondo. E là che andò in scena il più allucinante crimine medico che la storia ricordi: gli esperimenti sugli esseri umani. Mengele aveva studiato con i migliori genetisti. Era un serissimo ricercatore, profondamente impregnato della mentalità scientista ed eugenetica del tempo. Ad Auschwitz non era andato per uccidere, ma per selezionare, per prendere quel che poteva ai fini della cosiddetta “ricerca scientifica”. Si prestò ad un’operazione senza eguali. E se i tedeschi avessero vinto la guerra, il professor Mengele avrebbe avuto anche una cattedra di genetica.
Esiste dunque ancora un tabù circa l’origine di eutanasia ed eugenetica nate in seno ad Hitler?
Impossibile sostenere il contrario. A noi sembra oggi allucinante, al limite dello strampalato, ma fu il nazionalsocialismo ad immaginare la ricerca di un siero che potesse denunciare le differenze razziali, renderle visibili e considerare tutto sensazionale.
Eutanasia, campi di sterminio, professori, psichiatria, il sogno delle prime vaccinazioni di massa, la barbarie che nasce sotto la Repubblica di Weimar: è la fotografia che viene dal libro. Il nazismo ha inventato le prime distruzioni delle “vite indegne di essere vissute”?
Esorcizzare tutto banalizzando e parlando di folletti maligni e di pazzi che incarnavano il male assoluto è inutile. Siamo al cospetto di luminari convinti che il male che facevano e, a servizio del quale si erano messi, serviva a fare del bene. Per trent’anni, il Paese più all’avanguardia d’Europa, con i premi Nobel, antibiotici, sulfamidici etc aveva un solo obiettivo: “la morte caritatevole”.
Se il comunismo lavorò per il mondo nuovo nel sistema economico, il nazismo s’industriò per il mondo nuovo nella medicina?
Fu totalmente così. Il nazismo fu un’impresa medica. Provare a ridurlo ad un gesto di barbarie è comodo. Abbiamo a che fare con una dittatura moderna, iper illuminista e iper razionalista. Hess, il delfino di Hitler, non faceva che ripetere come il nazismo fosse biologia applicata!
C’era un medico dietro ogni azione hitleriana?
C’era un medico quando si dovevano azionare i rubinetti del gas, ce n’era uno quando si scendeva nella rampa di Auschwitz, c’era quando si facevano le selezioni, nei campi di concentramento e c’era un medico nella villa a Berlino a valutare i formulari dei bambini da mandare al gas o al crematorio. Il nazismo rese sistema l’uccisone come forma di terapia.
Perché questo libro ci riguarderebbe così da vicino?
Profondamente da vicino. Perché lì furono gettate le basi di una bioetica che non è più la dignità e la santità della vita, ma solo per la qualità della vita. Nessuno di quei medici, scienziati o professori si è mai pentito. Erano gli esperti al servizio del mondo nuovo. Le carriere di chi è sopravvissuto sono continuate nel riciclo di questa o quella cattedra.
Quale fu la cronologia esatta del sogno nazista?
Prima ci fu l’operazione T4, 300mila bambini tra adulti e bambini uccisi con il programma eutanasia, poi gli venne in mente: uccidiamo il popolo ebraico! E ha inizio la cosiddetta “soluzione finale”.
Dove trovarono tutto quel personale?
Non c’era tempo per formare di nuovo gli operatori. Li presero dal programma eutanasia e medici e infermieri andarono a lavorare nei campi di concentramento. Non solo gli psichiatri, tutti erano al servizio dell’ideologia nazista. Alla stazione di Treblinka c’erano dottori in camice bianco.
Lo sterminio degli ebrei non sarebbe stato possibile se non ci fosse stata l’eutanasia dei malati?
Il personale passava da un manicomio a un lager e da un lager a un’accademia, fino alle docce dove si gasavano malati ed ebrei: era un intreccio mortale tra scienza e sterminio.
Come oggi, quindi, c’erano i cosiddetti “comitati etici” a decidere dei destini dell’uomo?
Certo, è una cosa tipicamente nazista il comitato. Non c’era la bioetica, ma c’erano gli esperti di etica. Inoltre non è vero che da quelle sperimentazioni sull’uomo non ottennero nulla. È pieno di “scoperte” ottenute in quei campi. Una su tutte per notorietà, la Clara cells.
Chi era il Prof Catel?
I nazisti avevano ordinato a tutti gli ospedali, medici di famiglia e ostetriche di segnalare alla nascita i bambini disabili. Il professor Catel, con altri due colleghi, era a capo del sistema. Valutava i casi con un semplice simbolo “+”, se il bambino doveva morire, “-“, se c’era ancora la vita per lui. Non sapremo mai quanti bambini avesse sulla coscienza Catel. Ancora negli anni ‘60 i suoi testi sono stati tradotti in italiano.
Nel libro a proposito cita anche una vicenda personale legata a Papa Benedetto XVI.
Sì. Aveva 14 anni quando alcuni “medici” nazisti andarono a prelevare, contro il volere dei genitori, il cugino affetto da sindrome di down, di poco più piccolo di lui. Nessuno lo vide mai più. Solo più tardi, racconterà il papa emerito, scoprirono che era stato ammazzato per volere del Fuhrer. Toccò con mano l’eutanasia nazista, e non smise, forse anche per questo, di denunciarla.
Lei riporta anche un’intervista del professor Catel per Der Spiegel, del 1964, in cui continuava a teorizzare la distruzione delle “vite indegne di essere vissute”. Fornì anche un fondamento teologico alle sue convinzioni?
Non si è mai pentito, la stampa del tempo si prestò, pubblicò un libro sulle sue ricerche. E sì, citò un protestante a fondamento anche teologico di quella morte caritatevole rispetto a “storpi e parassiti”, come li chiamavano loro. C’era una corrente protestante che sostenne apertamente tutto ciò partendo dalle dichiarazioni di Lutero.
Che cosa fu il “blocco dei parroci”?
Come nel lager di Ravensbrück, anche a Dachau venivano fatti esperimenti su uomini e donne con i sulfamidici. Là c’era il dottor Heinrich Schütz che nel cosiddetto “blocco dei parroci”, selezionava sacerdoti sani e iniettava loro materia prelevata da ascessi di persone gravemente malate. Venivano divisi in gruppi con cure diverse per sperimentare: tanti preti polacchi morirono fra atroci sofferenze perché medicati con sodio.
Nessuno si ribellò a tutto ciò? Nessuna voce fuori dal coro? Impossibile che nessuno sapesse.
Qualcuno che saltò sul tavolo ci fu eccome. Il cardinale Clemens August von Galen fu tra questi. È stata una delle prime beatificazioni di papa Benedetto XVI che lo ha ricordato più volte. Le sue straordinarie prediche correvano per le città tedesche e così i tedeschi vennero a sapere dell’annientamento dei malati psichici e dei disabili. Faceva i nomi dei medici coinvolti, i luoghi, circostanziava le accuse al nazismo e a Hitler. Pio XII lo definì un “gigante e non solo per la corporatura” (era alto due metri e cinque ndr).
E infatti venne perseguitato.
Tuonò senza stancarsi mai, dall’inizio alla fine. Denunciò la persecuzione contro suore ed istituti cattolici. Perseguitarono e deportarono i suoi fedeli collaboratori. “Se mi arrestano suonate le campane”, ripeteva. E quando gli distrussero la chiesa, domandò che non venisse riparata a memoria delle atrocità naziste. Con lui si ribellò anche il cattolico Max Lebsche, professore di chirurgia all’università di Monaco, si dimise per protesta. E non fu un caso che i ragazzi della rosa bianca fossero studenti di medicina. La prova che non è vero che Chiesa cattolica non denunciò il nazismo.