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INTERVISTA/PERA

«Inseguendo la modernità la Chiesa si è secolarizzata»

«La Chiesa guarda solo alla propria dimensione storica, così chiudere una chiesa è come chiudere un teatro e andare ad una Messa è come partecipare ad un comizio. È questo l’effetto della secolarizzazione della Chiesa». A colloquio con Marcello Pera tra cultura cristiana in declino e un'Europa che gioca sui diritti: «Se la crisi è spirituale, e lo è, allora le istituzioni non bastano a risolverla. Occorre una nuova cultura. E passa dal cristianesimo». 
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Attualità 04_05_2020

Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista al filosofo Marcello Pera, che viene pubblicata oggi integralmente sul sito dell'Osservatorio Cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale della Chiesa.

Da più di due mesi siamo tutti coinvolti in una crisi che da sanitaria si è fatta vieppiù sistemica e capace di dissolvere molte decennali illusioni e rivelare la malattia spirituale che corrode sin nel midollo realtà dall’apparenza solida: l’Unione Europea (UE), la statualità e la democrazia italiana, la nostra civiltà (che fu cristiana) nella sua cultura di massa e nella sua ideologia di fondo, la stessa Chiesa Cattolica.

Si tratta allora di capire la crisi di una civiltà, culturale-spirituale prima che sanitaria e socio-economica, per poter ragionevolmente pensare al dopo-crisi, a come uscirne e a come e cosa ricostruire.

L’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla Dottrina sociale della Chiesa, partendo dal documento pubblicato dall’arcivescovo Gianpaolo Crepaldi, ha avviato un Tavolo di Lavoro sul dopo-coronavirus per pensare cattolicamente una risposta alla crisi partendo dal patrimonio filosofico e teologico della Dottrina sociale della Chiesa.

Ne abbiamo parlato con il professor Marcello Pera, illustre filosofo, già ordinario di Filosofia della scienza all’Università di Pisa, uno dei pensatori più autorevoli del conservatorismo liberale italiano, senatore della Repubblica per quattro legislature, Presidente del Senato dal 2001 al 2006, intellettuale laico dei più sensibili alla Tradizione Cattolica, capace di intessere con papa Benedetto XVI un dialogo filosofico approdato a pubblicazioni e che dura tuttora.

Presidente, l’arcivescovo Crepaldi ha parlato di una UE “morta per coronavirus”, Ella ha invece retrodatato il decesso considerando il virus solo come ciò che tale (già avvenuta) morte ha manifestato. Chi ha ucciso l’UE? Di cosa e quando è morta?
Credo che nella sostanza siamo d’accordo. Senza il coronavirus non ci sarebbe stato il certificato di decesso dell’Unione Europea. Lì si è visto che l’Unione non è uno Stato federale né confederale, come è noto, ma neppure una comunità, perché non si fa carico delle difficoltà che colpiscono i suoi membri e alcuni in modo particolare. Piuttosto, è emersa la volontà egemonica di alcuni Stati di dettare le regole agli altri. Esattamente come accadde con la Grecia, solo che stavolta l’evento è stato meno cruento. Osservo poi che sono stati proprio gli europeisti, quelli che si portano sempre al petto la medaglia d’onore e si danno pacche sulle spalle di autocompiacimento, a rompere il giocattolo. Nel migliore dei casi, hanno trasformato l’Unione in una banca, un’impresa di assicurazione, un istituto che presta soldi e che ciascuno poi si strozzi quando deve restituirli. Non avendo mai messo in gioco la sua identità e il suo destino, l’Europa alla prima prova seria e drammatica si è sciolta. Un’accozzaglia di Stati che stanno insieme se fa comodo, che si osteggiano per lo più, sul coronavirus oggi, come ieri sull’islam e l’immigrazione.

Il problema è dunque l’identità stessa dell’Europa (prima ancora che dell’UE), il suo riconoscersi o meno nella Civiltà Cristiana e dunque la sua capacità di alterità rispetto alla Umma islamica e alle civiltà orientali. Ma l’Europa (prima ancora che l’UE) è ancora Civiltà Cristiana?
No, l’Europa non è più cristiana, o lo è sempre meno, non pensa di essere stata battezzata anche dal cristianesimo, e considera la religione cristiana un ostacolo al progresso. Dice di credere nei “diritti”, ma, primo, non sa spiegarsi da dove sono scesi, secondo, quando scopre che alcuni diritti non sono comodi o urtano altri diritti, semplicemente li ignora. Il diritto alla vita? Non vale per l’aborto. Il diritto alla famiglia e a far nascere figli? Non vale per le coppie omosessuali. Il diritto alla dignità? Non vale per l’eutanasia. Eccetera. Siamo al supermercato, dove ognuno sceglie ciò che gli piace, e guarda all’etichetta di provenienza. Se per caso trova che un prodotto è “made in Christendom”, lo scarta: non ha il marchio di garanzia.

Se la crisi è spirituale la risposta non potrà che collocarsi a quell’altezza. Dunque la morte dell’UE e la patologia dell’Europa che risposta debbono trovare?
Se la crisi è spirituale, e lo è, allora le istituzioni non bastano a risolverla. Occorre una nuova cultura. E qui vorrei ridire ciò che ho detto tante volte. Il cristianesimo non è solo la fede nel Dio incarnato, crocifisso e risorto, è anche la cultura della centralità della persona, in cui si rivela la sua natura creaturale. È vero che l’una cosa è congiunta all’altra, ma sono distinte. Perciò, se si fa questa distinzione, è possibile che anche il laico, colui che, sul piano della fede, non ritiene di appartenere alla ecclesia di Dio, diventi un alleato per l’affermazione del cristianesimo, sul piano della cultura.

Questa pandemia ha visto anche l’eclissarsi della presenza pubblica della Chiesa. Per la prima volta in duemila anni si è celebrata la Pasqua senza il popolo, le Sante Messe da due mesi sono interdette ai fedeli, non si celebrano matrimoni, prime Comunioni, battesimi e cresime. Persino i defunti sono sepolti senza esequie. E tutto nel silenzio … Come legge questa afonia della Chiesa?
Amaramente. La leggo come l’effetto della secolarizzazione della Chiesa. Se questa guarda solo alla propria dimensione storica, temporale, allora chiudere una chiesa è come chiudere un teatro, riunirsi in una chiesa è come assembrarsi in un cinema, andare ad una Messa è come partecipare ad un comizio. Si perde la dimensione spirituale, il Corpo di Cristo. I fedeli a Messa o al battesimo o ad un funerale sanno che esiste un rischio di contagio, ma sanno anche come calcolarlo, ridurlo, evitarlo. Se, per il loro “bene”, affidano allo Stato le decisioni nella sfera ecclesiale, allora lo Stato riduce la Chiesa solo alla sua dimensione istituzionale pubblica, e la Chiesa si adatta a questa rappresentazione. Sono rimasto colpito da tanto silenzio e amareggiato da tanto zelo di assecondare le misure di sicurezza e precauzione fissate dal governo. Purtroppo, l’esempio è venuto dall’alto. Il presidente Conte deve essersi molto stupito: credeva di essere autorizzato a trattare la Chiesa come un qualunque altro organismo secolare, e poi s’è trovato ad essere contraddetto e fortemente criticato. “Ma come?! — immagino che abbia detto ai suoi alti referenti vaticani — non eravamo d’accordo?”. Effettivamente, lo erano, ma poi i referenti, spinti dai credenti, hanno corretto l’errore. O così almeno spero.

La teologia della storia è inscritta nella stessa Divina Rivelazione, antico e neo testamentaria. Oggi la Chiesa, i suoi Pastori rivelano quasi un imbarazzo a leggere ciò che ci accade trascendendo l’ordine intramondano. Così facendo, la Chiesa non si condanna forse all’inutilità?
Temo che sia accaduto qualcosa di irreparabile nel breve tempo. La Chiesa è andata incontro alla modernità, ha civettato con lo spirito dei tempi e si è auto-rappresentata come moderna. L’evento è traumatico, perché significa passare dalla dimensione della salvezza, l’escatologia, a quella della libertà, l’ideologia. Una Chiesa ideologizzata, che si occupa della giustizia sociale, dei diritti dell’uomo, del progresso civile, che cosa ha più da dire? Diventa una voce secolare fra altre voci secolari. E va a rimorchio del secolarismo. L’esempio più emblematico è l’ecologia: salvare il pianeta, o magari l’Amazzonia, non è come salvare l’anima. E per di più cercare di salvare il pianeta insistendo sulla intrinseca bontà della natura o sull’equilibrio turbato dall’uomo, equivale a professare un’ideologia. Per di più falsa dal punto di vista cristiano: nella teologia cristiana, non solo l’uomo, anche la terra è caduta, non è più l’eden, non dà più solo buoni frutti, somministra anche veleni, come il coronavirus. La terra caduta è tanto amica quanto nemica dell’uomo. Mitizzarla come madre buona che nutre i suoi figli è una forma di paganesimo.

L'intervista integrale è pubblicata sul sito dell'Osservatorio Van Thuan