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NOTTINGHAM

Indi, un funerale che profuma di Cielo

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Celebrato ieri nella cattedrale cattolica di Nottingham il funerale della piccola Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata, fatta morire dai medici e giudici inglesi per il suo "miglior interesse". Il vescovo: «C'è un posto speciale in Cielo per i bambini come Indi».
- «La mia bella guerriera Indi Gregory», di Dean Gregory

Vita e bioetica 02_12_2023 English

Cosa è davvero il Cielo, essere tra le braccia di Dio? Un sogno che ci consola davanti a una perdita troppo dolorosa da sopportare? O la Speranza che nasce dalla certezza di una vita cambiata da Cristo? È la domanda che è ritornata prepotente partecipando al solenne funerale di Indi Gregory, ieri mattina 1° dicembre in una freddissima Nottingham, nella cattedrale affollata. La bambina di 8 mesi, affetta da una grave malattia genetica, a cui medici e giudici hanno negato la possibilità di vivere fino alla morte naturale, e quindi fatta morire lo scorso 13 novembre, ha visto riconosciuta ieri nell’estremo saluto quella dignità che le era stata negata in vita.

Non solo perché i genitori Dean e Claire l’hanno fatta arrivare in chiesa a bordo di una carrozza bianca trainata da due cavalli, la piccola bara bianca avvolta da corone di fiori. Ma soprattutto per la solennità della liturgia funebre che lo stesso vescovo di Nottingham, Patrick McKinney, ha voluto celebrare, accompagnando Dean e Claire in diversi incontri prima del funerale. Il clima di preghiera, i canti eseguiti dal coro della cattedrale, la cura del vescovo e dei concelebranti e le letture scelte, da Dean e Claire insieme a monsignor McKinney: tutto parlava del Cielo.

«Noi crediamo che Gesù prepari un posto speciale in Cielo per tutti i bambini – ha detto il vescovo McKinney - e, specialmente, per quelli che come Indi muoiono così giovani». Lo crediamo perché Gesù stesso ce lo ha detto nella pagina di Vangelo scelta: «Lasciate che i bambini vengano a me (…) perché ad essi appartiene il Regno dei Cieli» (passaggio ricordato anche dal messaggio inviato per l'occasione da papa Francesco). E la lettera di san Paolo ai Romani: «Se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore; così che, sia che viviamo sia che moriamo, apparteniamo al Signore». Dean e Claire – ha chiosato il vescovo - «sono molto confortati da questa verità che Gesù Cristo continuerà a prendersi cura di Indi in Paradiso».

E ieri, con la massima naturalezza, nella splendida lettera da lui scritta e letta dal parroco della cattedrale al termine della liturgia funebre, Dean Gregory ha ribadito il concetto: «La mia più grande consolazione, in questo periodo difficile, è sapere dove sta e con chi sta ora Indi. Ho fatto battezzare Indi per proteggerla e in modo che potesse andare in Paradiso. Mi dà pace sapere che è in Paradiso e che Dio si prende cura di lei».

Ma di nuovo torna la domanda: cosa permette di dire che questo non è un sogno in cui rifugiarsi, ma una speranza certa? Dean e Claire hanno risposto con la loro esperienza vissuta. Lo stesso papà di Indi lo aveva raccontato in esclusiva alla Bussola: «Non sono religioso e non sono battezzato. Ma quando ero in tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all'inferno. Ho pensato che se l'inferno esiste, allora deve esistere anche il paradiso. Era come se il diavolo fosse lì. Ho pensato che se esiste il diavolo allora deve esistere Dio».

Già, né Dean né Claire sapevano nulla di religione, tanto meno del cristianesimo, ma vivere la realtà con lo sguardo aperto ha posto loro davanti una evidenza. Così hanno potuto toccare con mano che se da una parte c’è «un sistema così forte da rendere impossibile vincerlo», come ha ricordato Dean nella lettera, dall’altra hanno potuto incontrare uomini che vivono in modo completamente diverso, che trasmettono umanità: la volontaria anglicana in ospedale che ha battezzato Indi, gli avvocati di Christian Concern («Mi hanno colpito molto per come mi hanno sostenuto e per la loro dedizione», aveva raccontato Dean alla Bussola), l’ondata di solidarietà che si è alzata da ogni parte del mondo, e soprattutto dall’Italia che, infatti, ieri ha avuto una presenza importante al funerale.

Si ricorderà infatti che il governo italiano il 6 novembre aveva concesso la cittadinanza italiana a Indi, allo scopo di facilitarne l’eventuale trasferimento all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, dove avrebbe potuto essere curata, cosa che però i giudici inglesi hanno impedito: «Sono sicuro che Indi sia orgogliosa come io lo sono – ha detto Dean – per lo stupefacente sostegno e amore mostrato dal governo italiano, dal primo ministro italiano e dal popolo italiano. Io credo fermamente che sono stati gli angeli custodi di Indi durante la battaglia legale».
E ieri infatti era presente la delegazione del governo italiano, con i ministri Roccella e Locatelli (la premier Meloni ha poi inviato un bellissimo messaggio personale a Dean e Claire); l’ex senatore Simone Pillon, che da avvocato ha curato gli interessi dei Gregory in Italia e che insieme alla delegazione di Pro Vita e Famiglia ha consegnato a Dean e Claire due libri con i messaggi e i disegni dei tanti italiani che hanno voluto mostrare solidarietà; e CitizenGo oltre ovviamente alla Bussola

Ma ieri, ai funerali di Indi («una vera guerriera» l’ha definita Dean) hanno voluto essere presenti anche altri volti che in questi anni hanno lottato per la vita in Inghilterra contro un sistema disumano che giudica la morte “il miglior interesse” dei suoi cittadini gravemente disabili. C’erano dunque Hollie Dance, la mamma di Archie Battersbie, il 12enne “condannato a morte” per i gravi danni cerebrali riportati a seguito di una sfida online; la sorella lla di RS (un ordine dei giudici impedisce ancora di pubblicare il suo nome), che aveva combattuto con tutte le forze per strappare il fratello, cittadino polacco, in stato vegetativo alla morte decretata da medici e giudici; e c’era anche Isabel Vaughan-Spruce, arrestata due volte per aver pregato silenziosamente nei pressi di cliniche per aborti. Arrivate tutte da lontano per unirsi a Dean e Claire, ma per riaffermare anche il senso della loro sofferenza.

Un ritrovo dal grande valore simbolico, un’unità visibile di persone che per amore della vita e della Verità si sono trovate a combattere contro la menzogna e il cinismo di un Potere sempre più totalitario. Ed è significativo che questa unità si sia mostrata in una liturgia che glorificava il Signore della Vita. È anche attraverso questi volti di persone ferite ma mai dome, che la speranza del Cielo si fa concreta.



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- Quella voglia ostinata di morte, di Riccardo Cascioli
- DOSSIER: Il caso Indi Gregory

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