Indi Gregory condannata a morte, oggi il distacco dei supporti vitali
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Respinto il ricorso dei genitori della bambina di 8 mesi affetta da una patologia mitocondriale. I giudici d’Appello hanno disposto l’estubazione, prevista per oggi in un hospice.
+++ AGGIORNAMENTO: Verso le 15, ora italiana, Indi, con la mamma Claire, è arrivata in ambulanza all'hospice, dove è prevista l'estubazione. Il papà è arrivato in macchina con la sorellina di Indi.
Ostinati fino alla morte. Alla morte di una innocente di 8 mesi, si intende. Ieri, in Appello, è stato respinto su tutta la linea il ricorso della famiglia di Indi Gregory, la piccola anglo-italiana affetta da una rara patologia mitocondriale e fin qui in cura al Queen’s Medical Centre di Nottingham.
I giudici Peter Jackson, Eleanor King e Andrew Moylan, sulla falsariga di quanto deciso in primo grado dal collega Robert Peel, hanno infatti ordinato l’estubazione di Indi, che è prevista per oggi, sabato 11 novembre, a un'ora imprecisata* – come informa Christian Concern, l’associazione che sta assistendo legalmente i Gregory – in un hospice sul cui nome vige un obbligo di riservatezza. All’inizio la stampa aveva diffuso come termine ultimo per l’estubazione quello del prossimo lunedì, sulla base delle parole dette al termine dell’udienza, con una formula dubitativa, dalla giudice King. Ma appunto questa ambiguità è stata nel frattempo risolta, nel verso di accelerare i tempi per il distacco dei supporti vitali, evento che potrebbe avvenire da un momento all’altro. L’estubazione non dovrebbe comunque significare la morte immediata di Indi, come già chiarito nella sentenza di Peel in data 8 novembre 2023: «Il Trust cercherà di stabilizzarla dopo l'estubazione e valuterà il passo successivo, un processo che secondo loro potrebbe richiedere circa una settimana».
Ora si sono esaurite tutte le possibilità legali per altri ricorsi. Né si ha notizia di seguiti all'iniziativa del governo italiano verso quello britannico. L’altro ieri, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, aveva scritto una lettera d’urgenza al lord cancelliere e segretario di Stato per la giustizia del Regno Unito, Alex Chalk, chiedendo di avviare una collaborazione ufficiale tra i due Paesi, sulla base della Convenzione dell’Aja del 1996 in tema di protezione dei minori e in particolare dell’articolo 32, per favorire il trasferimento di Indi a Roma. Qui, lo ricordiamo, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù è pronto a fornire cure specialistiche alla bambina e l’esecutivo italiano ha già dato la propria disponibilità a pagare le cure stesse. Nella sua lettera, i cui contenuti precisi sono stati rivelati ieri, la Meloni auspicava uno sblocco della situazione «in tempo utile perché Indi possa accedere a questa possibilità nello spirito di collaborazione che da sempre contraddistingue i due Paesi».
Non è noto se da Chalk sia giunta una risposta alla lettera della premier italiana, ma è certo che i vari meritori passi fatti in questa settimana dall’esecutivo del nostro Paese per cercare di salvare Indi sono andati di traverso ai giudici britannici che hanno valutato il caso. Secondo Jackson, King e Moylan, la richiesta italiana basata sulla Convenzione dell’Aja, richiesta su cui comunque non si è entrati nel merito durante l’udienza, è «totalmente mal concepita» e «non nello spirito della Convenzione».
Anche riguardo al luogo dell’estubazione, la prima delle tre questioni affrontate nell’udienza di ieri, i giudici hanno respinto la richiesta dei genitori, Claire e Dean Gregory, che, pur rimanendo contrari all’idea di togliere il supporto vitale a Indi, chiedevano quantomeno di poterla estubare a casa, anziché nell’hospice, come infine è stato stabilito. Il team legale dei Gregory, con l’avvocato Bruno Quintavalle, ha contestato pure la mancanza di completezza di informazione che ha caratterizzato le fasi processuali sempre in merito all’estubazione, nonché il rifiuto da parte dei medici di considerare la migliore possibilità clinica per Indi, come prevederebbe la stessa giurisprudenza britannica. Ma anche questi ultimi rilievi sono stati respinti dai giudici di Appello, che si sono basati ciecamente sulle analisi, improntate al più cupo pessimismo, dell’équipe medica che ha in cura Indi e hanno perciò concluso che non si debba concedere altro tempo, perché farla vivere ancora è contrario al suo «miglior interesse».
Durante l’udienza, cui abbiamo potuto assistere da remoto, è emersa in modo evidente l’irritazione per il ricorso, con Jackson, su tutti, che non è riuscito in particolare a nascondere il suo fastidio per l’intervento dell’Italia e per i tentativi, da parte dei Gregory, di neutralizzare le decisioni prese nelle corti del Regno Unito. Lo stesso giudice ha letto il giudizio finale con toni glaciali, lamentando i continui «ritardi» nell’estubazione che starebbero causando «angoscia» a Indi; e si è scagliato duramente contro l’approccio usato dai Gregory e dai loro legali durante il contenzioso, tacciandoli di «tattiche manipolatorie». Alla fine della lettura del giudizio, sia la giudice King che Moylan hanno dato il loro assenso al collega con un esplicito: «I agree» (Sono d’accordo).
A seguito dell’udienza, Dean Gregory ha detto: «Claire e io siamo ancora una volta disgustati da quest’altra decisione unilaterale dei giudici e del Trust [il trust sanitario che ricomprende il Queen’s Medical Centre, ndr]». Il padre di Indi ha quindi da un lato elogiato l’aiuto offerto dal governo italiano e dall’altro lamentato l’assurdo comportamento delle autorità del Regno Unito, che impediscono il trasferimento della bambina nel nostro Paese. «Questo è come l’ultimo calcio nei denti, e non rinunceremo a lottare per la possibilità di nostra figlia di vivere fino alla fine». Due semplici genitori, consapevoli che la vita umana è un dono da custodire, che lottano contro un sistema che va svelando sempre più i suoi tratti luciferini.
+++ AGGIORNAMENTO: Verso le 15, ora italiana, Indi, con la mamma Claire, è arrivata in ambulanza all'hospice, dove è prevista l'estubazione. Il papà è arrivato in macchina con la sorellina di Indi.
Speranza per Indi Gregory. E l’Italia fa un’altra mossa per salvarla
Dalle 13 di oggi (ora italiana), venerdì 10 novembre, sarà discusso il nuovo ricorso sul caso della bambina di 8 mesi, incentrato sul luogo dell’estubazione. Ma c’è anche una mossa senza precedenti del governo Meloni, che chiede al Regno Unito il trasferimento di giurisdizione.
+++ AGGIORNAMENTO: Respinto su tutta la linea, in Appello, il ricorso della famiglia Gregory. I giudici ordinano di eseguire l'estubazione, che è prevista per domani, sabato 11 novembre.
Conto alla rovescia per Indi Gregory
I giudici inglesi hanno deciso che da oggi, giovedì 9 novembre, alle 15 (ora italiana) i medici dell’Ospedale di Nottingham possono iniziare le procedure per togliere i supporti vitali alla bambina di 8 mesi gravemente malata. Ridotte al lumicino le speranze di un trasferimento in Italia.
+++ AGGIORNAMENTO delle 18.30: Domani, venerdì 10 novembre, a partire dalle 12 (le 13, in Italia), sarà discusso il nuovo ricorso della famiglia di Indi Gregory. In attesa della decisione sul ricorso, rimangono attaccati i supporti vitali di Indi.
Indi Gregory, ecco perché non c’è accanimento terapeutico
In un’intervista al Corriere il responsabile del Comitato etico della Siaarti, Alberto Giannini, sostiene, contraddicendosi, che per Indi ci sia accanimento terapeutico. In realtà le terapie salvavita fornite alla bimba anglo-italiana sono efficaci e proporzionate.
«Incurabile». Il benvenuto di morte della stampa a Indi
I media italiani si accodano al best interest sancito da medici e giudici definendo Indi «incurabile». Che però non è sinonimo di inguaribile. Un asservimento della stampa alla mentalità eutanasica dominante.
Sì, vale la pena lottare per la vita di Indi Gregory
Malgrado la speranza generata dalla concessione della cittadinanza italiana, la strada resta in salita per salvare la bambina inglese di 8 mesi che medici e giudici vogliono lasciar morire. Ma la dignità della persona esige che la battaglia per la vita sia portata fino in fondo.
«Mia figlia Indi messa a morte da un Sistema diabolico»
Si è riaccesa una piccola speranza per Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata a cui oggi i medici potrebbero togliere i supporti vitali: il governo italiano le ha concesso la cittadinanza italiana così da facilitare un eventuale trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Alla Bussola il papà di Indi, Dean Gregory, consegna un messaggio di gratitudine per tutto quanto sta facendo l'Italia. E sulla sua vicenda dice: «In tribunale ho visto l’inferno, per questo ho fatto battezzare mia figlia».
Indi Gregory, otto mesi, l’ultima vittima del “fine vita” inglese
Affetta da rara malattia genetica degenerativa, sarà fatta morire oggi, 30 ottobre, a meno che venga accolto l’estremo ricorso per farla trasferire in Italia, al Bambin Gesù di Roma.