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c'è chi dice no

«Inadeguato e ambiguo»: vescovi fuori dal coro sinodale gay friendly

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Il documento sinodale dei delegati Cei già scaricato da due vescovi. Paccosi (San Miniato): «Inadeguato il riconoscimento delle unioni omoaffettive»; Suetta (Sanremo): «La Cei non può cambiare la dottrina, proporrò di rettificare i passaggi ideologici sui diritti degli omosessuali». Per la Cei targata Savino e Zuppi è già uno smacco.

Ecclesia 28_10_2025

C’è chi dice no. Appena un giorno di vita e il documento di sintesi del cammino sinodale delle Chiese in Italia viene scaricato da due vescovi. Se il buon giorno si vede dal mattino, per la Cei non sarà semplice far approvare così com’è il controverso testo votato pomposamente da quasi 800 delegati incaricati dalle Diocesi. Da qui alla votazione del testo che verrà sottoposta all’Assemblea Generale della Cei di metà novembre, potrebbero essere molti altri i vescovi che chiederanno di modificare alcune parti. Soprattutto quelle che ridisegnano la morale sessuale circa il rapporto con l’omosessualità. E soprattutto da ieri che non uno, ma ben due vescovi sono usciti allo scoperto per prendere le distanze, annunciando una richiesta di modifica.

Sotto accusa sono principalmente quei passaggi in cui si parla del «riconoscimento delle unioni omoaffettive» e dove si parla di veglie contro l’omofobia e si riconosce il gender.

Il primo a prendere posizione è monsignor Giovanni Paccosi che ha pubblicato sul sito della Diocesi un testo inviato al portale In terris. E il giudizio, se si pensa che siamo di fronte non certo ad un vescovo della fronda (sa mai ve ne fossero nell’attuale composizione della Cei) è lapidario: «In alcuni articoli c’erano, tutte insieme, proposte non omogenee e tendenziose». 

Paccosi va subito dritto al punto, contrapponendo l’attività pastorale della sua diocesi, scandita dal suono delle campane, dalle Messe dove incontra i suoi fedeli all’ambiguità delle espressioni partorite dai delegati: «Invece nel nostro documento sinodale ci sono alcune espressioni che ritengo ambigue: proprio quelle che adesso sono sulla bocca di tutti. Sul punto controverso dell’accoglienza delle persone omosessuali, per esempio, si aggiunge all’accoglienza auspicata il «riconoscimento». Ma «riconoscere» non è sinonimo di «accogliere», conclude il vescovo facendo riferimento ad alcuni passaggi «inadeguati».

Il secondo vescovo uscito allo scoperto è il vescovo di Sanremo e Ventimiglia monsignor Antonio Suetta che ha affidato al sito Uccr, un testo di presa di distanza. «Il Documento non è pronunciamento della CEI – ha scritto -. Si tratta di una consultazione di fedeli (e non) promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana con uno stile sinodale. Non è formalmente un Sinodo, né un pronunciamento della stessa CEI, nonostante nelle Assemblee che si sono succedute fossero presenti anche numerosi Vescovi».

Dunque, esattamente come scrivevamo ieri, non si può avere la pretesa che la voce dei cattolici sia stata ascoltata per il semplice fatto che 800 battezzati hanno deciso di scrivere un documento su desiderata e istanze che di cattolico hanno ben poco.

Infatti, il vescovo ribadisce che «rappresentano comunque una porzione minoritaria rispetto ai fedeli che sono in Italia». Secondo Suetta «il testo approvato che ne viene fuori registra purtroppo tendenze e visioni di Chiesa e di dottrina, che, a mio parere, sono tutte da verificare e rettificare alla luce della Dottrina Cattolica, contenuta, ad esempio nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nel Magistero costante e ininterrotto sulle tematiche oggi dibattute».

E promette che «la prossima Assemblea della Conferenza Episcopale Italiana riceverà questo Documento e ne farà oggetto di riflessione, dibattito ed eventualmente di orientamenti pastorali». Tradotto: dovrà cambiare.

Lo stesso Suetta al telefono successivamente con la Bussola lo ha confermato: «L’assemblea sinodale è assolutamente libera nel decidere di emendare quelle che allo stato attuale sono proposte, anche perché, è bene ricordarlo, le Conferenze Episcopali non hanno potestà per intervenire sulla Dottrina».

Sempre nel testo, il vescovo ricorda che «in un documento ecclesiastico non si devono introdurre termini tipicamente e ideologicamente connotati come “riconoscimento” (nell’ambito specifico delle rivendicazioni dei movimenti omosessualisti e cosiddetti arcobaleno) e transgender, vocabolo di assoluto marchio ideologico per quanto riguarda la teoria del gender, che vorrebbe promuovere diritti delle persone omosessuali in ordine al Matrimonio, alla famiglia, alla procreazione e all’adozione dei figli».

Insomma: anche per Suetta «dal punto di vista della morale cattolica, non si può accettare questa parola perché la dottrina cattolica non riconosce quanto l’ideologia gender sostiene, cioè la possibilità di cambiamento di genere in dipendenza di un’auto percezione o di volontà a prescindere dal dato biologico della nascita» e «affermare che le persone omosessuali abbiano un diritto all’intimità sessuale contraddice con quanto insegnato perennemente dal Magistero e dal Catechismo della Chiesa Cattolica».

Insomma, in vista dell’Assemblea generale è molto probabile che anche altri vescovi usciranno allo scoperto per rimarcare l’inadeguatezza di questo testo.

Sicuramente uno smacco per la Cei, che ha puntato tutte le sue energie per un’iniziativa muscolare affidando ad una ridotta di esaltati dell’ideologie Lgbt il controllo di una parte così significativa della morale sessuale. E di cui i vertici a guida del parlamentino Cei dovranno farsi carico, invece di magnificare il percorso democratico che ha portato a questo documento. Perché la democrazia non appartiene alla vita della Chiesa. Per lo meno quella in cui il controllo è dei soliti padroni del vapore, interamente votati alla causa omosessualista che spacciano per decisioni condivise pericolose fughe in avanti contro la dottrina.



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