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global warming

In Kenya un contadino sfida lo spauracchio ambientalista

«Non esiste una crisi climatica», dice Jusper Machogu, agricoltore 29enne con oltre 25mila followers su X. E scatena l'allarme: che ne sarebbe delle richieste di risarcimenti per l'Africa "vittima del cambiamento climatico"?

Esteri 19_06_2024

I governi africani continuano a esigere risarcimenti dall’Occidente. Alle rivendicazioni storiche su cui insistono da decenni – riparare con miliardi di dollari alla tratta atlantica degli schiavi e alla colonizzazione europea – si è aggiunta in tempi recenti la richiesta di compensazioni miliardarie per il cambiamento climatico.

Le richieste africane si fondano su quattro asserzioni, nessuna delle quali dimostrata: che sia in atto un rapido aumento delle temperature dagli effetti devastanti, che a causarlo siano il modo di produzione e lo stile di vita occidentali, che l’Africa non ne sia minimamente responsabile, che tuttavia siano gli africani, innocenti, a patirne le peggiori conseguenze. Le associazioni ambientaliste, in Africa e nel mondo, sostengono le ragioni dei Paesi africani, anche se non tutte d’accordo con quelli che, essendone ricchi, intendono continuare a estrarre, vendere e usare petrolio e gas. Alcune arrivano a negare che se ne ricavi profitto piuttosto che ammettere corruzione e sprechi. «In Nigeria – afferma Nicholas Omomuk, un attivista ugandese fondatore del movimento “Stop all’occupazione fossile dell’Uganda” – si estrae petrolio dal secolo scorso, ma la gente è ancora povera».

Quanto alla gente comune, si può ipotizzare che sia in parte convinta dalla propaganda antioccidentale delle associazioni e dei governi, questi ultimi desiderosi di stornare l’attenzione dal fatto che a rendere catastrofici i fenomeni atmosferici avversi sono l’incuria del territorio e delle infrastrutture, l’insufficiente controllo delle acque, l’assenza di piani urbanistici e tanto altro. Inoltre gran parte degli africani, assorti e preoccupati da pressanti problemi quotidiani, probabilmente non sono interessati ai temi ambientalisti e ne sono persino inconsapevoli.

È quindi una sorpresa scoprire qualcuno che non solo non crede al cambiamento climatico, ma ha deciso di avviare sulle reti social una campagna contro gli ambientalisti sfidando le autorità scientifiche e, cosa assai più temibile, quelle politiche del suo Paese. Si chiama Jusper Machogu, è un agricoltore di 29 anni di Kisii, una città del Kenya sudorientale. Dapprima su X pubblicava, con discreti riscontri, dei video in cui mostrava come lui coltiva la sua terra, semina, pianta e raccoglie. Ma i “clic” sono diventati decine di migliaia, e non solo dal Kenya, quando nel 2021 ha incominciato a confutare le teorie sul cambiamento climatico. «Non esiste una crisi climatica», afferma Jusper, quella del cambiamento climatico provocato dall’uomo è una «truffa» – l’Occidente potrebbe aver inventato il global warming per mantenere l’Africa povera togliendole i profitti derivanti dalla vendita di petrolio e gas naturali e impedendole di usarli come invece hanno fatto i Paesi oggi industrializzati e ricchi – oppure è una «bufala», «il cambiamento climatico è naturale», oltretutto «un clima più caldo fa bene alla vita». Adesso Jusper ha più di 25mila follower, molti dei quali negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito.

Il suo successo è tale da indurre la comunità scientifica a intervenire. Joyce Kimutai, una climatologa che ha contribuito alla stesura dei rapporti dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), sostiene che le affermazioni di Jusper derivano da totale ignoranza, ma, dice, a causa dei bassi livelli di «educazione climatica» in Kenya e in Africa, potrebbero far presa sulla gente e compromettere le politiche governative per il controllo del clima.

Soprattutto, ma questo Joyce Kimutai non lo dice, potrebbero se non compromettere almeno indebolire la credibilità delle richieste di risarcimenti. D’altra parte, però, negare il cambiamento climatico di origine antropica indebolisce anche le richieste ambientaliste di non investire più in Africa in progetti che riguardino i combustibili fossili.

Proprio il presidente di Jusper, William Ruto, è uno dei ferventi sostenitori del fatto che all’Africa sono dovuti miliardi di dollari per rimediare ai danni provocati dal cambiamento climatico e per avviare la conversione green. Ad aprile il suo Paese ha ospitato un vertice della Banca Mondiale al quale hanno partecipato diversi leader africani. Ruto in quell’occasione ha chiesto altri 120 miliardi di dollari per l’Africa, oltre a quelli già ricevuti negli anni precedenti. Per l’Africa e per il resto del sud del mondo di miliardi ne sono stati chiesti addirittura mille al vertice internazionale appena conclusosi a Bonn, in Germania, in preparazione della prossima conferenza mondiale sul clima, la COP29, che si terrà a novembre a Baku, in Azerbajan.

Anche al G7, ospitato dall’Italia dal 13 al 17 giugno, si è posto l’accento sugli effetti negativi del cambiamento climatico in Africa. Il 13 giugno, dopo la cerimonia di accoglienza, i lavori sono infatti iniziati con la sessione “Africa, cambiamento climatico e sviluppo” e il 15 giugno, durante l’incontro bilaterale tra il presidente del consiglio Giorgia Meloni e il presidente della Banca africana di sviluppo Akinwumi Adesina, istituto scelto come partner strategico per la realizzazione del Piano Mattei, è stata riaffermata la volontà di affrontare in Africa il cambiamento climatico e investire in “infrastrutture verdi”, per le quali saranno messi a disposizione 10 miliardi di dollari. I mass media italiani hanno sottolineato e commentato positivamente gli impegni finanziari presi in favore dell’Africa, continente che Il sole 24 ore ha definito «stremato dal cambiamento climatico».

Un sostenitore statunitense di Jusper Machogu gli ha pagato il viaggio per partecipare nel dicembre del 2023 in Sudafrica a una conferenza sui combustibili fossili. Poche settimane fa una troupe cinematografica inglese lo ha raggiunto a Kisii per intervistarlo e realizzare un documentario su di lui. Anche se non le ha mai chieste, hanno incominciato ad arrivargli donazioni, finora circa 9mila dollari, che lui ha usato per regalare bombole di gas da cucina e allacciamenti alla rete elettrica a decine di famiglie. Sarebbe un evento memorabile, davvero una svolta, se proprio dall’Africa partisse un movimento di resistenza all’ideologia ambientalista, contro quello che nel documentario Jusper ha definito il «bizzarro spauracchio ambientalista».



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