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ISOLA DI JAVA

In Indonesia il terrorismo islamista è affare di famiglia

Padre, madre e quattro figli - tra cui due piccoline - si sono fatti saltare in aria in tre diverse chiese cristiane di Surabaya, nell'isola di Java. È la prima volta che un'intera famiglia si lancia in un'operazione kamikaze. Un ulteriore salto di qualità del jihadismo, in un paese che era noto per la sua tolleranza nei confronti di tutte le religioni.
- ATTACCO A PARIGI, IPOTESI "PUNIZIONE", di Gianandrea Gaiani

-UN'ALTRA FAMIGLIA SUICIDA, UN'ALTRA STRAGE JIHADISTA di Stefano Magni

Esteri 14_05_2018
I danni, dopo le bombe esplose in luoghi di detenzione

È un'altra domenica di sangue quella appena trascorsa per i cristiani in Indonesia. Tre attentati, tre chiese a ferro e fuoco e la morte di almeno tredici fedeli e una quarantina di feriti. 

A Surabaya, la seconda città più grande dell'Indonesia, situata nella parte orientale dell'isola di Java, è andato in scena un triste teatro, un atroce affare di famiglia 'made in islam'. Perché i kamikaze che si sono fatti esplodere erano tutti membri di una stessa famiglia: il padre, la madre, due figli maschi e due figlie tra gli 8 e i 13 anni. 

La prima esplosione è avvenuta nella chiesa cattolica di Santa Maria alle 7.30, in piena notte italiana. E sono davvero impressionanti le immagini della televisione indonesiana che mostrano i detriti in milioni di pezzi sul pavimento della chiesa di Santa Maria dopo l’esplosione, nel giorno dell'Ascensione di Gesù e della memoria delle apparizioni della Vergine Maria a Fatima. A seguire le esplosioni in una chiesa pentecostale e in una chiesa protestante con intervalli di una decina di minuti l'uno dell'altro. "A sferrare uno degli attacchi - ha svelato il portavoce della polizia, Frans Barung Mangara - è stata una donna velata che si è fatta saltare in aria insieme ai suoi due figli piccoli". Gli altri due attentati sono, invece, stati sferrati dal marito e dagli altri figli.

Quello del 13 maggio è tra i più sanguinosi attentati degli ultimi anni nell'Indonesia che è, oggi, il più grande paese a maggioranza musulmana del mondo e dove la violenza islamica s'è fatta più feroce dal 2000 circa. Da quando, insomma, l'islamizzazione ha deciso di accelerare i processi cambiando in breve il profilo di un Paese intero. A partire dalle teste velate, prima rarissime, per finire con le croci spezzate. Perché i cristiani non devono vivere liberi né al sicuro neanche nelle chiese.

L'intolleranza religiosa è andata aumentando negli ultimi anni e non è un caso che gli attentati di domenica precedano di qualche giorno l'inizio del ramadan. Che non è semplicemente un momento di digiuno, ma "il mese di jihad e di conquiste, in cui l'obiettivo principale è la diffusione della giustizia e della tolleranza islamica in tutto il mondo", come ricordò nel 2012 il gran Mufti d'Egitto, 'Ali Gum'a. O per dirla ancora più esplicitamente con la guida dei Fratelli Musulmani, il mese che "Allah l'onnipotente ha voluto per far vincere i musulmani e dare ai loro nemici un colpo mortale".

Durante la sua prima visita nel 2009 come nuovo Segretario di Stato, Hillary Clinton disse a una cena a Giacarta il 18 febbraio, «quando viaggerò per il mondo nei prossimi anni, dirò alla gente: "se vuoi sapere se l'islam, la democrazia, la modernità e i diritti delle donne possono coesistere, vai in Indonesia"».

Ma l'Indonesia di quegli anni era già cambiata, l'islam sunnita già imperava e ora cancella tutto ciò che non risponde all'idea musulmana dell'esistenza. La sharia è legge, ormai, quasi ovunque e le carceri sono riempite da cristiani accusati di blasfemia: come il governatore cristiano uscente di Jakarta, Basuki Tjahaja Purnama, meglio noto come Ahok, condannato alla galera per aver detto che "ogni indonesiano ha il diritto di votare anche per un non-musulmano".

Ma, soprattutto, in Indonesia le campane che chiamano alla messa suonano sempre meno. Le autorità indonesiane nella regione di Aceh è da tempo che si dilettano ad incendiare le chiese cristiane. Accade spesso che dopo i sermoni degli imam si vedano centinaia di musulmani marciare verso l'ufficio dell'autorità locale di turno per chiedere la demolizione di qualche chiesa nei paraggi. Oltre mille chiese sono state chiuse in Indonesia, nella regione di Aceh, dal 2006 ad oggi. "Non cesseremo di dare la caccia ai cristiani e di bruciare le chiese. I cristiani sono i nemici di Allah", è il monito che i 'crociati' sentono riecheggiare fin dentro le loro camere da letto. 

La pressione jihadista è sempre più forte in Indonesia, gli sfollati rimangono spesso indigenti, in attesa di "acqua, cibo, vestiti, cibo per bambini, coperte e medicine" di cui hanno disperatamente bisogno. L’Indonesia, un tempo terra dalla tradizione pluralista e democratica, è oggi ostaggio dell'islam. Ma l'Occidente finge di non sapere, eppure guarda.