Attacco in Francia, l'ipotesi della "punizione"
Un giovane ceceno che aveva ottenuto la nazionalità francese è il responsabile dell'attentato terroristico di sabato sera a Parigi, rivendicato dall'Isis. Un modo per tenere alta la pressione, ma forse anche un messaggio per la posizione filo-iraniana assunta da Macron.
Le dimensioni dell’attacco terroristico non sono certo quelle del 13 novembre 2015 ma sono state comunque sufficienti a spargere il terrore nella capitale francese tra i bar e i ristoranti del centro, affollati come tutti i sabato sera.
Tutto è cominciato verso le 9 di sera quando un uomo solo, armato di coltello, ha cominciato ad aggredire e inseguire passanti, scelti a caso, nella rue Monsigny, poi nella rue Saint-Augustin, che va dall'Opera alla Bourse.
L’uomo, un islamico ceceno, gridando "Allah Akbar!" ha inseguito e colpito 5 persone lungo le strade attorno all'Opera, uccidendo una donna. L'aggressore è stato fermato solo dalla polizia accorsa subito che lo avrebbe affrontato prima con un taser (che provoca una scarica elettrica paralizzante) poi con proiettili veri che ne hanno provocato il ferimento grave e la morte in pochi minuti. L'uomo pare abbia affrontato gli agenti del “3° arrondissement” gridando "uccidetemi o vi ammazzo!".
Il terrorista non aveva nulla, nessun documento, sembra neppure un cellulare ma è stato identificato e i suoi genitori sono stati fermati per accertamenti. Il ceceno 21enne che aveva ottenuto la nazionalità francese, era schedato dalla polizia con l'ormai famosa ''fiche S" con cui vengono indicati i soggetti potenzialmente pericolosi. Nonostante la segnalazione dei servizi di sicurezza francesi, non risulterebbero precedenti giudiziari a suo carico.
Tra le persone colpite, due versano in gravi condizioni all'ospedale "Georges Pompidou", due sono feriti in modo non grave e altri quattro sono sotto shock. Il ministro dell'Interno, Gerard Collomb, si è congratulato con la polizia per "il sangue freddo e la reattività" dimostrate. L'ultimo attacco jihadista in Francia risale al 23 marzo scorso, a Carcassonne e a Trebes. Nel sud del Paese.
Lo Stato Islamico, con un comunicato diffuso dalla sua agenzia di notizie Amaq, ha rivendicato l’attacco terroristico mentre il presidente Emmanuel Macron ha detto che "la Francia paga ancora una volta il prezzo del sangue, ma non cede un millimetro ai nemici della libertà".
L’attacco conferma come sia ancora attuale ed efficace il proclama con cui Mohammed al-Adnani, capo della propaganda dell’Isis ucciso due anni or sono da un drone statunitense, invitò i fedeli del “vero islam” a colpire “nelle terre dei crociati” utilizzando armi improprie quali “veleni, veicoli e coltelli”.
L’attacco di sabato sera può quindi avere lo scopo di mantenere sotto pressione i francesi dimostrando che la minaccia jihadista resta alta e costante ma potrebbe anche risultare una diretta conseguenza della posizione assunta nei giorni scorsi da Parigi (e Berlino) nei confronti della decisione di Donald Trump di uscire dall’accordo sul programma nucleare iraniano.
Una sorta di “punizione” per la Francia che ha duramente criticato l’iniziativa di Washington che emargina l’Iran ponendo nuove sanzioni ai paesi che continueranno a commerciare con Teheran. L’atteggiamento francese favorevole alla potenza sciita ha certo irritato molti paesi arabi ma anche i movimenti jihadisti sunniti.
Si tratta solo di un’ipotesi ma del resto è assai probabile che lo Stato Islamico disponga in Francia di molti “soldati” spendibili.