In dialogo con la solitudine (che non è isolamento)
C’è una differenza sostanziale tra la solitudine, vissuta alla maniera dei monaci, e l’isolamento: la prima apre all’infinito e alla relazione con gli altri; il secondo invece equivale a una sorta di lockdown personale. La solitudine è legata al silenzio, ma è dialogica e persino creatrice, come spiega lo psichiatra Eugenio Borgna nel suo ultimo libro, In dialogo con la solitudine.
A 91 anni ormai compiuti (il 22 luglio), vissuti con piena lucidità e ricchezza di memoria, il grande saggio della psichiatria “gentile” che tutti vorremmo incontrare, Eugenio Borgna, ci propone la sua ricetta per una vecchiaia da vivere con dolcezza e profondità: entrare in dialogo con la solitudine. Si tratta, in realtà, di una strada aperta a tutti e da percorrere in ogni età della vita, come egli ci mostra con opportuni riferimenti ad adolescenti e adulti nella sua ultima opera, In dialogo con la solitudine (edita da Einaudi). Agile e di facile lettura, scritta proprio sulla scorta dell’esperienza di isolamento vissuta da tanti e da lui stesso nel lungo periodo di reclusione forzata che abbiamo alle spalle e che ha segnato la nostra esistenza, la sua meditazione vuole innanzitutto precisare la differenza sostanziale tra solitudine e isolamento: la prima apre al mondo, alla relazione con gli altri e soprattutto all’infinito; il secondo invece ci chiude in noi stessi, quasi scegliessimo noi autonomamente una sorta di lockdown personale.
Insomma, la vera solitudine apre all’interiorità, è dialogica, persino creatrice; invece, quando siamo noi a volerci isolare, si tratta solo di un “io che non diviene mai un noi”, che chiude porte e finestre e si allontana dal mondo. Ma nella società della “modernità esasperata e della comunicazione digitale” non rischiamo forse di naufragare nel “silenzio del cuore e nella trascendenza perduta?”. E ancora: “Come salvare la solitudine, e aprirsi all’infinito che è in noi, quando viviamo assediati dalle televisioni sempre accese… dai telefoni cellulari, che nel loro nome sembrano indicare le prigioni in cui ci troviamo reclusi?”. Inoltre, talvolta il coronavirus ci ha chiusi in una solitudine che è continuata anche quando uscivamo di casa e consideravamo le altre persone con la mascherina quasi dei nemici, da tenere comunque lontano (obbedendo a quella terribile indicazione del distanziamento sociale). Qual è dunque la strada per vivere con un significato autentico gli inevitabili momenti di solitudine, per ricercarne la sorprendente ricchezza?
La solitudine è strettamente legata al silenzio. Borgna ricorda le parole illuminanti di Etty Hillesum nel suo diario: “Troppe parole mi danno fastidio. Vorrei scrivere parole che siano organicamente inserite in un gran silenzio. Io detesto gli accumuli di parole. In fondo, ce ne vogliono così poche per dire quelle quattro cose che veramente contano nella vita”. La solitudine, dunque, è un dialogo infinito con la propria interiorità e con Dio. Riflette lo psichiatra: “Il silenzio non è solo non parlare, e non dare voce alle tempeste che si agitano negli abissi del nostro cuore, ma è anche ascoltare le parole inespresse della contemplazione e della preghiera”. E dove ha scoperto questa prospettiva il saggio medico dell’anima? Nel silenzio di un monastero, “l’abbazia benedettina Mater Ecclesiae, che rinasce come una torcia sempre accesa dall’isola di San Giulio, immersa nelle acque tranquille del lago d’Orta”. Ricorda: “In monastero ci sono stato alcune volte, ho conosciuto la solitudine, immaginando il fiume ininterrotto di meditazioni e di silenzi, di solitudine e di lavoro, che, alla luce delle preghiere, scorre nei giorni, e nelle notti, delle sorelle benedettine”. Le parole frutto del silenzio e della solitudine appartengono anche alle poesie e ai romanzi degli autori tanto amati e citati da Borgna: Lev Tolstoj, Marcel Proust, Thomas Mann, Francesco Petrarca, Rainer Maria Rilke, Giacomo Leopardi ed Emily Dickinson.
Grazie alle sue letture il nostro autore arriva ad affermare che “la solitudine è una esperienza interiore che ci aiuta a dare un senso alla vita di ogni giorno, e ci consente di distinguere le cose essenziali da quelle che non lo sono… Solo così è possibile sfuggire all’egoismo e alla mancanza di amore, alla noncuranza e all’indifferenza”. La solitudine, dunque, come “oasi nel deserto” che si accompagna anche a un compito particolarmente caro allo studioso: ciascuno di noi ha il dovere di riconoscere e rispettare la solitudine che è negli altri, soprattutto negli adolescenti, senza mai lacerarla, trattando con tenerezza delicata la timidezza di tanti giovani che, nel nostro mondo segnato dalla fretta e dalla volgarità, sembra non abbia più diritto di cittadinanza. Una sensibilità così acuta può permetterci di accompagnare due realtà così drammatiche e sconvolgenti come la malattia e la morte. Realtà che Borgna ha saputo affrontare con coraggio e “gentilezza” in tutta la sua attività professionale, che è diventata una sapienza umana a cui noi tutti possiamo attingere, anche grazie a questa sua ultima, stimolante fatica letteraria.