In Algeria i musulmani riaprono una chiesa chiusa dalle autorità
Un gruppo di cittadini musulmani per difendere la libertà di culto dei cristiani ha forzato i sigilli di una delle due chiese chiuse dalle autorità nei giorni scorsi nella provincia di Tizi Ouzou
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Nei giorni scorsi in Algeria, con la chiusura di altre due chiese nella provincia di Tizi Ouzou, una a Makouda e una nel capoluogo Tizi Ouzou, era salito a 15 il numero dei luoghi di culto cristiani chiusi dalle autorità dall’inizio del 2018. La provincia, spiegava lo studioso Kamel Adderrahmani, si distingue per la tolleranza verso tutte le fedi religiose e l’esistenza delle due chiese non aveva mai creato problemi. Quella del capoluogo serve una comunità di 1.200 fedeli che esiste da 23 anni. Alla notizia i cristiani hanno organizzato un sit-in di protesta, ma la polizia è intervenuta per disperderli e ne ha arrestati 17. Subito gli avvocati si sono attivati riuscendo a ottenere il rilascio di tutti i manifestanti arrestati. Poi è successo l’imprevedibile. In difesa dei cristiani sono intervenuti dei cittadini musulmani che, raggiunta la chiesa di Tizi Ouzou, l’hanno riaperta a forza, rompendo i sigilli apposti poche ore prima dalle autorità. L’iniziativa è stata rilanciata anche sui social network. Uno dei partecipanti all’azione ha scritto sul proprio profilo Facebook: “abbiamo il diritto di non lasciarci ingannare dalle azioni del regime, che priva i nostri concittadini cristiani della loro libertà individuale e di culto”. L’ “inganno” del regime – spiega per AsiaNews Kamel Adderrahmani – è cercare di dirottare l’insoddisfazione e le proteste della popolazione che dall’inizio dell’anno rivendica democrazia e trasparenza contestando la leadership autoritaria, al potere dall’indipendenza e rinfacciandole le promesse tradite. “Per quale motivo – domanda lo studioso – nel mezzo di una rivoluzione popolare, il potere pone in primo piano le questioni religiose e la libertà di coscienza? È questa la domanda sollevata dalla chiusura delle chiese di Tizi-Ouzou e dall’ingiusta repressione che la comunità cristiana subisce”.