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SPAGNA

Immigrazione, Sánchez mira alla regolarizzazione di massa

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Il Psoe di Pedro Sánchez e i suoi alleati hanno presentato una proposta che mira, per ragioni economiche, a regolarizzare tutti gli immigrati irregolari arrivati in Spagna prima del 2024. Un’idea di immigrazione caotica, nel solco di un già fallito multiculturalismo.

Esteri 23_10_2024
Pedro Sánchez (LaPresse)

Il Partito socialista operaio spagnolo (Psoe) di Pedro Sánchez e la coalizione di sinistra Sumar, sua alleata, hanno presentato nei giorni scorsi una proposta per regolarizzare tutti gli immigrati irregolari arrivati in Spagna prima del 2024, una misura che consentirebbe a circa 700.000 persone di ottenere la loro residenza legale nel Paese. Oltre a Sumar, il nuovo progetto di legge è sostenuto da quasi tutti gli alleati di Sánchez: il partito separatista catalano di sinistra Esquerra, il Blocco nazionalista galiziano (Bng), la coalizione basca di sinistra radicale EH Bildu e il partito di estrema sinistra Podemos.

Un’analoga iniziativa che porterebbe alla regolarizzazione, secondo un criterio di valutazione “caso per caso”, di “sole” 500.000 persone, è già in discussione al parlamento ed è promossa da diverse associazioni civili e dai Popolari, il più consistente partito di opposizione. Vox chiede invece che sia sancito il giusto principio che stabilisce come gli immigrati illegali non possano essere regolarizzati, piuttosto debbano essere rispediti nei Paesi di origine. Entrambi i partiti di opposizione sono uniti nell’accusare Sánchez di avere una politica di immigrazione caotica, mentre il primo ministro spagnolo difende la necessità della regolarizzazione di massa per rafforzare il mercato del lavoro del Paese e contribuire alla sostenibilità del sistema pensionistico e alla spesa sociale spagnola.

L’iniziativa di Sánchez e dei suoi alleati porterebbe alla più grande regolarizzazione di immigrati nella storia del Paese, superando i meccanismi in vigore per legalizzare gli immigrati, come il radicamento territoriale o la formazione professionale, insieme allo snellimento delle procedure per ottenere i permessi, che sinora avevano evitato regolarizzazioni di massa. Secondo un rapporto pubblicato nel maggio scorso da Funcas, un centro di ricerca economica e sociale, il numero stimato di stranieri in situazione amministrativa illegale in Spagna ammonta a 686.000 persone, cioè circa il 17% della popolazione straniera non appartenente all'Unione Europea nel Paese.

Ottenere la residenza legale in Spagna facilita l’ottenimento della cittadinanza, che darebbe accesso a tutti i diritti e gli obblighi che essa implica, compreso il diritto di voto. Per la cittadinanza è richiesta una residenza legale continuativa di dieci anni, anche se questo periodo è ridotto per alcuni gruppi, come i cittadini dei Paesi iberoamericani o coloro che dimostrano origini sefardite. In questi casi, il periodo è ridotto a due anni o anche a uno, per coloro che sono nati in Spagna o che sono stati sotto la tutela dello Stato per due anni.

Per il socialista Sánchez, come ha detto lo stesso premier lo scorso 9 ottobre in parlamento, il «dovere» del Paese è quello di essere «una società accogliente e tollerante». Per Sánchez il Partito popolare e Vox strumentalizzano la migrazione «per vaccinare l'odio» nella società e lanciare «stereotipi e bufale», mentre il Paese deve essere «aperto e prospero» e perciò il futuro piano nazionale per la convivenza interculturale avrà risorse e misure per promuovere l'integrazione degli stranieri nella società e facilitare la loro integrazione in settori come l'occupazione, l'istruzione e il sociale, con strategie di inclusione basate sui diritti umani e che rafforzano «una Spagna diversificata e coesa». La scelta del meticciato islamico è chiaramente la conseguenza della crisi demografica promossa dai socialisti e riconosciuta anche da Sánchez («se non facciamo nulla nei prossimi 25 anni ci saranno quattro milioni di persone in meno in età lavorativa»), perché «non è realistico pensare che in Spagna il tasso di natalità di 2,1 bambini in media, che ci siamo lasciati alle spalle nel 1980, sarà recuperato».

Dopo aver provocato la crisi della famiglia e della natalità, si conferma il progetto del multiculturalismo fallimentare che con Zapatero, dal 2004, ha sfasciato la nazione e ne ha minato le fondamenta cattoliche, civili e sociali; e ora, con Sánchez, la Spagna procede solitaria verso la sostituzione etnico-culturale e religiosa. Un progetto bocciato dal voto dei cittadini dei Paesi europei, abbandonato dai Paesi scandinavi e persino dalla socialista Danimarca, molto interessata alle proposte italiane. Anche la socialista Germania preferisce un accordo con il Kenya, firmato nel settembre scorso, che consentirà ai lavoratori più qualificati del Paese africano di vivere e lavorare in Germania e faciliterà, allo stesso tempo, il rimpatrio dei kenioti che non hanno il diritto di rimanere sul suolo tedesco.



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