Immacolata, quando il popolo sconfisse i teologi
Il dipinto di Francisco Zurbarán (1630) si inserisce in quel vasto movimento popolare a difesa dell'Immacolata Concezione che portò poi alla proclamazione del dogma nel 1854.
Anno 1617: l'università di Granata (seguita da quelle spagnole e italiane) è la prima ad emettere il "votus sanguinis", il giuramento, cioè, di difendere l'Immacolata Concezione fino all'effusione del sangue.
Questo evento rappresenta forse, il culmine della lunga vicenda storica che accompagnò la proclamazione del dogma dell'Immacolata, da parte di Pio IX, l'8 dicembre del 1854. Una vicenda per certi aspetti affascinante perché vide "battersi" in un confronto serrato il "sensus fidei" del popolo e la riflessione prudente del Magistero. La tradizione ebbe la meglio anzi, fu essa a dare maggior garanzie di solidità a questo dogma tanto discusso da teologi e biblisti. Fra gli artisti, interpreti di questo movimento popolare, famosissimo fu il Murillo con oltre 25 tele dedicate all’Immacolata, ma accanto a lui anche Velasquez e il meno noto Zurbarán, in mostra in questi giorni a Ferrara.
Francisco Zurbarán, nato a Fuentes de Cantos, Estremadura, nel 1598, e morto nel 1664, fu artista, profondamente immedesimato nelle pratiche dell'ascetica e della mistica tanto da meritare il titolo di pittore dei frati. Una delle sue tele dell'Immacolata Concezione si trova oggi nel Museo Diocesano di Sigüenza (Siviglia).
Secondo le regole dettate dal Pacheco, la Vergine Immacolata doveva essere dipinta come una giovinetta di dodici, tredici anni, avere i capelli rossi sciolti sulle spalle, una tunica rosa con manto azzurro, la corona di dodici stelle sul capo e una falce di luna sotto i suoi piedi. Zurbarán così l'aveva dipinta attorno al 1630 in una tela conservata ora al Museo del Prado. La tela di Sigüenza presenta alcune varianti rispetto a questo canone e benché non rechi alcuna data, pare essere di quello stesso 1630 e commissionata all’artista dal capitolo della Cattedrale di Siviglia.
Nell'ampio cielo notturno la Vergine giovanissima e bianco vestita risplende sospesa a mezz'aria come una celeste apparizione. "Signore, la tua grazia è nel cielo" cantava l'antico salmista! (Sal. 36, 6) Quella grazia che è nel cielo, quella grazia che "vale più della vita" (Sal. 63, 4) è presente nella Vergine di Nazaret, salutata dall'Angelo come la "piena di grazia".
Il volto dipinto dal pittore di Fuentes nella tela di Sigüenza è quello di una bimbetta. Zurburàn più tardi, in un'altra sua Virgen niña, realizzerà il volto di Maria prendendo a modello quello della figlioletta Manuela che all'epoca aveva sette anni. Il successo di questo ritratto sarà tale da influenzare le successive opere sull'Immacolata, in particolare le versioni dello stesso Murillo.
Nella tela di Sigüenza i capelli rossi, prescritti da Pacheco, si sono fatti scuri e incorniciano un volto candido di incomparabile bellezza. Maria è la sposa del Cantico dei Cantici, nera ma bella, che si leva terribile come un vessillo spiegato, salda come torre d'avorio e leggiadra come una colomba. Fissando questa fanciulla orante, il cui sguardo pietoso accarezza il profilo della città che si stende sotto ai suoi piedi, l'osservatore si sente ricolmare di sentimenti di pace e soavità e l'animo è mosso a desiderare l'innocenza perduta.
Le virtù di Maria sono narrate dagli attributi abilmente confusi tra cielo e nubi. Maria è la Porta del cielo per ogni credente; è la stella mattutina alla quale guarda colui che si è smarrito nelle tenebre del proprio cuore; è lo specchio senza macchia dell'Amore di Dio; è la scala di Giacobbe che rende familiari uomini e angeli. Lei - del resto- degli angeli è Regina. Tra le nubi se ne scorgono a decine: l'attorniano, le gonfiano il manto di seta: sono i putti. Sono anch'essi il segno di quell'innocenza perduta che vive nel cuore dell'uomo come perenne nostalgia. Alcuni di questi putti - semi nascosti dal manto di Maria, scrutano l'orizzonte terreste.
Siviglia giace addormentata, vive nelle tenebre e non lo sa, la vita della sua gente è esposta alle procelle della storia, ma ignora quanto sia vicino il porto di salvezza. È una città precisa, ma che scolora sotto l'ispirazione dell'artista animato dalla fede: l'intero panorama è una parabola del potente patrocinio di Maria aperto ad ogni uomo, ad ogni città. È lei il porto della Salute è lei il Perpetuo soccorso ai naviganti della Storia. Avvolti nell'oscurità, si scorgono la fonte su un selciato a forma di croce, il pozzo, il cedro, il cipresso, la palma, la città murata, la torre: sono tutti simboli che descrivono le virtù di Maria, che la incastonano dentro la sapienza antica dell'unica Parola che salva.
L’opera era sicuramente una pala d’altare, poiché l’astro lunare, con la gobba rivolta verso l’alto e la luce che irraggia verso il basso, rappresentava l’ideale estensione della luce del Sacramento che proprio sotto questo dipinto il sacerdote celebrava. Tra le punte della luna, del resto, s’incunea placida una nave, è l’immagine della Chiesa che Cristo, continua a proteggere con la sua luce e per mezzo della potente intercessione di Maria, sua madre.