Il vescovo maratoneta che difende la vita correndo
Thomas Paprocki, vescovo di Springfield (Illinois) ha partecipato alla Maratona di Long Beach con i Life Runners, i «corridori per la vita». La corsa è stata per lui un’ulteriore occasione di testimoniare la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale e di mostrare come anche una maratona può tramutarsi in preghiera, in un duplice senso.
La maratona è già una bella fatica per i professionisti, figuriamoci per un uomo di 66 anni che da quasi tre lustri fa di «mestiere» il vescovo e da quattro decenni veste la talare. Lui è Thomas Paprocki, vescovo di Springfield (Illinois), e nella prima settimana di ottobre ha partecipato alla Maratona di Long Beach, in California, con i Life Runners, i «corridori per la vita». La corsa è stata per lui un’ulteriore occasione di testimoniare la sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale e di mostrare come anche una maratona può tramutarsi in preghiera, in un duplice senso.
«È una grande opportunità per pregare», ha detto il vescovo, che prima di affrontare gli oltre 42 chilometri di tragitto ha dovuto fare un’adeguata preparazione. Una fatica anche quella, durante la quale non ha smesso mai di pregare per la difesa della vita, i malati e altre intenzioni, tra cui la riparazione ed espiazione dei peccati del clero, compresi i propri. Nel corso di una sessione d’allenamento, mentre stringeva il piccolo crocifisso unito alla coroncina del suo rosario, ha confidato a LifeSiteNews di aver sentito il Signore dirgli così: «Tieniti forte alla croce e abbraccia il dolore». Ha poi aggiunto: «Penso che sia molto quello che ci viene chiesto di fare da Nostro Signore». Parole dette non a mo’ di lamentela ma nella consapevolezza che ogni sacrificio compiuto su questa terra per il bene, piccolo o grande che sia, è necessario per godere l’eternità del Paradiso.
Paprocki non è nuovo all’esperienza della maratona, visto che ne ha già corse 24, la prima delle quali nel 1995 nella natia Chicago. Stima di aver raccolto in queste gare circa mezzo milione di dollari per fini caritatevoli. Le offerte raccolte quest’anno, per esempio, sono destinate a una comunità per anziani, che equivale a «proteggere la vita all’altro capo della vita». In questa sua battaglia nella difesa dei più fragili, il Rosario è la sua arma principale. Paprocki, che corre indossando un rosario da dito, completa solitamente la sua maratona in poco meno di cinque ore e calcola che a Long Beach abbia recitato circa 200 Ave Maria. Grande appassionato di hockey, a cui ha pure giocato da giovane, il vescovo vede nella forma fisica un altro modo per rispettare la vita perché «si tratta di essere amministratori della creazione di Dio. Dio ci ha dato i nostri corpi e noi dovremmo prendercene cura».
La sua fede affonda le sue radici nella famiglia. Terzo di nove figli, nato in un giorno «mariano» (il 5 agosto, festa della Madonna della Neve), ricorda bene gli anni in cui il padre gestiva la sua farmacia in accordo con i principi cattolici. Il suo affidamento a Dio ha fatto il resto, perciò Paprocki quasi si sorprende quando i fedeli lo ringraziano per il coraggio che mostra nelle varie prese di posizione pubbliche a salvaguardia della vita umana e dell’intero insegnamento morale della Chiesa: «Questo è ciò che crediamo, questo è ciò che la nostra fede insegna». E dalla fede trae la forza per andare controcorrente, avendo come stella polare la salvezza delle anime.
Ricordiamo due esempi tra i più noti. Paprocki è il vescovo che nel giugno 2017 ha ordinato ai sacerdoti della sua diocesi di non ammettere alla Comunione e di privare dei funerali in chiesa le persone unite in relazioni omosessuali, a meno che queste non abbiano manifestato il dovuto pentimento per i loro peccati (del fatto ha già scritto Tommaso Scandroglio su questo quotidiano). Nel febbraio di quest’anno ha riaffermato il divieto, anche qui ovviamente superabile con il pentimento, per il senatore Dick Durbin di ricevere la Comunione nella sua diocesi perché l’esponente dei Democratici, pur professandosi cattolico, ha votato contro una proposta di legge che avrebbe proibito l’aborto dopo la ventesima settimana di gravidanza. Insomma, un pastore raro di questi tempi, che insegna l’amore divino alle sue pecore e se occorre le ammonisce per aiutarle a giungere dall’unico Buon Pastore.
Paprocki si è unito al gruppo dei Life Runners nel 2011 e da allora ne è il cappellano, aiutandoli a diffondere il messaggio in favore della vita. Inutile dire che in ogni attività dei Life Runners la fede occupa un posto centrale. Quando hanno iniziato - il 12 ottobre 2008 - erano appena 12 compagni di squadra, impegnati a correre alla Maratona di Chicago per chiedere preghiere e fondi per la causa pro life. Adesso, spiega il fondatore Pat Castle, «siamo oltre 9.100», metà dei quali corrono e metà no, ma tutti danno una mano e tutti indossano una maglietta con la scritta Remember the Unborn - Jer 1:5, cioè «Ricorda il non nato» con un versetto di Geremia come speciale ‘sottotitolo’. Già, perché quel versetto ricorda che siamo stati pensati dall’eternità: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Alla Maratona di Long Beach hanno distribuito immagini con la Vergine Maria incinta, a ricordare che Nostro Signore si è incarnato e affidato alle cure di una madre. Il vescovo ha celebrato Messa e benedetto i Life Runners la sera prima della corsa. Insieme a loro ha poi pregato fuori da una clinica abortiva della Planned Parenthood e visitato un centro di aiuto alle gravidanze difficili. «Abbiamo fatto un sacco di cose buone», ha spiegato Paprocki. Cose buone che non rimangono senza frutti. E così, nel recente passato, c’è l’addetto alla sicurezza che lascia il suo lavoro alla Planned Parenthood, la madre reduce da un aborto che si unisce alla preghiera e diventa a sua volta una Life Runner per aiutare altre mamme a non commettere lo stesso errore, la giovane donna con sindrome di Down che distribuisce abbracci a quei corridori che vedono in ogni vita un dono di Dio.
Semi di bene e di conversione sparsi attraverso gli Stati Uniti, con cristiana perseveranza. Perché, ricorda Paprocki, «sono passati 45 anni dalla Roe contro Wade», la sentenza che ha imposto l’aborto legale in tutta la nazione. «Non possiamo aspettarci di cambiare le cose da un giorno all’altro. Ci vorrà perseveranza se vogliamo raggiungere il traguardo». Come per ogni atleta di Cristo.