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tecno-oligocrazia

Il Sinodo sancisce la dittatura delle minoranze

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Il Vademecum per i padri sinodali raccomanda di ascoltare tutti, ma soprattutto coloro che sono «emarginati», tra cui poligami e LGBTQ. La maggioranza, che un tempo dettava legge, oggi taccia o acconsenta.
- DOSSIER: Sinodo sulla Sinodalità
- 3 Ottobre, Convegno della Bussola a Roma

Editoriali 28_09_2023

Dal Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità redatto dalla Segreteria del Sinodo citiamo questo stralcio: «È importante che facciamo del nostro meglio per ascoltare le voci di tutti, specialmente di coloro che sono emarginati. […] La sintesi dovrebbe prestare particolare attenzione alle voci di coloro che non vengono spesso ascoltati e integrare quello che potremmo chiamare un “rapporto di minoranza”. […] La sintesi diocesana dovrebbe riflettere la diversità dei punti di vista e delle opinioni espresse e prestare particolare attenzione alle esperienze vissute dai partecipanti, sia positive che negative. I punti di vista che risultano in opposizione fra loro non devono essere omessi, ma riconosciuti e dichiarati come tali. Alcuni punti di vista non dovrebbero essere esclusi semplicemente perché sono stati espressi da una piccola minoranza di partecipanti. Infatti, a volte la prospettiva di quello che potremmo chiamare un “rapporto di minoranza” può costituire una testimonianza profetica di ciò che Dio vuole dire alla Chiesa» (pp. 53, 29, 57. Cfr. J. Loredo – J. A. Ureta, Un Vaso di Pandora, Associazione TFP, 2023, pp. 41-42).

Quali sono queste minoranze emarginate? Il Documento di lavoro per la tappa continentale del Sinodo “Allarga lo spazio della tua tenda” offre al riguardo il seguente elenco: «Tra coloro che chiedono un dialogo più incisivo e uno spazio più accogliente troviamo anche coloro che per diverse ragioni avvertono una tensione tra l’appartenenza alla Chiesa e le proprie relazioni affettive, come ad esempio: i divorziati risposati, i genitori single, le persone che vivono in un matrimonio poligamico, le persone LGBTQ, ecc.» (p. 24).

Ricordando la lezione di Rousseau, eravamo rimasti che era la maggioranza e non la minoranza a dettar legge. In realtà nei documenti preparatori del Sinodo tutto, hegelianamente, si tiene. Cosa vogliamo dire? Nel Sinodo, come nella quasi totalità degli organismi decisionali politici in giro per il mondo, le decisioni saranno prese a maggioranza (e poi vagliate dal Santo Padre: particolare non presente negli altri ordinamenti). Ma la maggioranza nel Sinodo, e così avviene spesso anche in altri contesti laici, è pilotata da un gruppo ristretto di persone che imprime un certo orientamento alle scelte dei più. Ecco la vera minoranza, non certo emarginata, ma dotata di grandi poteri. Si chiama oligocrazia. Dato che questi signori usano del loro qualificato ruolo, molto ben individuato nell’organigramma del Sinodo, per fare il bello e il cattivo tempo, questa oligocrazia prende il nome di tecnocrazia. La tecno-oligocrazia è il vero volto del Sinodo. La maggioranza è solo la sua maschera.

Questi pochi, al fine di introdurre nuove etiche e nuove teologie non cattoliche, affermano che, tra gli altri argomenti, occorre tutelare le minoranze, ossia soggetti che già ora vivono in contraddizione con la retta dottrina. Ecco allora il rimando alle minoranze emarginate. Nulla di nuovo: pensate a Greta Thunberg ed ai suoi imberbi adepti. Ci fanno credere che questi ragazzini possono tirare le orecchie ai grandi della Terra, ma in realtà sono figure studiate a tavolino proprio da questi ultimi e da loro gestite.

Ma non è finita qui. L’inserimento delle istanze della minoranza nel consesso sinodale avviene in un rapporto dialettico con la maggioranza da cui, come abbiamo letto nel primo documento, nasce la sintesi. È un processo schiettamente hegeliano: tesi, antitesi, sintesi. Rileggiamo il primo documento citato: «La sintesi […] dovrebbe riflettere la diversità dei punti di vista e delle opinioni espresse […] sia positive che negative». La sintesi, secondo sempre il filosofo tedesco, è sì qualcosa di nuovo, nel senso che supera i due momenti antitetici prima descritti, ma è una novità che conserva gli elementi comuni ed elide le differenze. Ed infatti cosa scrive il Vademecum? «I punti di vista che risultano in opposizione fra loro non devono essere omessi, ma riconosciuti e dichiarati come tali».

Cosa vuol dire concretamente tutto questo in riferimento agli obiettivi del Sinodo? Vuol dire ad esempio che se nel passato “famiglia” era solo quella costituita da un uomo e una donna sposati e si contrapponeva alle libere unioni, alle poligamie, alle relazioni omosessuali, alle seconde nozze civili, nel prossimo futuro la nuova sintesi vedrà tutti questi fenomeni sociali ammantarsi della qualifica di “famiglia”. La sintesi riunisce in sé tutto, eliminando le differenze peculiari che prima facevano dire che questa relazione era peccato e quest’altra no. Parimenti si dovranno eliminare le differenze tra laici e sacerdoti per il celibato, tra uomini e donne per l’ordine sacro, tra uomo e bestia per la cura del creato e via dicendo. Il pretesto è che tali differenze sono discriminatrici: ma in realtà le differenze, sia essenziali che accidentali, individuano le persone e le cose. I processi rivoluzionari hanno proprio questa caratteristica: omologare tutto appellandosi al principio di uguaglianza (in realtà si chiama egualitarismo), ossia trovare una sintesi superiore che annulli l’identità propria di una persona, di un ente, di una condizione, cioè le proprie differenze specifiche.

In sintesi – è proprio il caso di dirlo – i passaggi prima menzionati provano che le dinamiche che intesseranno i lavori del Sinodo saranno le seguenti: pochi uomini ideologizzati orienteranno i consensi della maggioranza e quindi il principio di maggioranza verrà sventolato solo per pararsi dalle critiche di autoritarismo. Questa minoranza assai qualificata farà proprie le istanze di minoranze sociali di carattere eterodosso. Tramite un processo dialettico, tutto si terrà – dal matrimonio alle unioni gay, dal celibato alla mancanza di esso per chi vorrà scegliere questa strada, dalle donne ordinate a quelle non ordinate – e dunque tutto scomparirà perché, ad esempio, se ogni relazione affettiva è matrimonio, il matrimonio come istituzione scomparirà.

C’è però da appuntare che siamo solo all’inizio di questo processo dialettico. È assai probabile che i due anni del Sinodo non finiranno, ad esempio, con lo sdoganamento pastorale, chiaro ed esplicito, dell’omosessualità e delle donne prete (dottrinalmente nessuna modifica potrà mai avvenire perché dogmi irriformabili), ma questi due anni serviranno per avviare processi, altrettanto dialettici, affinché questi ed altri obiettivi possano diventare realtà sociale nella Chiesa del futuro.

 



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