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IL GIUBILEO LETTERARIO / 3

Il racconto di un reporter d'eccezione: Giovanni Villani

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Durante il Giubileo del 1300, il primo della storia, erano presenti a Roma quotidianamente duecentomila persone in più oltre agli abitanti. Ad attestarlo Giovanni Villani, la cui vocazione di storico sorse proprio durante quell’evento.

Cultura 11_11_2024

Lo storico Giovanni Villani (ca. 1280-1348) attesta che durante il primo Giubileo (1300) erano presenti a Roma quotidianamente duecentomila persone in più oltre agli abitanti. Era una cifra considerevole per la città di quel tempo? I dati riferiti hanno un qualche attestato di attendibilità? Gli studi sostengono che a Roma ogni giorno oggi ci sono centinaia di migliaia di persone in più oltre ai residenti (dalle 200.000 alle 600.000). I dati del Villani sarebbero davvero poco significativi in una città come l’odierna Roma che conta quasi tre milioni di abitanti.

All’epoca di Augusto, quando i migliori poeti e letterati erano nella capitale dell’Impero e Roma visse la sua età di Pericle ovvero di maggiore splendore artistico, il numero degli abitanti ammontava ad un milione, mentre nell’età degli Antonini si raggiunse il massimo della popolazione della Roma antica (all’incirca un milione e duecento mila abitanti). Nei decenni successivi al sacco dei Visigoti del 410 la popolazione si dimezzò arrivando a circa seicentomila abitanti, mentre dopo il devastante sacco dei Vandali del 455 si ridusse ulteriormente scendendo a trecentomila. Dopo la Guerra greco-gotica e per tutto l’Alto Medioevo, Roma non doveva contare più di trentamila abitanti. Con la fioritura economica dell’XI e XII secolo probabilmente la popolazione risalì ad ottantamila unità e questo all’incirca era probabilmente anche il numero dei residenti nella città papale nell’anno del Giubileo, mentre la grande peste nera del 1348 avrebbe dimezzato nuovamente gli abitanti.

Dunque, se fossero veri i dati comunicati da Villani, Roma si trovava ad ospitare un numero di pellegrini due volte e mezzo superiore agli abitanti: «E fue la più mirabile cosa che mai si vedesse, ch'al continuo in tutto l'anno durante avea in Roma oltre al popolo romano CCM pellegrini, sanza quegli ch'erano per gli cammini andando e tornando, e tutti erano forniti e contenti di vittuaglia giustamente, così i cavagli come le persone, e con molta pazienza, e sanza romori o zuffe».

All’epoca del primo Giubileo, Giovanni Villani aveva circa 20 anni. È lui stesso ad attestare di aver partecipato all’Anno Santo a Roma: «Io il posso testimonare, che vi fui presente e vidi». Il desiderio di scrivere la storia di Firenze sorse proprio quando era in visita alla città, alla vista delle grandi opere e leggendo le storie delle grandi imprese romane raccontate da Virgilio, Sallustio, Lucano, Tito Livio: «E così negli anni MCCC tornato da Roma, cominciai a compilare questo libro a reverenza di Dio e del beato Giovanni, e commendazione della nostra città di Firenze».

Villani decise di ispirarsi allo stile di quei grandi scrittori latini e pochi anni più tardi (1308) si accinse a raccontare la storia di Firenze dall’epoca di Babele agli anni contemporanei. Scelse Firenze perché era la sua città, era figlia di Roma e anche perché era il cuore pulsante dell’arte, della letteratura, della cultura dell’Italia dell’epoca, un comune in continua crescita, mentre Roma era in declino da tempo: «La nostra città di Firenze, figliuola e fattura di Roma, era nel suo montare e a seguire grandi cose, sì come Roma nel suo calare».

Nacque così la Nuova cronica. Il racconto di Villani mostra anche uno sguardo economico proveniente dalle sue attività commerciali che lo portavano a contatto anche con le famiglie dei Bardi e dei Peruzzi, i banchieri più importanti d’Italia in quegli anni. Non sfuggiva allo storico il fatto che l’afflusso di tanti pellegrini portasse grandi vantaggi ai mercanti e a tutti i romani, in generale. Villani riuscì a raccontare gli eventi più significativi della città fino al 1346. Furono poi il fratello Matteo e il nipote Filippo a terminare la storia fino al 1364.

Il capitolo dedicato al primo Giubileo è il XXXVI, intitolato in maniera significativa: «Come papa Bonifazio VIII diè perdono a tutti i Cristiani ch'andassono a Roma l'anno del giubileo MCCC». Da subito lo storico ricorda che, sebbene già nei secoli precedenti il papa avesse concesso ogni cento anni «grande indulgenza», Bonifacio VIII concesse nel 1300 «somma e grande indulgenza in questo modo»:

«Che qualunque Romano visitasse infra tutto il detto anno, continuando XXX dì, le chiese de' beati appostoli santo Pietro e santo Paolo, e per XV dì l'altra universale gente che non fossono Romani, a tutti fece piena e intera perdonanza di tutti gli suoi peccati, essendo confesso o si confessasse, di colpa e di pena».

Villani ricorda poi che ogni venerdì e ogni solennità religiosa veniva esposta nella Basilica di San Pietro «la Veronica del sudario di Cristo», per la quale «gran parte de' Cristiani ch'allora viveano feciono il detto pellegrinaggio così femmine come uomini, di lontani e diversi paesi, e di lungi e d'apresso». Il Giubileo fece esplodere il desiderio di Villani di raccontare, in un certo senso fece sorgere la sua vocazione: un uomo di affari e di economia fu chiamato a mettere a disposizione il suo talento per la comunità e per tutto il popolo. Alla vista della bellezza del passato, che fosse artistica o letteraria, Giovanni Villani si sentì chiamato anche lui a raccontare la grandezza della sua città legata indissolubilmente all’Italia e al resto dell’Europa.



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