Il piano per azzerare le emissioni (e la democrazia)
L'Aie suggerisce una "road map" in 400 passi per liberarci completamente delle energie fossili e produrre elettricità al 90% con le rinnovabili, sostituire tutte le auto con veicoli elettrici e adeguare tutti gli edifici, antichi, vecchi e nuovi, al risparmio energetico. Questo sarebbe il minimo per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi sul clima.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) non è un governo, ma è un ente internazionale influente quando dà consigli. Formato dall’Ocse nel 1974 a seguito dello sciopero petrolifero proclamato dai Paesi arabi dell’Opec, ora ha stilato un rapporto speciale che dovrebbe portarci alla rinuncia completa dell’oro nero in poco più di un quarto di secolo. Il lavoro è da intendersi come uno degli studi preparatori per la prossima conferenza internazionale sul clima, la Cop26 che si terrà a Glasgow il prossimo novembre e che dovrà mettere in pratica le strategie per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi.
L’Aie, nel suo rapporto speciale, il primo nel suo genere, suggerisce 400 passi per raggiungere l’obiettivo “net zero” (tante emissioni di CO2 vengono prodotte, tante ne devono essere assorbite). Fra questi passi ne troviamo alcuni che avranno un effetto immediato sulla nostra vita di tutti i giorni. Ad esempio, tutte le caldaie a gas dei nostri condomini dovranno sparire dal mercato entro il 2025. Chi ne ha appena comprato uno a norma, magari dopo snervanti sessioni di assemblea condominiale, dovrà quindi mettersi il cuore in pace e accettare il fatto di essere stato superato dai tempi. Ma anche le automobili non potranno più essere alimentate a benzina. Non affezionatevi neppure alla vostra nuova auto ibrida, magari comprata grazie a fior di incentivi statali. Entro il 2035, quindi dietro l’angolo, dovranno sparire dalla circolazione ed essere sostituite integralmente dalle auto elettriche, che oggi, a metà del 2021, sono ancora un prodotto di nicchia, con poca autonomia e difficili da ricaricare. Entro il 2050, anche tutti i veicoli da trasporto dovranno essere elettrici.
«La Road Map dell’Aie, basata sui suoi impareggiabili modelli energetici e sulla sua esperienza, indica più di 400 passi per guidare il mondo fino in un percorso verso l’obiettivo net zero emissioni entro il 2050. Questi includono, a partire da oggi, l’azzeramento di tutti gli investimenti nei progetti di rifornimento di combustibili fossili e nessun ulteriore investimento per nuovi impianti a carbone. Entro il 2035, non verranno più vendute auto passeggeri con motore a combustione interna ed entro il 2040 il settore energetico mondiale dovrà raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero».
Per quanto riguarda il primo punto, l’Aie suggerisce di interrompere immediatamente l’esplorazione e l’estrazione di nuovi giacimenti di combustibili fossili. Niente più gas e petrolio. Niente più miniere di carbone: non scavarne di nuove e abbandonare del tutto le vecchie. Già solo questo punto dovrebbe rendere chiaro di quale cambiamento epocale si sta parlando, considerando che l’industria del gas e del petrolio produce un Pil pro capite mondiale di 1800 dollari (pro-capite: per ogni individuo). Ebbene, per l’Aie questo deve abbattersi del 75% entro il 2030, fino a 450 dollari pro capite. Si parla della distruzione di un intero settore industriale. Ma cosa dovrebbe sostituirlo in tempi così rapidi?
Incredibilmente, il rapporto non prende neppure in considerazione l’energia nucleare (l’unica fonte a zero emissione che produce energia in modo stabile e in quantità nettamente superiori rispetto alle centrali termiche) e punta tutto sulle rinnovabili. Oggi queste ultime forniscono il 29% di energia, l’obiettivo è che arrivino a produrne il 90% entro il 2050. Per raggiungere questa meta, devono essere installati campi eolici e solari ad un ritmo 4 volte superiore rispetto a quello del 2020. Praticamente si dovrebbe installare un campo eolico al giorno, per nove anni di fila.
Per riuscire a completare la transizione di tutti i mezzi di trasporto, dalla benzina all’elettrico, devono essere effettuati massicci investimenti nelle stazioni di ricarica delle batterie, da 1 milione attuale a 40 milioni entro il 2030. In appena 9 anni, dunque, l’obiettivo è di costituire 39 milioni di punti di ricarica al costo stimato di 90 miliardi di dollari in un decennio.
Una sfida considerata ancor più difficile è la trasformazione delle abitazioni, per renderle energeticamente efficienti. Sicuramente i nuovi criteri di risparmio energetico influenzeranno tutti i nuovi progetti, pubblici e privati. Ma il problema sarà adeguare anche tutti gli edifici già esistenti. Il tutto richiederà massicci investimenti pubblici. Quanti governi, specialmente dopo questa crisi, potranno permetterseli?
Fatih Birol, economista turco, attuale direttore esecutivo dell’Aie, ritiene che: «La via suggerita dall’Aie per un futuro migliore porterà ad un aumento storico di investimenti nell’energia pulita che creerà milioni di nuovi posti di lavoro e genererà nuova crescita economica. Instradare il mondo in questa direzione richiederà una politica forte e credibile da parte dei governi, integrata da una cooperazione internazionale molto più stretta». Ma quanti colletti blu e bianchi che adesso lavorano in settori quali il carbone, il gas e il petrolio saranno in grado di riciclarsi nella nuova industria? Quanti dovranno essere di nuovo instradati a spese del contribuente, o mandati in pensione, o mantenuti con sussidi pubblici? Sono incognite gravi, soprattutto alla luce della crisi economica causata dal Covid nell’ultimo anno.
Infine, c’è un costo invisibile che non potrà neppure essere monetizzato: quanta democrazia si perderà, con un progetto del genere? Birol ha parlato chiaro: “politica forte e credibile da parte dei governi”: chi non è d’accordo, che fine farà? “cooperazione internazionale molto più stretta”: e quei governi che si opporranno a tali progetti? Se tutto è basato su soldi pubblici e programmi governativi, non solo non è più ammissibile una competizione interna fra idee differenti di sviluppo economico, ma neppure una vera competizione internazionale. Un singolo Paese, specie se grande produttore di energia, che dovesse disobbedire a un programma così ambizioso e rapido, potrebbe rovinare tutto. Cina, India e Russia non sono controllabili con queste logiche. Puntano ancora al loro grande sviluppo industriale. Possono dire anche “sì” nelle conferenze internazionali sul clima, ma continuare a costruire centrali termiche, come sta già facendo la Cina. Mentre per il mondo delle democrazie europee e nord-americane è un altro paio di maniche. Tutta la politica economica internazionale occidentale, ormai, gira attorno a questi progetti. Un nuovo Trump, che si opponeva al Green New Deal, probabilmente non sarebbe neppure più candidabile nei prossimi anni. Un Bolsonaro non avrebbe vita lunga. E già si vede a quale pressione sono stati sottoposti entrambi.