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CHIESA

Il Papa realizza la teologia della liberazione

L'impegno per i poveri, i sofferenti e gli oppressi a partire dalla fede in Cristo e secondo l'esempio che ne ha dato Gesù: così papa Francesco valorizza il positivo di una corrente teologica che ha provocato gravi errori e danni.

Ecclesia 01_04_2013
Chiesa e poveri

Nel mezzo secolo dopo il  Concilio Vaticano II la “Teologia della Liberazione” è stata una delle novità più discusse e contestate nelle Chiese latino-americane e anche in Europa, suscitando appassionate adesioni e radicali condanne. Eppure, in fondo, mirava a nient’altro che quanto Papa Francesco ha sintetizzato in una delle sue espressioni icastiche: “Voglio una Chiesa povera per  i poveri”, che, giorno dopo giorno, cerca di far vedere con i suoi gesti e i suoi discorsi e omelie, senza preoccuparsi di teorizzare e spiegare tutto. Come mai allora la Teologia della Liberazione suscitava, e suscita ancor oggi, tanti contrasti, tanti allontanamenti dalla Chiesa e tante chiusure? Una delle ultime è il decreto della Santa Sede che nel giugno 2012 ha proibito alla Pontificia Università cattolica di Lima di fregiarsi dei titoli di pontificia e cattolica. L’ateneo ha “sistematicamente disubbidito alle indicazioni della S. Sede… ed era diventato un lupo travestito da pecora nella Chiesa locale, come centro di diffusione delle peggiori dottrine rivoluzionarie”.

La TL ha avuto dei precedenti: la nascita del Celam (Consiglio episcopale latino-americano) a Rio de Janeiro nel 1955, la “Gaudium et Spes”  del Vaticano II e la seconda Assemblea del Celam a Medellìn in Colombia nel 1968. Ma è nata con questo nome col volume del teologo peruviano don Gustavo Gutierrez “Teologìa de la Liberaciòn” pubblicato nel 1971, che denunziava il sottosviluppo dei popoli latino-americani, causato soprattutto dalla dipendenza e  dallo sfruttamento delle loro ricchezze da parte dei paesi ricchi; e dava una nuova visione della teologia, il cui oggetto non era più la dottrina, ma la riflessione critica della situazione di miseria in cui vivevano gran parte dei popoli latino-americane. E orientava la Chiesa verso una “pastorale di liberazione”, superando una prassi intimistica della formazione cristiana e aprendola alla coscientizzazione dei fedeli e all’azione per trasformare la società nel senso di una maggior giustizia sociale.

 Non è facile sintetizzare in poche righe una multiforme corrente di pensiero che ha avuto negli anni settanta e ottanta una vasta penetrazione nelle Chiese e nei popoli latino-americani, suscitando dibattiti e divisioni. I due documenti della Congregazione per la Fede: “Sulla Teologia della liberazione” (1984) e “Libertà cristiana e Liberazione” (1986) e le due Assemblee del Celam, Puebla (Messico 1979) e Santo Domingo (1992) hanno calmato le acque e portato ad un nuovo cammino, di cui il provvidenziale Papa Francesco è l’espressione attuale che rende tutti concordi ed entusiasti (speriamo che duri) della svolta che sta provocando nella Chiesa.

Per capire il valore attuale di Papa Francesco, dopo il Papa condottiero che ha proclamato il Vangelo a tutti i popoli e il Papa professore che ha espresso in modo chiaro, preciso, comprensibile a tutti i contenuti dell’unica ricchezza che abbiamo (Gesù Cristo), bisogna spiegare i due aspetti contrastanti della Teologia della Liberazione, uno negativo e uno positivo e si sentiva l’urgenza di una sintesi benefica per la Chiesa universale:

1) L’aspetto negativo è contenuto nel titolo del primo documento segnalato: “Gravi deviazioni ideologiche che tradiscono la causa dei poveri”. La TL aveva adottato l’analisi marxista della realtà sociale e l’Istruzione del card. Ratzinger spiega che, per quante acrobazie facciano alcuni patetici filosofi e teologi, il nocciolo del pensiero marxista è irriducibilmente ateo e perciò si oppone radicalmente al messaggio di Gesù Cristo.Troppo lungo spiegare perché, ma è stato dimostrato da non pochi credenti e comunità cristiane che hanno abbandonato Cristo e la sua Chiesa. Come anche i popoli “liberati” da regimi prodotti da quella ideologia hanno tutti fallito e i popoli, appena possono, se ne liberano.

2) L’aspetto positivo è che l’opzione preferenziale per i poveri da parte della Chiesa, come la libertà e la liberazione dei popoli sono e debbono sempre più diventare prassi cristiana, che fa parte integrante della vita secondo il Vangelo; l’Istruzione esorta i credenti a impegnarsi per i poveri, i sofferenti, gli ultimi, gli oppressi, proprio a partire dalla fede in Cristo e secondo l’esempio che ne ha dato Gesù. Il compito della Chiesa nel mondo contemporaneo, in questa Istruzione, è ampiamente positivo e coraggioso, lontano da ogni anatema. Indica un cammino che Papa Francesco sta indicando gradualmente col suo esempio. Per concludere, la Teologia della Liberazione, con tutti i suoi gravi errori e danni provocati, in un quadro storico del cammino ecclesiale finisce per essere fortemente positiva. Oggi ci resta solo di seguire, pregare e obbedire alle indicazioni che lo Spirito Santo dà alla Chiesa attraverso l’opera e la parola di Papa Francesco. Con lui il continente latino-americano, “speranza della Chiesa” (così Pio XII nel 1955), viene alla ribalta per insegnare qualcosa a noi, cristiani da duemila anni, ma in forte crisi di fede e di vita cristiana.