Il Papa e l'ambiguità dell'etica economica
Nella lunga intervista di papa Francesco al Sole 24 Ore su temi economici e sociali, vengono ripresi tanti concetti già approfonditi dai suoi predecessori, ma resta indefinito il tema di ciò che si intende per etica, un termine sulla cui ambiguità già aveva messo in guardia Benedetto XVI.
Ieri Il Sole 24 Ore ha pubblicato un’ampia intervista a Papa Francesco su temi di Dottrina sociale della Chiesa come il lavoro, l’impresa, l’economia e la finanza, gli immigrati, l’Europa. Alle domande del direttore Guido Gentili, papa Francesco ha risposto con le espressioni a lui care come per esempio testimoniare la speranza, allargare gli orizzonti, società dello scarto, etica amica dell’uomo, economia che uccide e così via.
Sono espressioni molto efficaci, che giustamente intercettano una diffusa voglia di cambiamento, come il continuo uso dell’aggettivo “nuovo”: “serve un nuovo umanesimo”: Bisogna riconoscere però che possono prestarsi a vari contenuti. Per esempio, è uno “scartato” non solo il disoccupato ma anche l’imprenditore oppresso dal fisco che deve chiudere; è “scartato” l’immigrato ma anche l’italiano che rimane senza casa mentre il suo Comune ha assegnato l’alloggio agli immigrati; i popoli poveri sono “scartati” per colpa di quelli ricchi ma anche e soprattutto per le debolezze interne alla loro cultura. Il Papa getta sempre il cuore oltre l’ostacolo, però se la speranza non si nutre anche di verità diventa illusione.
Nell’intervista papa Francesco riprende numerosi concetti elaborati dai suoi predecessori, non solo di Paolo VI, che egli espressamente cita, ma anche di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. L’analisi del profitto e dell’imprenditore l’aveva condotta molto bene la Centesimus annus di Giovanni Paolo II di cui troviamo in questa intervista qualche spunto. L’idea che la professionalità sia prima di tutto umana e solo poi tecnica la ritroviamo sempre nella Centesimus annus, ove si dice che ogni uomo è imprenditore di se stesso. La necessità che la professionalità propria del non-profit si colleghi con quelle del privato e del pubblico è argomentata nella Caritas in veritate di Benedetto XVI. L’idea che il lavoro non sia mai solo individuale ma anche sociale è ben presente nella Laborem exercens e ancora nella Centesimus annus: il lavorare è sempre “un lavorare con gli altri e per gli altri”. L’idea che il mercato ha bisogno di valori che non è in grado di produrre da solo e che, se vengono a mancare, non è in grado di ripristinare, è pure molto presente in Giovanni Paolo II. L’intrinseca relazione tra etica ed economia fin dall’inizio e non solo in fase di ridistribuzione della ricchezza prodotta era detto con precisione nella Caritas in veritate. Che la risorsa principale per un’azienda sia l’uomo lo aveva detto Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, la quale enciclica aveva pure a lungo argomentato l’inopportunità dei sussidi di Stato che creano dipendenza e deresponsablizzano.
Tutti questi concetti, ed altri, sono ripresi da papa Francesco nella sua intervista con l’aggiunta, come si diceva sopra, della sua tipica fraseologia ad effetto e senza gli approfondimenti precedentemente condotti, trattandosi di una intervista, lunga sì ma comunque sempre una semplice intervista e non una nuova enciclica.
Le espressioni ad effetto, godibili all’orecchio, possono però contenere dei pericoli. Per esempio la competizione viene contrapposta all’aiuto reciproco: “evitare la competizione per abbracciare l’aiuto reciproco”. Ma la Dottrina sociale della Chiesa non ha mai condannato la competizione di mercato, pur chiedendo una sua regolamentazione giuridica ed etica. Altro esempio: “I poveri che si muovono fanno paura specialmente ai popoli che vivono nel benessere”: ma i popoli che si muovono, si muovono per mille motivi, e non sono solo i poveri del pianeta nei confronti dei ricchi - dato che in genere arrivano qui i benestanti relativamente al livello di vita dei loro Paesi - né gli abitanti dei “Paesi ricchi” sono tutti ricchi, anzi.
L’intervista di Papa Francesco è apprezzabilmente ricca di osservazioni etiche, dimentica però completamente le questioni bio-etiche, prima fra tutte quella della vita, che invece la Caritas in veritate considerava fondamentale per lo sviluppo dei popoli. Sono queste oggi le questioni che frenano lo sviluppo, anche economico, dei Paesi, siano essi ricchi o poveri. Se lo Stato finanzia gli aborti, la rettifica chirurgica dell’identità sessuale, la fecondazione artificiale, gli interventi per tamponare il degrado della famiglia … non può finanziare la casa per le giovani coppie o sgravare di tasse le imprese e, così facendo, contribuisce a demolire il “capitale sociale” e la tenuta complessiva del sistema morale, ambedue di fondamentale importanza in economia. Nell’intervista manca ogni riferimento a questa importante connessione.
E’ una intervista ricca di osservazioni etiche, dicevo. Ma il punto è questo: Benedetto XVI aveva messo in guardia su questo punto: non tutto ciò che il mondo oggi chiama etico lo è veramente. I codici etici delle aziende spesso non lo sono, come pure molti bilanci etici nei quali si legge del risparmio di cellulosa per preservare i boschi ma non di aiuto alla maternità delle dipendenti. Invitare all’etica non basta se non ci precisa cosa si intende con tale termine e, soprattutto, se non si precisa che l’etica senza la religione cristiana perde di vista se stessa e si presta ad infinite manipolazioni ideologiche. Purtroppo nell’intervista di papa Francesco non si parla mai di cristianesimo, ma solo di etica.