Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Venerdì della Bussola

Il Papa che verrà, tra nodi da sciogliere e doveri

Tanti cardinali bergogliani, ma l’esito del conclave non è scontato. Papabili “progressisti” e “conservatori”. Il caso Becciu e il tratto autoritario di Francesco. Nodi morali e liturgici da risolvere. Dall’intervista di Stefano Chiappalone a Nico Spuntoni e Luisella Scrosati.

Ecclesia 03_05_2025

Chi potrebbe essere e quali caratteristiche dovrà auspicabilmente avere il prossimo Papa? Quali i principali nodi che dovrà sciogliere all’interno della Chiesa? Di questo e altro si è parlato nella diretta di ieri dei Venerdì della Bussola, condotta da Stefano Chiappalone, che ha avuto come ospiti due note firme del nostro quotidiano: Nico Spuntoni e Luisella Scrosati.

Quello che inizierà mercoledì 7 maggio si appresta ad essere il conclave più partecipato della storia, con ufficialmente 135 cardinali elettori, che in pratica sono già ridotti a 133 perché i cardinali Cañizares e Njue hanno annunciato la loro defezione per motivi di salute. Il collegio cardinalizio attuale reca la forte impronta di papa Francesco (108 dei 135 cardinali elettori sono stati creati da lui), ma «non tutti i cardinali creati da Francesco sono bergogliani», nota Spuntoni, richiamando il caso emblematico del cardinale Müller e anche le fresche critiche di un ex bergogliano doc, non elettore: il cardinale Stella. L’esito del conclave non è quindi scontato, anche se la decisa componente bergogliana rimane. «Specialmente nei cardinali delle periferie, c’è un grande rispetto, quasi una venerazione, per la figura di Francesco. E la prova ce l’abbiamo avuta con il caso Becciu».

Il vaticanista ha ricostruito gli aspetti più controversi legati alla non partecipazione di Becciu al conclave (vedi anche qui per approfondire) e alle speculazioni sui due documenti – uno del settembre 2023 (mesi prima, peraltro, della condanna da parte del Tribunale vaticano) e l’altro durante l’ultimo ricovero di Francesco al Policlinico Gemelli – che avrebbero infine indotto il cardinale sardo a fare un passo indietro, per il bene della Chiesa. Documenti problematici, tant’è che nemmeno sono nominati dalla nota della Congregazione dei cardinali sulla rinuncia di Becciu, come se ci sia la consapevolezza che «quei documenti rappresentano più un problema che la soluzione»; «non si capisce perché se c’era il documento del 2023, si fa firmare al Papa un altro documento al Gemelli», osserva Spuntoni facendo anche presente una fresca indiscrezione da lui ricevuta, secondo cui questo presunto motu proprio del 2025 avrebbe la firma di Francesco per esteso e non la sua semplice iniziale. Ad ogni modo mancano gli elementi per una decisione così grave come l’esclusione dal conclave.

Secondo la Scrosati, il modo in cui si è “risolto” il caso Becciu è un precedente pericoloso. Ed è un po’ la conseguenza del «rapporto conflittuale che Francesco ha avuto con la giustizia, perché se è vero che un papa può agire contra legem il punto più problematico è pensare che possa agire contra iustitiam». Di certo, a rappresentare un problema è l’idea di due documenti su cui manca l’ufficialità, lasciati solo nelle mani di qualcuno, e capaci di «intervenire così pesantemente sui diritti e doveri di un cardinale». Perciò, il nuovo Papa dovrà recuperare il principio che la sua potestà suprema non può mai andare contro la giustizia.

Riguardo ai papabili, Spuntoni ha ricordato i nomi principali che si fanno sul fronte progressista, come i cardinali Aveline, Tolentino de Mendonça e Parolin, quest’ultimo segretario di Stato sotto Francesco e in tale veste «protagonista di una delle pagine più importanti e anche più controverse di questo pontificato, come l’accordo sulle nomine dei vescovi» con il regime comunista cinese. Tra i profili di papabili che invece potrebbero rappresentare una discontinuità rispetto a Francesco c’è innanzitutto quello del cardinale Erdo, «che viene indicato come l’uomo giusto, anche per le sue conoscenze giuridiche». Si parla pure del cardinale Pizzaballa, «nome che piace molto ai rappresentanti delle chiese orientali e su cui potrebbero convergere anche i conservatori». Ancora, sono venuti fuori i nomi dei cardinali Arborelius e Bustillo, quest’ultimo per certi versi sfavorito dalla relativamente giovane età (57 anni).

Ma al di là delle previsioni sul nome che uscirà dall’imminente conclave, è importante ricordare che il prossimo Papa sarà chiamato innanzitutto a cercare una riconciliazione nella verità, dentro la stessa Chiesa. Al riguardo, la Scrosati ha ricordato che il mandato che Gesù dà a Pietro è innanzitutto quello di confermare i fratelli (Lc 22, 32) nella fede. Un aspetto primario che sotto Francesco è mancato. Bergoglio si è attirato critiche per «uno stile di governo molto autoritario» espresso lungo i suoi 12 anni di pontificato. Se ciò è vero, d’altra parte – nota la collaboratrice della Bussola, che in questi giorni ha firmato diversi articoli di approfondimento quali “appunti per i cardinali” – «il grande rischio è quello di orientarsi su un candidato che abbia un profilo comportamentale diverso, molto più aperto, interlocutorio, dialogante» rispetto a Francesco, ma che non abbia chiaro il mandato di cui sopra, di trasmettere e insegnare la verità, necessaria all’uomo per salvarsi.

A proposito dell’eredità di Francesco e in particolare al suo insegnamento in campo morale, «è chiaro che ci troviamo di fronte a una rottura», osserva la Scrosati, rispetto al magistero costante della Chiesa. Certe ambiguità di Amoris laetitia, in primis quella sui divorziati risposati, hanno creato una frattura evidente: «Abbiamo diocesi più permissive e altre meno. All’interno della stessa diocesi, abbiamo sacerdoti che magari hanno una linea e sacerdoti che ne hanno un’altra». Altra eredità di rottura è quella di Fiducia supplicans, che ha aperto alle “benedizioni” alle coppie gay, in contrasto con tutto ciò che la Chiesa ha sempre insegnato rispetto allo stesso senso della benedizione: un documento che perciò va rigettato dal prossimo Papa.

Ulteriore nodo è il grave colpo inflitto alla Chiesa con la pubblicazione di Traditionis custodes (2021), che ha sconfessato l’apertura al Rito antico fatta da Benedetto XVI con il Summorum pontificum (2007). «Chiunque, che frequenti o no il Rito antico, non può non vedere come in una Chiesa che si è autoproclamata “sinodale”, “aperta a tutti”, ci sia stato un gruppo ben preciso che è stato perseguitato in modalità da governo cinese», afferma la Scrosati, secondo cui l’aspetto più grave di TC è quello di sconfessare, prima di tutto, la realtà. «Nel momento in cui Traditionis custodes dice che l’unica forma del Rito romano è quella uscita dalla riforma liturgica voluta da Paolo VI si sta negando la realtà, perché il Rito romano antico, oltre ad avere la conferma e l’attestazione di secoli, è un rito della Chiesa, perché abbiamo degli istituti che per diritto proprio hanno questo rito. La Santa Sede ha permesso loro di averlo. Quindi non si può dire che l’unica forma del Rito romano sia quella della riforma». Coloro che hanno promosso TC, tra cui spicca il cardinale Pietro Parolin, «sono persone estremamente pericolose perché – aggiunge la Scrosati – mostrano la classica cecità ideologica di chi nega il reale». Un pericolo, questo, che va anche oltre la già di per sé importante questione liturgica, potendo contaminare ogni ambito della vita della Chiesa.

Parlando di conclave, è sempre verde il tema del ruolo dello Spirito Santo. Un ruolo spesso frainteso, nel senso di un annullamento della libertà dell’uomo. Piuttosto, anche al conclave, «lo Spirito Santo ispira, ma come in tutte le ispirazioni ci vuole una volontà di ascolto», nota giustamente la Scrosati, ricordando che allo stesso tempo agiscono «anche le forze che vogliono distruggere la Chiesa». Perciò bisogna pregare perché falliscano i piani del demonio e si affermino quelli di Dio.