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Il Papa ai diplomatici: escalation nucleare e derive ideologiche

Ucraina, "terza guerra mondiale a pezzi", "paura della vita" e persecuzioni anticristiane, sono tra i punti toccati dal Santo Padre nel dicorso al Corpo diplomatico. Un cenno generico al "Caucaso meridionale" e un auspicio per la Cina, all'indomani dell'incontro con il card. Zen.

Ecclesia 10_01_2023

Non c'è pace nel mondo senza difesa della vita sin dal grembo materno. Sono importanti le parole pronunciate ieri da Francesco nell'udienza concessa al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per la presentazione degli auguri per il nuovo anno. Il Papa, infatti, si è scagliato contro quello che ha definito il «presunto diritto all’aborto» ricordando che «nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa».

Un richiamo ai governanti a difendere la vita dal concepimento alla morte naturale con la richiesta che «venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani». Agli occhi del Papa, dunque, non c'è alcuna giustificazione per le leggi nazionali che aprono ad aborto, suicidio assistito ed eutanasia. 

Il discorso agli ambasciatori accreditati è un evento importante nell'agenda annuale del Papa dal momento che traccia la linea programmatica dell'attività diplomatica della Santa Sede. La guerra in Ucraina, scoppiata lo scorso febbraio, non poteva non occupare uno spazio centrale in questa udienza a maggior ragione nell'anno in cui ricorre il 60° anniversario dell'enciclica Pacem in Terris. Non a caso, Bergoglio ha aperto le danze citando l'enciclica di Giovanni XXIII e sottolineando come il suo predecessore la scrisse nel momento in cui «l'umanità era a un passo dal proprio annientamento, se non si fosse riusciti a far prevalere il dialogo, consapevoli degli effetti distruttivi delle armi atomiche». La crisi di Cuba dell'ottobre 1962 per la presenza nei Caraibi di missili nucleari sovietici spinse Roncalli a scrivere quel documento che oggi Francesco, al cospetto del ritorno della minaccia nucleare sul piano globale, ha voluto citare. «Non posso che ribadire in questa sede che il possesso di armi atomiche è immorale», ha detto il Papa aggiungendo che «sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti».

L'incubo di un'escalation nucleare preoccupa non solo per ciò che riguarda la guerra in Ucraina ma anche per lo stallo nei negoziati internazionali sul programma nucleare iraniano. E a proposito di Iran, di fronte alla repressione delle proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini, Francesco ha tuonato contro la pena di morte facendo proprio l'esempio delle esecuzioni di manifestanti nella repubblica islamica. «La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta», ha detto Bergoglio rivolgendo un appello per la sua abolizione delle legislazioni in cui è ancora presente. 

Molti i conflitti e le tensioni geopolitiche in corso menzionati nel discorso: dalla Terra Santa allo Yemen, dall'Africa occidentale all'Etiopia, dalla Corea al Myanmar. Non c'è stato, invece, un esplicito riferimento alla crisi umanitaria in atto nel Nagorno-Karabakh e dove la minoranza di armeni cristiani lamenta di essere stata isolata con la chiusura prolungata del corridoio di Lachin da parte di fantomatici ecologisti azeri.  

Il Papa ha parlato genericamente della «situazione nel Caucaso meridionale» lanciando un invito alle parti a «rispettare il cessate il fuoco» e «ribadendo che la liberazione dei prigionieri militari e civili sarebbe un passo importante verso un desiderato accordo di pace». Ripetendo un leitmotiv, Francesco ha detto che è in corso una «terza guerra mondiale a pezzi» prendendosela, inoltre, con il «continuo ricorso alla produzione di nuovi e sempre più sofisticati armamenti» indicando, al contrario, «la via di un disarmo integrale». 

La situazione attuale denota agli occhi del Papa la prova del peggioramento di una crisi già esistente nel sistema multilaterale che ha bisogno a suo dire di un «ripensamento profondo» evitando di «costruire blocchi di alleanze». Francesco se l'è presa con l'attuale panorama delle organizzazioni internazionali che sembrano preoccuparsi soltanto di realizzare «tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente».

«C’è il rischio di una deriva – ha denunciato il Papa – che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di "progresso", le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza». Questo modo di operare sfocia poi in quelle che Bergoglio ha chiamato, come di consueto, «forme di colonizzazione ideologica» ai danni dei Paesi più poveri accusate di creare «un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie». Ideologie spesso in contrasto con la dignità umana e la difesa della vita. 

Francesco ha parlato di una vera e propria «paura della vita» che ha come effetto il calo delle nascita. L'Italia è il Paese presentato come esempio di quest'atteggiamento: qui, infatti, si registra un «pericoloso calo della natalità» in grado di produrre «un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società». «Al caro popolo italiano – ha detto Francesco – desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali».

L'altra grande preoccupazione espressa dal Papa al corpo diplomatico è quella relativa alla libertà religiosa sotto attacco. «È preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede e sono molti i Paesi in cui la libertà religiosa è limitata», ha affermato Bergoglio. «Non posso non menzionare – ha continuato – come alcune statistiche dimostrano, che un cristiano ogni sette viene perseguitato». Ma questa tendenza è sempre più diffusa anche in luoghi un tempo impensabile. Francesco, infatti, ha sottolineato che «è bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza». 

E a proposito di Paesi dove la vita dei cristiani è più difficile, c'è stato spazio anche per la Cina nel discorso. Il Papa, infatti, ne ha parlato per un cenno sulla proroga dell'accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi avvenuto – nonostante le numerose critiche all'interno e fuori la Chiesa cattolica – lo scorso ottobre. «Auspico che tale rapporto collaborativo possa svilupparsi a favore della vita della Chiesa cattolica e del bene del popolo cinese», si è limitato ad affermare Francesco. 

In attesa di capire quali risultati produrrà la proroga, pochi giorni fa il Papa ha ricevuto a Santa Marte il più grande avversario dell'accordo: il cardinale Joseph Zen Ze-kiun arrivato a Roma per concelebrare i funerali di Benedetto XVI. Il porporato salesiano ha raccontato alla rivista America il contenuto dell'udienza definita «meravigliosa» ed ha rivelato di aver ringraziato il Papa per la nomina di un «buon vescovo» ad Hong Kong, il gesuita Stephen Chow Sau-yan.